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I vaccini e l’ideologia anticapitalista sui brevetti

Ranieri Bizzarri sabato 8 Maggio 2021
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di Ranieri Bizzarri

Riavvolgiamo un attimo il nastro. Alla fine di Dicembre 2019 i nostri telegiornali riportano, nella seconda metà della scaletta, la notizia di una malattia virale pericolosa che sembra si stia cominciando a diffondere nella città di Wuhan e potrebbe essere stata originata da cibi non controllati al mercato. Alzi la mano chi non ha pensato, in barba a qualunque spirito politicamente corretto, che “questi cinesi mangiano davvero cose assurde, poi ecco quello che succede”.

Poche settimane dopo Wuhan è in lockdown, e due poveri turisti cinesi sono ricoverati allo Spallanzani di Roma con una grave polmonite. Non c’è ancora la percezione del disastro. Girano in rete facezie, anche divertenti, come quella del napoletano che noleggia “un cinese con la tosse” ai clienti desiderosi di intimità sulla metro e al ristorante. Ma ecco che alla fine di febbraio 2020 si ammalano e muoiono i primi italiani. La notizia ormai è in testa nella scaletta del telegiornale, e tutti noi cominciamo ad avere una dannata paura. Il 9 Marzo 2020 Giuseppe Conte si presenta agli italiani, in un rigoroso scenario casaliniano, per annunciare il lockdown. Comincia un incubo che, con fasi alterne, è arrivato sino ad oggi attraverso il lockdown, Immuni, i virologi in tv, l’estate delle discoteche, le zone gialle/arancioni/rosse, i tamponi, il PNRR e la crisi di governo, l’arrivo di Draghi, la variante inglese e poi quella brasiliana, la sostituzione di Arcuri con Figliuolo, e il coprifuoco alle 22 oppure alle 23. In questi mesi l’Europa continentale non se l’è passata troppo meglio di noi, anche se è giusto dire che siamo il paese con più decessi e più danni economici.

Questa è la storia che abbiamo vissuto noi, ma c’è anche un’altra storia. La riassumo in poche battute, grazie alla fortunata conoscenza che ho di uno dei suoi attori principali. Nelle prime settimane di gennaio viene per la prima volta pubblicato il genoma del virus SARS-CoV-2, ovvero la sequenza dell’RNA che il virus “inietta” nelle cellule che infetta per renderle schiave e generare migliaia di copie del virus stesso; copie che poi si diffondono ed infettano altre cellule, in un processo esponenziale che solo il nostro sistema immunitario – in assenza di farmaci efficaci – può bloccare. Ed è allora che avvengono due spettacolari colpi di fortuna. Il primo è che SARS-CoV-2 appare molto simile, come struttura, al virus della SARS (e il 2 nel nome ricorda proprio questo); è pertanto disponibile un’ampia letteratura sulle caratteristiche principali del virus, tra cui la sua peculiare morfologia simile ad un riccio di mare e la nozione che gli aculei del riccio, ovvero le proteine “spike” del virus, siano gli elementi riconosciuti dal sistema immunitario e da potenziali vaccini. La seconda è che nel Gennaio 2020 ci sono dei ricercatori, in USA, in Germania, in UK, in grado di immaginare un vaccino a partire dalla sequenza del virus, perché le conoscenze scientifiche in questo campo sono ormai mature.

Dan Barouch è un autorevole ricercatore del Beth Israel Deaconness Medical Center di Boston, un eccellente ospedale affiliato alla Harvard Medical School. Oltre a decine di pubblicazioni, Barouch ha già sviluppato alcuni prototipi di vaccini e, pochi anni prima, il primo vaccino contro Ebola a partire da un virus del raffreddore umano. Barouch riunisce il suo gruppo alla fine di Gennaio 2020 e nsieme disegnano un vaccino sulla base di quello di Ebola e del genoma del virus SARS-CoV-2. Con l’aiuto sia del suo centro di ricerche, che del suo partner industriale Johnson & Johnson (J&J), compiono rapidamente studi su animali (scimmie) e a giugno pubblicano un gigantesco lavoro su Nature. Di lì a poco cominciano gli esperimenti di fase I, seguiti da quelli di fase II: a Settembre/ottobre si riconosce che il vaccino è sicuro per gli esseri umani e che stimola fortemente il sistema immunitario. Comincia allora il trial di fase III con decine di migliaia di persone reclutate per verificare la copertura verso COVID-19. Il trial finisce a Febbraio con un ottimo successo del vaccino (intorno al 70% di copertura media, col 100% di copertura per le forme gravi).

