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Contro l’approccio ideologico ai cambiamenti climatici

Umberto Minopoli mercoledì 6 Luglio 2022
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di Umberto Minopoli

 

Il riscaldamento c’è e l’uomo ha le sue colpe. Che non spiegano tutte le ragioni dei cambi climatici. Che hanno, oltre i gas serra, cause naturali che li motivano. E che ricorrono nella storia della Terra secondo cicli, molto lunghi, di alternanza tra periodi freddi e caldi.

Sulle cause naturali del riscaldamento, ovviamente, è impossibile intervenire. Si tratta di fattori astrofisici, di correnti oceaniche, di deriva dei continenti, di attività del Sole, il vero motore del clima, che ha anch’esso i suoi cicli. E poi c’è il fattore umano: la quantità dei gas serra climalteranti immessi in atmosfera dalle attività umane. Non è vero che sono l’unica causa. E’ vero che è l’unica su cui possiamo operare. Sulle altre la Natura resta più forte di noi.

Ci sono due approcci ai cambi climatici.

Il primo è quello ideologico delle teorie ambientali che sostengono che i cambi climatici hanno una sola causa, quella umana. E, quindi, una sola risposta: togliere i gas carbonici dall’atmosfera. L’altra spiegazione è quella, propriamente, scientifica: non nega (che intollerante, antiscientifica, stregonesca e medievale accusa è quella di negazionista) i cambi, ma richiama alla complessità delle cause.

Ma per fare cosa? Chi fa leva solo sulle colpe umane non ha soluzioni adeguate ai cambiamenti, isola le emissioni carboniche come sola risposta e sul resto si limita a perorare il pentimento dell’umanità colpevole. Da 30 anni, questo atteggiamento è quello dominante tra i politici e i governanti.

Purtroppo, da 30 anni il clima cambia ma la risposta, “riduciamo le emissioni”, si rivela insufficiente. Intanto, ripetiamo, non basta da sola a invertire i cambi climatici. Né per il futuro e né per il passato (i cambi già avvenuti di cui subiamo le conseguenze). Ridurre le emissioni è ormai il punto unico dell’agenda dei governi sul clima. Spesso i veri ostacoli all’abbattimento delle emissioni sono proprio gli ambientalisti radicali: quando, in nome del paesaggio, si oppongono alle energie rinnovabili; quando, contro l’energia nucleare, si arrendono (vedi i Verdi tedeschi) pure alla ripresa del carbone; quando si combattono, in nome delle emissioni, i modi alternativi di fare energia dai rifiuti (termovalorizzatori ed altro). E gli esempi potrebbero continuare.

Il problema è che questo pensiero unico, conservatore e immobilista, influenza i decisori politici. Per opportunismo, ma anche per scarso coraggio: limitarsi alle emissioni, senza poi veramente riuscire a ridurle mai, è più facile che dedicarsi all’altra via per combattere i cambi climatici: l’adattamento ad essi. Che è la via attiva di governo del clima su cui sono nate quelle esperienze umane che chiamiamo civilizzazione, lavoro sulla Natura, progresso, tecnologia. Con esse l’uomo ha governato il clima: non con l’illusione, prometeica e divinatoria, di cambiare le cause naturali di esso, ma per adattarsi ai cambi, riducendone o annullando gli effetti catastrofici. Con le opere, le infrastrutture, la tecnologia.

E’ il senso vero della storia umana: la sfida adattiva con il clima e i suoi continui cambiamenti. Dobbiamo applicare questo approccio, fattivo e adattivo, non solo ai gas carbonici in atmosfera, ma anche a fenomeni più complessi e difficili: l’aumento dei livelli dei mari, il ritiro dei ghiacciai, la siccità e i fenomeni meteorologici estremi. Non li annulleremo, non siamo Dio, ma con l’intelligenza e la tecnologia, la nostra vera arma, limiteremo i loro effetti distruttivi su di noi. Che è quello che conta.

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