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L’Europa è il futuro. Anche per i riformisti

Alberto Colombelli lunedì 28 Settembre 2020
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di Alberto Colombelli

 

L’Europa è il futuro, da lì le risposte per i riformisti. L’innovazione di Renew Europe

“L’Europa è il futuro.” Così ha scritto Andrew Moravcsik nell’ultimo numero di Foreign Policy, autorevole rivista americana di relazioni internazionali. Affermazione forte e rilevante in un contesto internazionale in cui si riscontrano sempre più diffuse ed evidenti minacce a cui multilateralismo, democrazie liberali e stato di diritto sono soggetti per effetto di sempre più diffuse e dichiarate ambizioni di affermare proprie egemonie globali o regionali da parte di paesi illiberali o oggi con governi dichiaratamente ripiegati su una posizione di esclusiva affermazione dei propri interessi nazionali.

In questo scenario proprio l’Unione europea uscita dalle elezioni europee del 26 maggio 2019, respingendo un attacco sovranista e populista senza precedenti, rappresenta ora la più grande innovazione politica capace di riaprire scenari di speranza verso un mondo in cui la difesa di democrazia liberale e stato di diritto possano permetterci di continuare a tenere accesa, insieme, la speranza nel nostro futuro.

Questo perlomeno agli occhi del mondo. Da parte nostra la responsabilità di prenderne finalmente piena definitiva consapevolezza, agendo da figli ricostruttori dei Padri fondatori dell’Unione europea.

Per fare questo serve innanzitutto recuperare e fissare nella nostra mente quelli che sono stati i veri passaggi chiave che hanno permesso di fermare in Europa l’assalto sovranista.

Innanzitutto facendolo con assoluta attenzione ad uscire dai normali orizzonti in cui abitualmente viene confinato il confronto in Italia, allargandoli ad un contesto necessariamente europeo.

Perché quanto accaduto non è avvenuto, come siamo abituati a sentirci dire in Italia, principalmente per effetto di posizionamenti tattici e accordi di governo nazionale volti a scongiurare una paura ma – fortunatamente – si sono invece prodotti ancora grazie alla pianificazione nel cuore dell’Europa di una specifica strategia politica fondata su coraggio, visione, passione e tanta perseveranza finalizzata non a fermare pericolose destre sovraniste (“politica contro”) ma ad affermare un progetto politico europeista e riformista (“politica per”).

Questo con riferimento a quello che è stata la vera sfida decisiva che ha cambiato le sorti dell’Europa, che deve essere sempre e ancora identificata nelle elezioni presidenziali francesi del 2017, quando Emmanuel Macron con una innovativa proposta fortemente europeista riuscì come ultimo definitivo e isolato baluardo a prevalere sulle forze nazionaliste estreme che sembrava dovessero cambiare non solo il destino di una nazione ma dell’intera Unione europea.

Lo ricorda molto bene nel suo ultimo lavoro William Drozdiak del Brookings Institution’s Center on the United States and Europe arrivando fino ad affermare “Quanti altri leader occidentali possono oggi rivendicare coraggio e visione intellettuale? Solo Emmanuel Macron, come descritto nel mio libroThe Last President of Europe’ (Public Affairs Books, Aprile 2020)”.

L’intuizione all’origine fu che non era possibile cambiare il proprio Paese senza cambiare l’Europa, che era impossibile cambiare la politica nazionale senza cambiare la politica europea.

Questo proprio perché, in un mondo multipolare con sempre più forze con ambizione di affermazione di una loro egemonia globale o regionale, l’Europa non poteva che essere la nostra necessaria soluzione e non il problema dei singoli paesi europei.

Per muovere in quella direzione era necessaria una proposta forte di grande discontinuità, capace di rompere inerzia e difesa della status quo che avevano prodotto quella debolezza dentro l’Unione europea che aveva favorito l’ulteriore svilupparsi di iniziative votate al suo ridimensionamento se non annientamento.

La consistenza della proposta è stata dimostrata dai passi successivi prodottisi all’elezione presidenziale francese di Emmanuel Macron, che hanno trovato un momento di definizione strategica della sua visione a livello europeo prima nel suo famoso storico discorso sull’Europa alla Sorbonne del 26 settembre 2017 e poi nella realizzazione del progetto Renaissance, a cui avevo immediatamente aderito, da lui proposto nella sua lettera del 4 marzo 2019 proprio alla vigilia delle elezioni del Parlamento europeo dello scorso anno.

Quella sua Lettera ai cittadini europei” fu da subito ripresa ufficialmente anche dalla Presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen sin dal suo discorso di investitura e nella definizione delle sue linee programmatiche, venendo così pienamente colta ai massimi livelli istituzionali come una grande opportunità del nostro tempo perché capace con grande efficacia di porre la fondamentale questione della rifondazione dellUnione europea al centro della nuova legislatura europea.