Conosco personalmente Dan Barouch, ed è uno scienziato sopraffino, animato da una notevole forza morale e solidaristica. I suoi colleghi autori del vaccino Pfizer, ancora più rapido ad apparire sulla scena, coniugi Sahin, sono due splendidi compagni di vita e di scienza animati dal desiderio di sconfiggere il cancro mediante i vaccini a RNA, loro obiettivo primario. Non conosco bene le biografie degli autori del vaccino Moderna o AstraZeneca, ma non ho alcun dubbio nel pensare a loro come grandi ricercatori caratterizzati da uno desiderio di aiutare gli altri. Questo non toglie che la competizione tra loro sia stata serrata dal punto di vista scientifico; che l’investimento delle company abbia richiesto milioni di dollari scommettendo su un guadagno possibile, ma non scontato, di miliardi di dollari. Il valore della scommessa è testimoniato dal fatto che in questa competizione soccombono ricercatori e aziende di straordinario spessore scientifico e forza economica (ad es. Institute Pasteur insieme a Merck).

Torniamo per un momento a noi, in Italia, in Europa ed in USA. A Dicembre vi sono le prime approvazioni dei vaccini (solo 11 mesi dopo, un successo senza precedenti) a parte di FDA e EMA. In tutto il mondo si tira un sospiro di sollievo, suffragato dai primi dati sull’efficacia dei vaccini stessi (in particolare Pfizer, che è il primo ad essere stato usato su larga scala). Sono game-changer, come si dice, e si scorge l’orizzonte dell’uscita dalla fase emergenziale della pandemia. In USA e UK, produttori di vaccini, si procede a tappe forzate per la vaccinazione dei cittadini, con risultati rilevanti. In Europa, complice un approccio diverso e la scarsa propensione a sviluppare “continentalmente” e in maniera coordinata un vaccino, la campagna subisce ritardi e procede a singhiozzo.

AstraZeneca, ma anche Pfizer e Moderna consegnano spesso in ritardo e meno dosi di quelle previste. Lo sviluppo di rarissimi casi di una particolare trombosi addirittura ferma per alcuni giorni le vaccinazioni con i vaccini AZ e J&J, costringendo a rimodulare il piano vaccinale. La banale affermazione che il COVID-19 sia, nel computo delle probabilità, più pericoloso delle possibili trombosi dovute ai vaccini adenovirali (AZ e J&J) non riesce a fare breccia nella mente di molte persone, che in Italia ed in Europa rifiutano di vaccinarsi con questo tipo di preparati.

In estrema sintesi, nei paesi dell’Europa continentale inclusa l’Italia avviene una singolare trasformazione di mentalità. In primis, le feste per l’inaspettato arrivo dei vaccini a Dicembre sono ormai un lontano ricordo: è come se i vaccini ci fossero sempre stati e persino “dovuti”; anzi, mi stupisco che non sia più numeroso il fronte di coloro che affermano che si potevano ottenere assai prima. In un mondo in cui con un click si compra online qualsiasi cosa con attese di massimo un giorno, chi volete che si preoccupi dell’epoca in cui il vaccino non c’era e avevamo solo il lockdown per proteggerci. Siamo in un film catastrofista: finisce sempre tutto bene e dura massimo due ore.

