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L’Unione dovrebbe avere autonomia fiscale. Ma serve attivare il Parlamento

Alfonso Pascale mercoledì 1 Gennaio 2020
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di Alfonso Pascale

 

Il Trattato sull’Unione Europea afferma solennemente che il funzionamento dell’Unione si fonda sulla democrazia rappresentativa. E’ dunque urgente, indispensabile ed essenziale che essa eserciti – nel Parlamento – il potere di una tassazione diretta ed autonoma. Per ottenere questo risultato è necessario introdurre questo emendamento nel Trattato: “L’Unione è dotata di un Bilancio Europeo autonomo e non derivato; fondato su risorse proprie, attraverso una fiscalità diretta: uno dei fondamenti  della cittadinanza europea”.

Questa convinzione parte dallo stesso assunto che Sergio Fabbrini afferma a chiare lettere nell’ultimo editoriale sul “Sole 24 Ore” dal titolo Il futuro europeo dipende dall’autonomia fiscale: ” La prospettiva intergovernativa è destinata ad avviare un nuovo ciclo di promesse non mantenute. Di qui la necessità di adottare una prospettiva alternativa, definibile come sovranazionale (o più precisamente federale). Per perseguire le priorità identificate da Ursula von der Leyen, secondo questa prospettiva, l’Ue dovrebbe disporre di una sua capacità fiscale autonoma che la protegga dai condizionamenti dei singoli Governi nazionali. Se l’Ue è una variabile dipendente dalle volontà dei singoli Governi nazionali, le sue priorità saranno oggetto di inevitabile controversia. Esse, infatti, dovrebbero favorire l’Ue nel suo complesso, non (necessariamente) ognuno dei suoi Stati membri”.

Ma ancor più incisivo e trasparente è il seguito dell’argomentazione del professor Fabbrini a sostegno della prospettiva sovranazionale (o più propriamente unionale/federale): “La sovrapposizione tra plurimi interessi nazionali e un comune interesse europeo è empiricamente implausibile. Per questo motivo, l’Ue dovrebbe separarsi dai Governi nazionali, dotandosi di una sua capacità fiscale derivata da una tassazione autonoma di attività transnazionali. Ciò implicherebbe una riduzione delle spese nazionali, in quanto alcune attività (sicurezza, protezione, infrastrutture, ricerca, politiche anticicliche) sarebbero sostenute dal bilancio europeo. La tassazione europea è giustificabile se riduce quella nazionale (e non già il contrario). Il bilancio europeo dovrebbe avere una durata quinquennale, il suo uso dovrebbe essere deciso dal Parlamento europeo e dal Consiglio dei Governi nazionali, la sua implementazione spetterebbe all’organo esecutivo dell’Ue. La prospettiva sovranazionale/federale consentirebbe dunque all’Ue di mantenere le promesse”.

Fabbrini indica il percorso per arrivarci: una conferenza che il Consiglio europeo dovrebbe decidere a gennaio e durare due anni. Tuttavia l’articolo 48 del vigente Trattato sull’Unione Europea, indica chiaramente il Parlamento Europeo come uno dei soggetti istituzionali che può approvare “progetti intesi a modificare i Trattati” e negoziarli con gli Stati membri.

Ci sono già precedenti nella storia della Integrazione europea che dimostrano con estrema chiarezza l’inesorabilità del fallimento a cui porta il percorso della “conferenza”. Direte: “Ma anche il Progetto Spinelli approvato dal Parlamento Europeo fallì!”. E’ vero. E fu lo stesso Spinelli, pochi mesi prima di morire, a individuare l’errore compiuto in quella occasione: i Governi nazionali, anziché discutere quel Progetto direttamente con il Parlamento Europeo, lo sottoposero ad una Conferenza, cioè alle diplomazie degli Stati membri. Stiamo ripetendo lo stesso imperdonabile errore e perderemo così altri due anni in inutili e rituali discussioni intorno al nulla. Con la inevitabile conseguenza di una ulteriore delegittimazione del Parlamento e di un’avanzata minacciosa e definitiva dei sovranisti.

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