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Nell’ora più buia, guardare ancor più lontano, insieme

Alberto Colombelli venerdì 6 Gennaio 2023
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di Alberto Colombelli

 

Dialogo nel buio”, è un percorso che una mente illuminata che ancora ringrazio mi fece percorrere nel settembre 2014 all’Istituto dei Ciechi di Milano, due ore di attività di gruppo in immersione nel buio più totale, condotti letteralmente per mano da preziose guide non vedenti.

Un’esperienza sensoriale di grande ispirazione che ha cambiato il mio modo di vedere le cose, che da allora sempre mi accompagna e che mi risulta ancora più preziosa in questo nostro tempo.

Proprio il buio – quello vero e fisico – oggi fa paura, quale prospettiva che ci viene continuamente riproposta sotto la minaccia di un’interruzione delle forniture di energia.

Un buio che, anche se continuamente paventato, qui non abbiamo conosciuto nella sua dimensione fisica, la quale invece in questo duro inverno occupa realmente molto delle giornate dei cittadini ucraini vittime dell’aggressione russa.

Quello che conservo di quelle due intense ore è la percezione di quanto quella realtà ci faccia sviluppare “visione” senza fisicamente vedere, così come tutti gli altri sensi individuali, ma soprattutto sensibilità e attenzione verso gli altri.

Perché per quanto si cerchi di alzare il livello di attenzione e di trovare dentro di sé la forza per reagire autonomamente ad una condizione di oggettiva difficoltà, lì è assolutamente necessario poi comunque trovare insieme agli altri il modo per affrontare al meglio ogni singola situazione ed evento.

Perché il buio è un contesto che richiede a ciascuno di esprimere il meglio di sé per poi condividerlo, avviando un cammino comune, fondato su reciproco rispetto, fiducia, coinvolgimento, collaborazione, senso di responsabilità, capacità di stare sulle soluzioni. E non solo. Mettendosi davvero in gioco, con coraggio, passione, visione e tanta perseveranza.

Se il buio in Ucraina è una dimensione concreta con cui convivere, per noi è comunque una realtà seppur figurata del nostro tempo, di fronte alle tante pagine bianche sulle quali siamo continuamente costretti a scrivere.

Era il tempo migliore e il tempo peggiore, la stagione della saggezza e la stagione della follia, lepoca della fede e lepoca dellincredulità; il periodo della luce e il periodo delle tenebre, la primavera della speranza e linverno della disperazione. Avevamo tutto dinanzi a noi, non avevamo nulla dinanzi a noi.” (Charles Dickens, “Racconto di due città”, 1859)

Di fronte a questo scenario, così grave ed assoluto, serve quanto prima ritrovare ora piena consapevolezza di come la nostra attuale condizione richieda proprio di muoverci secondo le modalità che tale buio ci impone, esattamente come ho sopra descritto.

È un cambio di paradigma essenziale, dal quale non si può prescindere, che deve spingere necessariamente tutti non a chiudersi in sé stessi preoccupandosi solo dei propri stretti essenziali interessi e immediati bisogni individuali, bensì a cercare di esprimere il meglio di sé all’interno di una missione collettiva che guardi sin da ora ad un futuro sufficientemente lungo, e quindi a quello delle prossime generazioni.

A maggior ragione in Italia, per la quale ogni analisi economica e socio-demografica evidenzia limiti strutturali in tale direzione che richiedono interventi straordinari di assoluta urgenza non più rinviabili.

Così, se per il futuro dell’Italia il dato più allarmante riguarda la composizione anagrafica della propria popolazione, sempre più sbilanciata sulla componente anziana, è evidente che ciascun giovane rappresenta una risorsa sempre più preziosa, da tutelare, da valorizzare, da promuovere nel suo sviluppo e nel suo inserimento attivo all’interno della società.

Questo è un dovere civico essenziale che deve essere vissuto non, come è avvenuto finora in una logica politica di perseguimento di puri obiettivi di consenso di breve periodo, collocandolo all’interno di un potenziale ed elettoralmente rischioso conflitto intergenerazionale ma in un percorso vitale che deve essere visto nel più pieno interesse di tutti.