Un obiettivo comune reso possibile dal filo conduttore che legava il successo alle elezioni presidenziali francesi prima alla grande adesione che la lettera come manifesto di un rinascimento europeo ottenne in tanti Paesi dell’Unione e poi anche alla sua concreta realizzazione politica attraverso l’affermazione ottenuta alle elezioni europee dall’omonima lista transnazionale che venne appositamente creata in Francia.

Quest’ultima permise il raggiungimento di una nuova maggioranza all’interno del Parlamento europeo che allargava il precedente duopolio costituito tradizionalmente da popolari e socialisti-democratici anche ai liberal-democratici e ai verdi.

La visione e il dinamismo alla base del progetto ha portato poi ancora oltre, fino alla costituzione nell’ambito del Parlamento europeo di un nuovo Gruppo capace di andare oltre la dimensione dei liberal-democratici tradizionali.

L’ingresso della delegazione Renaissance al Parlamento europeo ha permesso infatti la costituzione di Renew Europe in cui si è aggregato sulla base di un progetto politico nuovo, molto innovativo, e attraverso il quale è stata presentata una nuova proposta capace di superare gli schemi classici di suddivisione politica tradizionale perché non più corrispondenti alla realtà politica europea. Vi sono confluiti forze e personalità che venivano da esperienze diverse, riprendendo tutto il lavoro e la realtà dei liberal-democratici tradizionali, l’ALDE (a cui Più Europa in Italia aderisce) a cui si sono aggiunti dei progressisti, altri aderenti che attraverso En Marche! vengono dalla sinistra riformista e social-democratica, socialisti francesi e di altri paesi, e poi anche degli ecologisti, dei conservatori europeisti, delle nuove alleanze come la rumena Plus fatta di partiti di centrosinistra, Italia Viva e quel Partito Democratico Europeo nato su iniziativa di Romano Prodi ad inizio anni Duemila che aggrega forze centriste di vari paesi tra cui il principale è il Mouvement Democrat francese di François Bayrou.

Aggregando queste forze sulla base di un progetto politico di riforma europea molto avanzato, si è così creato il Gruppo più europeista dell’intero Parlamento europeo, quello che ha al suo interno il più alto numero di federalisti europei che puntano con determinazione agli Stati Uniti d’Europa.

Renew Europe si è allargato fino a diventare il terzo gruppo del Parlamento europeo, dietro ai popolari e ai socialdemocratici, ma soprattutto è divenuto il primo Gruppo per l’iniziativa politica e la dinamica, capace di permettere a socialisti-democratici e popolari di arrivare attraverso la nuova coalizione di maggioranza così creatasi fin dove da soli prima non erano mai riusciti.

Da lì si è potuta salvare lUnione europea dallattacco sovranista e si è arrivati tra gli altri fino al Recovery Plan e al Green New Deal, il nuovo piano per il futuro industriale ed ecologico dell’Europa, oltre alla riforma del digitale passando per la Conferenza sul futuro dellEuropa, la creazione di nuove liste e movimenti transnazionali e le nuove proposte per la tutela dello Stato di Diritto.

Renew Europe nel Parlamento europeo viene collocato al centro ma è a trazione Renaissance, la lista transnazionale di En Marche! che sappiamo benissimo essere sinistra liberale.

Queste le parole di Sandro Gozi, Europarlamentale eletto proprio nella Delegazione di Renaissance e massima espressione e pioniere di quella politica transnazionale da lui sempre promossa e perseguita che costituisce quanto di più necessario per la costruzione di un’Europa più politica e più democratica:

“Renew Europe è una forza centrale, democratica e liberale, moderna e europeista, che crede nella forza e nel valore delle istituzioni, nella serietà della politica e dello studio contro lincompetenza e i selfie, per non morire nazionalisti o sopravvivere populisti. Centrale nelle idee e nellinnovazione politica, non nella collocazione geometrica. Ed ecologista, ma in modo solido e pragmatico.”

Aggiungendo che:

Gli ultimi due referendum costituzionali celebrati in Italia, con le dovute differenze storiche e politiche, hanno segnato, più di ogni altra chiamata alle urne che si è tenuta nel lasso di tempo intercorso tra le due votazioni, la fine del bipolarismo così come lo abbiamo conosciuto tra la fine del secolo scorso e linizio di questo. (…) Rinnovamento italiano e rinnovamento europeo devono procedere insieme, e noi possiamo e dobbiamo esserne protagonisti, in Italia e in Europa. (…) Recuperando le grandi tradizioni politiche del nostro Paese: liberali, socialdemocratiche e cristiano democratiche. Restituendo legittimità alla politica. E partendo dalle vere necessità e dalle urgenze che abbiamo in Italia: restituire credibilità alle istituzioni democratiche, (…). Sono convinto che quellelettorato capace di resistere ancora una volta alla facile propaganda populista, votando No, ci chieda soprattutto questo. Possiamo fare quello che stiamo realizzando in Europa anche in Italia.” (Sandro Gozi, Huffington Post, 26 settembre 2020)

Pone quindi l’attenzione su come la virtuosa esperienza europea che sta portando finalmente a risultati inimmaginabili fino a pochi mesi fa, peraltro con il nostro Paese tra i principali beneficiari, debba essere necessariamente assunta come assoluto modello di riferimento per costruire finalmente anche a livello dei singoli Paesi e del nostro in particolare quella visione all’altezza della missione che si intende perseguire.

