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di Marco Campione

 

Poche persone come Filippo Penati hanno segnato la mia vita politica. Fare politica a Milano per la mia generazione ha rappresentato anche dover scegliere se stare dalla parte del riformismo o da quella della nostalgia di un tempo che non sarebbe mai tornato. Ha rappresentato dover scegliere tra stare con chi voleva innovare le forme della politica e chi no.

Ed essere riformisti a Milano, chiedere un nuovo modo di fare politica a Milano, negli anni 2000, voleva dire guardare alla Sesto San Giovanni da lui amministrata, alla Provincia da lui amministrata, al partito dei DS da lui diretto. Ovviamente non solo a lui, ma per più di dieci anni fu uno dei protagonisti di molte battaglie giuste.

La sua vicenda giudiziaria l’ha affrontata a testa alta e per quel che ha potuto ha vinto buona parte delle battaglie a tutela del suo operato e del suo onore.

Le accuse più gravi (quelle di aver preso tangenti) in Tribunale si sono dimostrate prive di fondamento. Le sentenze di primo e secondo grado sono state durissime nel definire le indagini lacunose e viziate da pregiudizio.

Diverso il discorso sull’acquisto delle azioni della Milano-Serravalle (assolto in primo grado, condannato – con una sentenza paradossale – in appello dalla Corte dei Conti) che però meriterebbe un approfondimento serio sui rischi dell’amministrare e sul perché i politici e i dirigenti della PA siano così restii ad approvare e/o firmare atti che vadano oltre l’ordinaria amministrazione.

Una cosa comunque è certa: anche nel modo di affrontare quelle vicende è stato diverso da tutti gli altri.

Ho tanti ricordi con Filippo e li tengo per me. Parlavamo tanto anche di scuola: pochi lo sanno ma era un insegnante. E con la pensione da insegnante ha vissuto nell’ultimo periodo.

Oggi è il momento del cordoglio, del ricordo e della riconoscenza per uno dei politici più importanti di questo inizio di secolo, almeno nel campo del riformismo ambrosiano.

Un mondo che tanto ha ancora da dire e da dare alla politica italiana. A patto che ritrovi l’orgoglio di non accucciarsi dietro alla politica romana. Così distante, così poco utile. A patto che ritrovi l’orgoglio di imparare qualcosa dalla lezione di stile, di politica, di vita che ci ha lasciato Filippo.

Ciao Filippo, grazie. Ti ho voluto bene, spero di non averti mai deluso, anche quando abbiamo fatto scelte diverse.

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