Per un primo immediato riferimento in tal senso è sufficiente ad esempio vedere i risultati prodotti dalle ultime indagini diffuse sulla sanità italiana da Cittadinanza attiva, Istat, Ocse e Anaao Assomed che evidenziano a fronte del positivo aumento delle aspettative di vita il dramma già oggi rappresentato dal contestuale inevitabile sempre maggiore invecchiamento del personale medico, con scenari ancora più preoccupanti che si produrranno da qui al 2027 quando andranno in pensione oltre 41 mila tra medici di famiglia e ospedalieri.

Le politiche migliori per i giovani sono quelle che li aiutano a smettere di essere giovani. In Italia abbiamo pochi giovani, come è ben noto, che però rimangono giovani troppo a lungo. Arrivare con successo alla fine degli studi, trovare lavoro, sostenere i costi di unabitazione (accedere a un mutuo), avviare una propria attività, più che nel resto dEuropa dipende dalle risorse della famiglia di origine e meno da politiche che si rivolgono direttamente a essi come cittadini in senso proprio. I giovani italiani si trovano, così, a essere maggiormente e più a lungo a carico della ricchezza privata accumulata in passato dai genitori, anziché messi nella condizione di generare nuova ricchezza e rafforzare il benessere collettivo.” (Alessandro Rosina, Il Sole 24 Ore, 28 dicembre 2022)

Contemporaneamente è altresì opinione diffusa e giustamente condivisa che questo nostro tempo richiede di dedicare un consistente prioritario impegno a ridurre le diseguaglianze, tutte gravi, ma nel definire unorizzonte servono comunque priorità.

Così è altrettanto giusto riconoscere che, sulla base dei presupposti da cui ci siamo mossi, tra tutte la più grave forma di diseguaglianza del nostro tempo non può che fortemente essere la diseguaglianza di destino”, quella che a seconda di dove sei nato, della famiglia in cui sei cresciuto, della scuola che hai frequentato, segna inesorabilmente il tuo futuro.

Perché è da lì che derivano inevitabilmente tutte le altre, o quantomeno buona parte di loro.

È conseguentemente su questa che bisogna in primis concentrare il massimo sforzo e, in tale direzione, l’obiettivo non deve essere quello di riuscire a permettere a tutti di raggiungere necessariamente lo stesso risultato bensì di porre le condizioni perché tutti possano disporre il più possibile del medesimo punto di partenza.

Questo deve essere il cuore di una visione che parta dal buio e dalla complessità del nostro tempo e si proietti nel futuro con la capacità di rigenerare ispirazione, coinvolgimento, motivazione e speranza.

Più è il buio attorno a noi e più deve essere grande la sfida con cui rilanciare, esattamente come seppe fare John F. Kennedy quando nel 1962 in piena Guerra Fredda pensò e sviluppò la missione dell’uomo sulla Luna: di fronte ad una grave questione storica alzò l’asticella offrendo una nuova ed ancora più ambiziosa prospettiva, trasmettendo una rinnovata fiducia nel futuro, con coraggio e visione.

Abbiamo deciso di andare sulla Luna in questo decennio e di impegnarci anche in altre imprese, non perché sono semplici, ma perché sono difficili, perché questo obiettivo ci permetterà di organizzare e di mettere alla prova il meglio delle nostre energie e delle nostre capacità, perché accettiamo di buon grado questa sfida, non abbiamo intenzione di rimandarla e siamo determinati a vincerla, insieme a tutte le altre.” (Presidente John F. Kennedy, Address at Rice University on the Nation’s Space Effort, 12 Settembre 1962)

Così – di fronte ad un’Italia che l’ultimo recentissimo rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese descrive pervasa da un clima di malinconia ed inerzia che vede gli italiani gravemente cambiati per effetto della stagione populista, della pandemia e della guerra – la

la nostra Luna, il nostro orizzonte più lontano, oggi non può che essere un’altra ambiziosa sfida all’altezza della missione collettiva che intendiamo perseguire, capace proprio di rigenerare entusiasmo e passione, coraggio e ispirazione, coinvolgimento e motivazione.

