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Mille proposte per la scuola. Ma serve un progetto organico

Giovanni Cominelli sabato 3 Settembre 2022
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di Giovanni Cominelli

In questa campagna elettorale le proposte di cambiamento della scuola abbondano: aumento degli stipendi degli insegnanti, carriere degli insegnanti e selezione in base al merito, tutti al Liceo, ma solo fino a 18 anni, Filosofia per tutti, obbligatorietà della scuola materna, valutazione delle scuole, autonomia “vera” delle medesime, libertà di educazione e scuole paritarie…

La scuola è considerata, non a torto, un grande bacino elettorale,  con i suoi 800 mila insegnanti, con i suoi 8 milioni di ragazzi e i suoi 10/15  milioni di genitori, nonni ecc… Tuttavia, servirebbe agli elettori e ai partiti l’avere ben chiaro che cos’è la Scuola.

La Scuola è primariamente una miriade di “comunità educanti”, nelle quali un Paese passa alle giovani generazioni il testimone della propria civiltà, dove si costruisce la relazione con gli altri, dove “si fa” società civile, dove si pratica il legame tra le generazioni, dove si forma “il carattere”.

La Scuola è, sempre primariamente, una miriade di fabbriche che producono intelligenza produttiva e sono, perciò, la “forza produttiva” fondamentale del Paese, cioè il motore dello sviluppo. La capacità di innovazione produttiva e tecnologica, la qualità della sua classe dirigente politica, amministrativa ed economico-sociale, la civiltà della società civile dipendono da questa miriade.
Se questa è l’ontologia dell’Istituzione scolastica, le proposte elettorali non paiono rendersene conto. Sono ami lanciati nella veloce corrente elettorale, tessere di un mosaico collocate a caso, cui manca la sinopia di riferimento.

Un progetto di riforma si puo’/si deve realizzare  solo gradualmente, ma deve essere intero e visibile, da subito. Dopo il 1922 questa organicità non si è più vista: il centesimo compleanno della Riforma Gentile cade il 3 dicembre prossimo!

Tuttavia, non ci attarderemo,  per l’ennesima volta, ad interrogarci sulle cause dell’abulia riformistica di tutti i soggetti coinvolti a vario titolo nella Scuola, genitori, insegnanti, Amministrazione, partiti, pedagogisti….

Servono, ai fini delle scelta elettorale, delle proposte. Forse cadranno tra i rovi o sulla pietra o forse no. Solo quattro.

Prima: si tratta di decidere quali siano i nuclei di sapere essenziale che vogliamo consegnare alle giovani generazioni per portarle all’altezza del presente storico. Ogni ragazzo deve poter acquisire il sapere della Natura e della Storia del pianeta, a partire, ovviamente, dal proprio Paese. Il presupposto è la cura della Lingua, parlata e scritta, con le sue fondamenta latine, le quali, detto tra parentesi, alimentano anche il 60% del lessico inglese. Filosofia per tutti, per il futuro chirurgo e per il futuro elettricista, per il futuro avvocato e per il futuro agricoltore? Sì, purché non somministrata al modo del Liceo classico! Ciascun ragazzo deve essere posto in condizione di confrontarsi con l’intera storia dell’autocoscienza umana della Storia. Per ciò basteranno, grosso modo, le competenze-chiave, già formalizzate nel 2008 dal Ministro Fioroni, da integrare con Diritto e Economia. Prima dei tanto celebrati soft-skills, prima delle emozioni, prima della pletora di “educazioni” – all’ambiente, alla pace, ai giornali, al cibo, alla salute… – servono gli hard-skills del sapere, servono le conoscenze.

Seconda: gli Indirizzi e le scansioni temporali del Curriculum sono la modalità storica concreta con cui i ragazzi acquisiscono i nuclei di sapere essenziale. Indirizzi e scansioni temporali sono stati definiti, lungo i 161 anni dall’Unità d’Italia e i 76 anni dalla fondazione della Repubblica, sulla base di strutture sociali, modi di produzione, psicologie collettive, criteri biografici che non appartengono più al secolo presente. E’ tempo di una partizione più semplice: un ciclo di base e un ciclo fino a 17/18 anni di scoperta della propria vocazione, che si misuri per tempo con il mondo del lavoro, con i suoi saperi, le sue pratiche, la sua etica. Intrecciare sapere e fare è il modo più adeguato, affinché ciascun ragazzo trovi la propria strada, alla scoperta dei propri talenti e della propria missione nel mondo, oltre le attuali rigide partizioni in indirizzi.

E’ anche tempo di abolire la rigida corrispondenza tra classe di età e classe scolastica e di rovesciare il modello fondato sulla classe per sostituirlo con un modello assai più flessibile, fondato sulle cattedre-materia, alle quali si accede in base alla crescita effettiva di sapere e alla maturità del singolo. E’ il principio di personalizzazione. Per essere pienamente applicato, richiede che gli edifici scolastici siano a disposizione dei ragazzi dalla mattina alla sera, così che vi si possano svolgere attività formative “pesanti” e attività più leggere, così che il mondo della scuola e quella della vita siano più intrecciati.

Terza: l’Autonomia scolastica è stata riconosciuta giuridicamente dal 1997 sulla base del principio che la Scuola è funzione della società civile, non è un pezzo dell’Amministrazione statale. Tutte le scuole sono autonome, la distinzione tra scuole pubbliche statali e scuole pubbliche paritarie è una distinzione iniqua. Ma l’autonomia di ogni singolo istituto è tale se, all’interno del quadro giuridico nazionale e del Curriculum nazionale, si esprime come facoltà di assumere/licenziare il personale: dal preside, all’insegnante, al tecnico, al collaboratore scolastico. Sennò è fasulla. Tutto ciò che serve per completare l’edificio istituzionale incompleto e in rovina dell’Istruzione sono: un’Autorità della valutazione delle scuole, un’Autorità del curriculum e un Dipartimento nazionale, che dismetta ogni gestione mastodontico-amministrativa del personale.

Quarta: se gli insegnanti sono educatori e mediatori fondamentali del sapere, servono delle modalità di formazione, di assunzione, di carriera e di retribuzione agli antipodi rispetto al modello amministrativo vigente. Le Università non producono insegnanti, solo dei laureati. Occorre una Scuola nazionale di formazione dei docenti, che intrecci l’acquisizione certificata dei saperi e la pratica tirocinante nelle scuole, come prerequisiti per essere assunti dalle singole scuole mediante prove e colloqui. I concorsi devono semplicemente essere aboliti, perché inadeguati rispetto al fine. I diversi livelli di esperienza e di aggiornamento e le differenti abilità che ne conseguono devono essere riconosciuti in diversi livelli di carriera e di retribuzione.

Quattro semplici proposte, dunque. Molto altro ci sarebbe da aggiungere, soprattutto in relazione alla Missione 4 del PNRR.

Solo una nota a margine.

L’esperienza dei decenni seguiti ai Decreti delegati del 1974 dimostra che la partecipazione “democratica” delle famiglie alla vita della scuola è diventata invasiva e dannosa. I genitori sono diventati la cinghia di trasmissione verso la scuola del lassismo, del facilismo, dell’egoismo corporativo, del sindacalismo da TAR, che sale dalla società. Al punto che dirigenti e insegnanti si stanno arrendendo ad ogni prepotenza soprattutto in sede di scrutini ed esami. Anche nella scuola, luogo per eccellenza delle competenze-chiave, si sta importando, in nome della democrazia, l’ideologia dell’incompetenza.

 

Editoriale da santalessandro.org, sabato 3 settembre 2022

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