Già lo dicevo nel mio ultimo articolo per Libertà Eguale:

“In Unione europea la differenza già la sta facendo proprio lalleanza tra socialdemocratici e popolari con la sinistra liberale. Così mentre in Italia i riformisti si sono fatti schiacciare in un angolo da forze demagogiche e populiste, lEuropa dimostra che lo spazio c’è, basta alzare lo sguardo e non perdersi in tatticismi esasperati che amplificano le debolezze ed esasperano il clima. Da qui si può e si deve ripartire nel definire vere scelte strategiche, orientandosi di riflesso allo stesso modo anche in Italia, dando quei segnali di indirizzo che aprirebbero se non immediatamente almeno in prospettiva scenari che potrebbero rilanciare ambizioni riformiste quanto mai opportune. I riformisti hanno la responsabilità di dimostrare soprattutto a sé stessi che ancora si può, insieme, tenere accesa la speranza nel nostro futuro. Riuscendo a definire una visione allaltezza della missione che si intende perseguire, senza che nessuno si lasci più sopraffare e dominare dalla paura, ma agendo – come sempre necessario – con coraggio, passione, visione e tanta perseveranza.” (Alberto Colombelli, Libertà Eguale, 8 settembre 2020)

Questo il punto. Il sentiero è sempre più stretto, la responsabilità cresce, anche nelle proprie scelte. Usciti dal loop del referendum sul taglio dei parlamentari e delle elezioni regionali, di fronte ad una legislatura che sembra avviata verso la sua ancora lontana naturale scadenza, si deve ora dimostrare di essere in grado di alzare l’orizzonte andando oltre la stretta contingenza.

Ho cercato in quella fase appena conclusa di essere con massimo spirito costruttivo quanto più trasparente di fronte a scenari in cui intravvedevano posizionamenti tattici per esasperate esigenze di contingenza che non mi convincevano.

A maggior ragione voglio esserlo ora.

Riflessione personale, le dinamiche che ho visto prodursi in area democratica riformista nel corso di questa ultima campagna referendaria hanno messo brutalmente in discussione una certa idea di riformismo che finora pressoché incondizionatamente gli attribuivo. Perché quel Sì e quel No hanno costituito una netta linea di demarcazione tra due visioni profondamente diverse, uscite con questa occasione definitivamente allo scoperto da cui non si può più prescindere nel considerare come costruire il nostro futuro. E quella del Sì non era certamente quella originaria che mi seppe ispirare da nativo democratico. Per me troppi Sì di un certo tipo, di persone su cui contavo con cui ho condiviso tanta strada e da cui ho anche ricevuto ispirazione, hanno messo in discussione dal mio punto di vista la piena fiducia che lì ci possa essere ancora la capacità anche futura di aprire da soli una nuova stagione veramente riformista, per lo meno quella che si fonda sulla definizione preventiva di un organico progetto da attuare e non solo quella che si limita a correggere con singoli interventi a posteriori possibili non graditi effetti di iniziative di altri che muovono in tutt’altra direzione.

E questo proprio nel momento in cui lUnione europea con il Recovery Plan offre unopportunità senza precedenti per riformare, con lItalia primo beneficiario delle risorse europee destinate a questo piano di rilancio. Quindi proprio quando adesso come non mai servono assolutamente riformisti, liberi e veri. Obiettivo da perseguire cominciando necessariamente da subito a pensare di allargare il campo tra tutti i riformisti, progressisti e europeisti presenti. Come sin dal giorno successivo alle ultime elezioni politiche in Italia cerco di promuovere. Come in Europa già è stato possibile e si è realizzato in Renew Europe, come già abbiamo visto il nuovo Gruppo a trazione sinistra liberale creatosi grazie alla sua Delegazione transnazionale Renaissance, che con la sua presenza ha permesso a socialisti-democratici e popolari di arrivare fino a dove da soli non erano mai riusciti. Da lì si è potuto rilanciare lUnione europea proiettandola in una nuova dimensione e con una nuova prospettiva e si è arrivati fino al Recovery Plan senza tanti tatticismi. Se c’è un modello di riferimento non può che essere quello. Risulta necessariamente evidente considerando il contesto di interdipendenza in cui ci collochiamo, nel quale la dimensione di naturale riferimento non può che essere di livello europeo. Quanto lì è stato fatto deve essere necessariamente un modello anche per noi, proprio come Sandro Gozi propone e personalmente condivido.

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