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di Umberto Minopoli

 

La prima vera vittoria del populismo.

Gliel’ha regalata il centrosinistra (Italia Viva e Pd). Accettare quel taglio senza altre riforme è il suicidio del riformismo. Ieri è morto il riformismo costituzionale.

Per 30 anni abbiamo avuto una corrente che, con tentativi di bicamerali falliti, referendum e proposte di riforma, è andata verso la speranza di dare dell’Italia una democrazia decidente, equilibrata nei poteri e più efficiente.

Ieri tutti i partiti, con l’eccezione di una pattaglia di resistenti e oppositori coerenti, ha sancito la fine (per sempre?) di questo tentativo. Da oggi non c’è più né l’idea, né il proposito, né la possibilità (a meno di iniziative popolari di referendum estranee ai partiti) di riprendere in Italia un riformismo costituzionale.

Il nostro resterà il paese europeo con la democrazia più zoppa, che funziona peggio, appesantita da storture istituzionali, pesantezze, ridondanze, inefficienze decisionali che la rendono l’anello debole nel contesto europeo.

Nello stesso tempo è la vittoria dello sfascismo istituzionale dei 5 Stelle. A cui tutti si sono piegati. Per opportunismo: perché nessuno potesse dire che si votava contro per difendere la casta. Per ignavia e codardia. E’ il trionfo del populismo e dell’antiparlamentarismo: non si parla più di riforme costituzionali ma si fa una riforma, esclusivamente, in funzione punitiva della democrazia rappresentativa. Uno scempio.

Questa vittoria e risultato storico i populisti li raggiungono in un governo col centrosinistra (Pd e Italia Viva) e con l’assenso del centrosinistra. Renzi è stato il primo, ad agosto, ad offrire ai 5 Stelle il governo in cambio del taglio dei parlamentari. Subito a lui si accodarono tutti gli altri. Questa controriforma sì, Renzi se la può intestare. Non so cosa proporrà alla Leopolda. Certamente tante cose interessanti per il… futuro. Certamente non ci potrà essere il riformismo politico e costituzionale, la democrazia decidente, la riforma vera di cui avrebbe bisogno l’Italia.

Con la sconfitta del referendum Renzi e la sinistra sono usciti all’indietro: rassegnandosi a quella sconfitta, dichiarando chiuso il tentativo e il sogno delle riforme e rinculando nel passato. Nel futuro prossimo c’è la cicuta bevuta fino in fondo: ritorno al proporzionale, ai partitini rissosi, all’Italia frammentata, particolaristica, corporativa e che non decide su nulla. Diciamo addio alla modernizzazione. E’ il de profundis del riformismo. Il resto è chiacchiera. Il vero patto strategico (mefistofelico) tra centrosinistra, Italia Viva e Pd e il populismo, è nato ieri

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