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I passi indietro della cultura nel Belpaese

Federica Roccisano venerdì 3 Agosto 2018
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di Federica Roccisano

 

Cultura e sovranismo sono agli antipodi; in mezzo c’è il Paese e il presente, e il futuro, degli italiani.

I sintomi della malattia che sta affliggendo l’Italia sono certificati da varie fonti che sostengono che la maggior parte degli italiani non riesce a distinguere una notizia vera da una notizia falsa, mentre ISTAT ed Eurostat, ogni anno, certificano una sempre più scarsa propensione degli italiani alla lettura e alle attività culturali; infine, quanto realizzato da diverse testate giornalistiche che durante i giorni degli esami di maturità hanno raccolto e messo in evidenza la scarsa conoscenza dei giovani maturandi, così come i divari tra Nord e Sud rispetto alle conoscenze linguistiche, ha costituito un’allerta per diversi soggetti che con i giovani lavorano tutti i giorni.

 

Favorire l’accesso alla cultura

Sarebbe stato normale che, in una simile situazione, gli organi di Governo deputati avessero preso in considerazione un maggiore investimento a vantaggio della fruibilità della cultura e dei luoghi di cultura.

Ma ci tocca fare i conti con il sovranismo. A che serve infatti rendere più accessibile l’ingresso al Museo di Reggio Calabria e conoscere la storia della Magna Grecia? O a che serve visitare gli Uffizi a Firenze e conoscere il Rinascimento? E poco importa se in tantissimi, economisti e sociologi, pongano al centro delle strategie di sviluppo umano, sociale ed economico gli interventi a contrasto della povertà educativa, problema straordinariamente importante soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia.

In fin dei conti, se non hai la possibilità economica di andare al museo, è molto più comodo farsi raccontare la storia e farsi descrivere un’opera d’arte da un troll qualsiasi di facebook pur calcolando il rischio di apprendere del famoso David di Canova o dei Bronzi di Torino.

 

Il 2017: un anno da record per i musei

Questa volontaria estremizzazione serve a sottolineare che l’accesso ai luoghi di cultura nel nostro Paese, per il bene del Paese, avrebbe ancora bisogno di essere incentivato, come è stato fatto negli anni precedenti e con risultati davvero positivi.

Nel 2017 gli accessi delle prime domeniche del mese avevano portato più di 3,5 milioni di persone gratuitamente nei luoghi di cultura statali e questo dato non ha affatto inficiato gli ingressi delle altre giornate. Tutt’altro, il 2017 è stato un anno da record con oltre 50 milioni di visitatori e un volume di incassi vicino ai 200 milioni di euro.

E a chi vorrebbe raccontarci che la scelta di rivedere le domeniche gratuite ai Musei è dettata dalla derisione internazionale verso una simile politica di accesso alla cultura, basterebbe rispondere con una verità: il British Museum di Londra, uno dei più grandi e importanti del mondo, è da sempre un museo gratuito.

 

La valorizzazione del patrimonio è uno strumento di inclusione sociale

Chi fa politica e mette al centro di ogni azione il bene comune, sa quanto è importante l’amore per il proprio territorio e che questo sentimento è possibile solo se lo si conosce. Da questo rapporto tra conoscenza e affezione ai patrimoni che ci circondano si generano azioni positive a beneficio dello stesso, basti pensare agli effetti in termini di civismo e cura delle città, e soprattutto all’indotto dell’economia culturale e di chi lavora nel settore della promozione delle nostre bellezze. Coesione sociale, valorizzazione e condivisione del nostro patrimonio, diventano veri agenti immunitari contro la povertà, l’esclusione sociale e l’emarginazione e su questo piano, un Paese come il nostro, non si può permettere passi indietro.

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