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Morando: “Nessun complotto, Conte è caduto perché non sapeva dare risposte al Paese”

Redazione sabato 17 Aprile 2021
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di Giovanna Vitale*

Enrico Morando, leader dell’area liberal Pd, rifiuta la teoria cospirazionista sulla fine del governo giallorosso avanzata da Goffredo Bettini nel manifesto della sua nuova area politica. “Non c’è stato nessun complotto. Conte è caduto per l’incapacità di fornire risposte adeguate alle esigenze del Paese”, taglia corto l’ex senatore dem.

Quindi Conte non è stato defenestrato da una “convergenza di interessi nazionali e internazionali” che l’allora premier aveva rifiutato di “assecondare”, come sostiene Bettini?
“Intanto, in premessa, devo confessare che io considero il complottismo come una delle componenti fondamentali della cultura politica populista. La vera differenza fra populista e riformista sta nel fatto che entrambi si preoccupano di problemi reali, ma mentre il riformista cerca di individuare le cause che li provocano e le soluzioni per risolverli, il populista cerca un colpevole e lo addita all’opinione pubblica come l’unica vera origine del problema. Per cui una volta rimosso il colpevole, è risolto anche il problema. Ma è evidente che è un’impostazione profondamente sbagliata”.

Sta dicendo che Bettini è un populista?

“No. Solo che in questo caso ha avuto un cedimento verso un approccio di tipo populista. Perché sono i populisti a vedere complotti dappertutto. E sostenere che Conte ne sia stato vittima – quando invece la sua caduta è un evento facilmente spiegabile guardando i dati di fatto della situazione in cui ci trovavamo allora – è la dimostrazione di quel cedimento”.

Quali sono questi dati di fatto che spiegano la fine del governo giallorosso?
“Qualsiasi governo guidi (o abbia guidato) l’Italia nella fase dell’emergenza Covid deve affrontare e risolvere essenzialmente due problemi. Il primo è la predisposizione entro aprile 2021, cioè entro questo mese, di un Recovery plan coerente con il regolamento approvato dal Parlamento e dagli organismi comunitari a proposito delle caratteristiche che i singoli piani nazionali devono avere per accedere ai benefici del Next Generation Eu. Il secondo problema era l’elaborazione di una campagna vaccinale efficace. Queste erano le missioni che il Conte II doveva portare a termine, poi ereditate da Draghi”.

Perciò a gennaio è cascato perché era troppo alto il rischio che si fallisse su entrambi i fronti?
“La mia opinione è che già nell’autunno scorso il Conte II aveva dimostrato di non essere in grado di fare un piano di utilizzo delle risorse europee coerente con il regolamento dell’Unione”.

Perché non era in grado?
“Non perché non fossero capaci, ma per una ragione di carattere politico. Mi spiego: ogni singolo progetto inserito nel Recovery plan nazionale deve essere accompagnato da una riforma di struttura. Nella bozza che dopo vari rifacimenti il governo Conte ha preparato c’erano i progetti ma non c’erano le riforme perché sulle riforme non c’era accordo politico”.

Faccia un esempio.
“Penso alla giustizia. C’era un accordo unanime sulla necessità di investire i fondi sulla digitalizzazione dei tribunali. Ma la digitalizzazione è uno strumento, mentre una riforma per velocizzare i processi sarebbe stata l’introduzione dei manager negli uffici giudiziari. Su cui però non si è mai trovata un’intesa”.

È il motivo che ha spinto il presidente Mattarella a varare il governo di unità nazionale?
“È risultato chiaro che se avessimo presentato un Recovery plan così come si stava costruendo, con i singoli progetti ma senza le riforme, noi avremmo rischiato di perdere una occasione storica. Come se nel secondo dopoguerra non avessimo utilizzato il Piano Marshall. Il Conte II aveva grossi limiti politici, cioè di coesione della maggioranza rispetto alle risposte che richiedeva il Paese”.

È successa la stessa cosa con il piano vaccinale?
“Credo di sì. Anche in questo caso, la struttura predisposta dal governo giallorosso si è rivelata non in grado di mettere in campo un piano vaccinale efficace. La prova? Tutti gli accordi fondamentali per arrivare in fretta a 500mila dosi da somministrare ogni giorno per mettere in sicurezza al Paese entro l’estate li stiamo siglando in questa fase. Vuol dire che prima non erano stati fatti”.

Ma non vale l’argomento che prima i vaccini non c’erano e adesso sì?
“No. Guardiamo a Inghilterra o a Israele che hanno predisposto i rispettivi piani ben prima che i vaccini fossero stati autorizzati. Insisto. Le modalità di ingaggio dei medici di base, il coinvolgimento delle farmacie e delle imprese nella somministrazione: sono tutti accordi in corso di realizzazione adesso. E’ la ragione per la quale forse entro fine mese arriveremo a centrare l’obiettivo dei 500mila vaccini al giorno”.

Quindi Matteo Renzi, che ritirando le sue ministre ha fatto venir meno la maggioranza, non ha avuto alcun ruolo?
“In una guerra c’è differenza tra cause fondamentali e cause occasionali: Renzi è stato come la pistolettata di Sarajevo. La causa occasionale della caduta del Conte II. Le vere cause sono altre: l’incapacità di corrispondere alle esigenze del Paese. Era una crisi inevitabile a cui Mattarella ha fornito una risposta con la nascita del governo Draghi, di unità nazionale. A fine aprile, quando il Recovery dovrà essere presentato e il piano vaccinale entrare a regime, sapremo se avrà saputo dare le risposte di cui l’Italia ha bisogno”.

*L’intervista a Enrico Moranda è stata pubblicata su La Repubblica il 14 Aprile 2021

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