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Le elezioni in Emilia Romagna e iI senso delle sardine per il Pd

Gianluca Passarelli giovedì 2 Gennaio 2020
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di Gianluca Passarelli

 

“La linea Maginot tace”. La campagna elettorale per la Presidenza della Giunta regionale dell’Emilia Romagna si è accesa, su un altro fronte come da manuale, e all’improvviso, grazie a due elementi interconnessi. Il talento politico del sen. Matteo Salvini e la conseguente comparsa delle c.d. “sardine”.

L’ex ministro dell’Interno, certamente mal consigliato, ha deciso di sfidare il presunto “sistema PD” nella tana, nel cuore di Bologna. Errore esiziale ché la città è democratica, ricca di capitale sociale e voglia di politica. Il comizio al PalaDozza è stato percepito come un affronto, l’ennesimo, cui reagire per ribadire la voglia di una società aperta.

Tuttavia, ed è il secondo elemento che ha movimentato la campagna elettorale, il movimento delle sardine ha contestato apertamente Salvini, nello stesso momento del suo speech, in modo pacifico e colorato. È stato un bagno di partecipazione, di gioiosa azione civica, di espressione di dissenso. Senza di esse il centro-sinistra e il PD sarebbero rimasti afoni, impauriti dalla propria ombra, trascinandosi chini fini al patibolo elettorale confidando nell’ennesima grazia dei votanti.

Proprio il rapporto tra Movimento e PD-Centrosinistra dimostra l’ipocrisia, la debolezza prospettica e l’errore strategico. La sardine affermano di non essere un movimento politico e perciò si collocano nell’alveo dei gruppi di auto-ascolto, di mutuo sostegno psicologico. Si ritrovano per esprimere, confermare, ribadire la propria identità e diversità sociale e individuale confidando nell’altro da sé, della stesse specie. Extra piazza sardine nulla salus. Dicono, ma non è così.

Dal canto suo il Centrosinistra rischia l’innamoramento, l’ennesimo, per personaggi di dubbia caratura politica e intellettuale. Debole com’è tenta di assecondare anziché guidare, indulgere e non proporre, interloquire con la “società civile” anziché cooptarla, fingendo di non sapere che i movimenti, tutti, hanno dei capi, dei fondatori, e non sorgono dai mari spontaneamente come Nettuno. Ed è giusto sia così.

Se fosse un vero movimento politico, quello delle sardine non dovrebbe scomodare Salvini, ma il Centrosinistra. Infilandosi nelle sue crepe, contraddizioni e punti di forza. Chiamando alla mobilitazione a favore del PD, del Centrosinistra e di Bonaccini. E invece parla alla Luna, declina infantili propositi da buonismo natalizio francamente disarmanti e si barcamena in vocianti piazze variopinte. Una miscela di ribellismo, azioni pre-politiche e velleitarie, populismo di sinistra. Lasciato da parte l’alibi di tutti e tutto – Salvini – contro cui scaricare i mali del Mondo, le sardine sono attese alla prova della maturità.

La mossa di Salvini ha dunque provato a nazionalizzare la partita, ha movimentato la palude del Centrosinistra e riattivato canale di partecipazione politica rimasti latenti causa spocchia e sicumera del PD. La presenza del leader della Lega Nord ha però schiacciato e messo in ombra la pur debole candidata di destra e annichilito ogni tentativo che la coalizione si emancipasse dalla sindrome del leader.

In ogni caso la recente mobilitazione, nel complesso, è un bene per la democrazia e le urne elettorali saranno molto partecipate, certamente più del 2014. E i partiti per intercettare l’eterna voglia di “nuovo” (M. Damilano, Processo al nuovo, Laterza 2017) provano ad “aprirsi all’esterno” (che concetto abietto), immaginando liste civiche, o inserendo “personalità” famose tra i propri ranghi. Ossia rinunciando al ruolo guida della società politica. Uno stuolo di personaggi, spesso in cerca di autore, si affaccia sul proscenio ed è triste assistere – involontariamente intendiamoci – alla pochezza della proposta nel suo complesso. Tra l’altro i candidati al consiglio regionale non potranno che rivolgersi al “proprio” elettorato ché le preferenze si raccolgono nel proprio recinto, tra la rete sociale e politica personale.

A questi due elementi si aggiunge – come scrivevamo giorni fa – la centralità di Stefano Bonaccini che un partito democratico meno improvvisato valorizzerebbe sul piano nazionale. In tutto ciò risalta l’atonia del M5s. Dunque, la ritrovata vivacità politica dell’Emilia-Romagna dovrà affrontare due prove cruciali per confermarsi come strutturale e non effimera. Il 26 gennaio la partecipazione dovrà superare il 55-60%; il post voto invece, qualora le velleità del Movimento delle sardine si trasformassero almeno in parte in idee, proposte politiche, non in un partito, va bene, ma dentro un partito, certamente. Buon 2020.

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