Secondo, si distingue arbitrariamente tra scienza “buona” e “big-company” cattive. Politici (memorabile l’intemerata di una giovane deputata socialista al parlamento europeo contro Ursula von der Leyen) ed intellettuali, di sinistra e di destra populista, accusano le companies per le strategie di produzione e distribuzione e per presunte omissioni sulle sicurezze dei vaccini. Pfizer e le altre vengono dipinte come gigantesche macchine da profitti, che manipolano la democrazia europea ed egoisticamente lasciano il terzo mondo a schiattare di COVID-19. Qualcuno arriva a chiedere vaccinazioni con Sputnik (non utilizzato in Russia dove è prodotto), i vaccini cinesi, e perfino Soberana 2, il vaccino – tutto pubblico, ca va sans dire – cubano. Infine, ecco l’obiettivo ideologico: i vaccini sono un bene comune, non possono essere usati per profitti, i brevetti che li coprono vanno eliminati. Anche i paesi più poveri devono poterseli fare. Dimenticando, naturalmente, che un vaccino non è come preparare la besciamella; che servono impianti di produzione certificati, reagenti, competenze tecniche, efficaci sistemi di distribuzione. Ma volete mettere la tentazione, per molti politici ed intellettuali, di legittimarsi populisticamente contro l’arricchimento da vaccino? Finché, addirittura Biden, in maniera assai controversa, propone una “sospensione temporanea” dei brevetti contro SARS-CoV-2. Biden gioca su uno scacchiere internazionale dove Russia e Cina stanno espandendo la propria influenza geopolitica grazie anche ai vaccini, e il suo annuncio (peraltro in parte già derubricato) può essere parzialmente compreso in quell’ottica. Ma i populisti italiani e europei, alla ricerca di quella gnosi cattolico-marxista o cattolico-reazionaria che li rende pericolosamente simili dalla prima guerra mondiale, hanno un argomento in più per ammorbare di lamenti anticapitalisti giornali, tv e -naturalmente – social.

Corbellini e Mingardi su Linkiesta hanno magistralmente descritto gli aspetti culturali di questo atteggiamento. Non riprenderò le loro argomentazioni. Mi interessa qui far notare che gente di grande spessore morale e scientifico, gente come Dan Barouch, sarebbero stati disarmati senza la feconda interazione con grandi companies farmaceutiche, le sole che possano sostenere i costi delle sperimentazioni per ottenere farmaci davvero sicuri. Chi pensa di sostituire lo Stato alle companies, vada a farsi un giro nelle ex-repubbliche sovietiche e si faccia raccontare il loro sistema sanitario ai tempi dell’URSS. Da che mondo è mondo, contrapporre lo spirito individuale alla solidarietà è insensato, e la crescita e la ricchezza non assumono l’indigenza e la disperazione come automatico portato. Dan Barouch, i coniugi Sahin, e i loro colleghi hanno partecipato ad una esaltante competizione che ci porta oggi ad avere 4 vaccini buoni sviluppati in un anno, ed hanno partecipato scientemente ad essa. Non c’è nulla di più liberale della scienza.

In effetti, qualcosa da discutere ci sarebbe: i vaccini Pfizer, Moderna, AZ non sarebbero stati possibili senza Stati di matrice liberale dove la ricerca scientifica, anche applicata, viene vista come motore della società; dove chi va all’Università non ha bisogno di un pezzo di carta da esibire per partecipare a concorsi, ma studia per accrescere le proprie conoscenze, la propria capacità di intraprendere e – in ultima analisi – di essere responsabile nei confronti di tutta la società. Margaret Thatcher diceva: “Un uomo può scalare l’Everest per se stesso, ma al vertice pianterà la bandiera del suo Paese”. Non è sempre così semplice come appare, e lo Stato – ovvero la comunità democratica – deve essere vigile che le opportunità siano davvero eguali per tutti. Ma togliere i brevetti su SARS-CoV-2 (e sui vaccini in generale), in nome di un malinteso principio superiore di solidarietà umana, non porta in un mondo migliore; porta solo a Cuba e al mitico Soberana 2.

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