E nell’attuale clima, anche in questo caso caratterizzato da un quadro geopolitico e storico che aggrava ancor di più le prospettive e le condizioni di ogni nostra singola esistenza, non ci può essere sfida più bella ed importante di quella di rilanciare insieme la volontà e la speranza delle giovani generazioni di emanciparsi e di ispirarle a dedicare le proprie energie e il proprio talento per contribuire a realizzare insieme un mondo migliore.

Da qui, ancor di più, come non mai, è così ora importante recuperare il nostro più importante fondamentale: il cambiamento come sempre non può che partire e dipendere da ciascuno di noi, muovendo innanzitutto da una dichiarata e quanto più esplicita voglia di uscire dallimmobilismo e dai privilegi di pochi che mortificano e spengono i talenti e le potenzialità di tanti.

Ogni volta che un uomo combatte per un ideale emette una minuscola onda di speranza e queste onde, intersecandosi da un milione di centri differenti di energia e di audacia, producono una corrente in grado di spazzare via i più poderosi muri di oppressione e resistenza.” (Robert F. Kennedy, Città del Capo, 6 giugno 1966)

Si tratta di indicare chiaramente, con la maturità e la trasparenza che abbandonano le polemiche mediatiche fine a sé stesse e che sempre dovrebbero essere parte di una proposta politica, quella che di fronte a questa situazione deve essere la nostra comune e assoluta priorità: rilanciare il desiderio di emanciparsi delle persone, dimostrando che una diversa società è possibile, che è possibile coniugare crescita e lotta alle diseguaglianze, sottolineando che luna non esclude laltra e che anzi la prima è presupposto essenziale per perseguire laltra.

Per far uscire le persone dalla malinconia e dalla disillusione che oggi sono parte limitante delle loro vite, lobiettivo più naturale non può che essere essere quello di offrire a tutti il più possibile uguale punto di partenza, e non necessariamente di arrivo, in una sfida che deve portare al miglioramento di tutti: questa è la strada per rigenerare speranza e di riflesso quella partecipazione e coinvolgimento la cui assenza oggi sta condizionando la vita delle persone e il futuro delle democrazie.

“Sappiamo cosa dobbiamo fare. Dobbiamo ottenere una vera giustizia uguale per tutti. Dobbiamo ammettere la vanità e vacuità delle false distinzioni fra uomini e imparare a cercare il nostro miglioramento attraverso il miglioramento di tutti.” (Robert F. Kennedy, Cleveland, 5 aprile 1968)

Lo si deve fare con la credibilità di chi può proporlo in coerenza con il proprio percorso, portando tutto il proprio modo di essere, il proprio vissuto, le proprie esperienze e le proprie competenze.

Lo si deve fare con il coraggio, la passione, la visione e la perseveranza di chi è libero.

Lo si deve fare perché questo è il tempo in cui lo status quo deve essere cambiato.

Lo si deve fare coinvolgendo direttamente le nuove generazioni, come ha fatto la Obama Foundation lanciando a novembre scorso il suo primo Democracy Forum, pensato in modo assolutamente inclusivo e transgenerazionale, partendo dalla difesa delle democrazie liberali per arrivare ad un più esteso e diffuso contributo per rinnovare e mantenere accesa, insieme, la speranza nel nostro futuro.

In questo momento, le idee democratiche sono sotto attacco in tutto il mondo. Questo non ha nulla a che fare con le tradizionali linee partisan o con le preferenze politiche. Ciò che viene messo in discussione sono i principi fondamentali della democrazia stessa. Ecco perché abbiamo deciso di organizzare questo Forum, per riunire alcuni degli straordinari giovani leader della nostra rete con alcuni dei migliori pensatori e professionisti del settore in modo da poter proteggere e migliorare la democrazia. È giusto dire che non lo risolveremo in 48 ore. Le ragioni del regresso democratico sono complicate e varie, ma abbiamo individuato alcune questioni su cui possiamo iniziare a scavare più a fondo. Abbiamo esplorato i modi per creare un modello di capitalismo più inclusivo e sostenibile, in modo che le persone sentano di avere reali opportunità economiche; per reinventare sia le nostre piattaforme tradizionali che quelle dei social media, per frenare la disinformazione tossica e incoraggiare uno scambio di idee più sano; e per rafforzare le forze del pluralismo in un mondo sempre più diversificato guardando alla storia che stiamo raccontando sulla nostra cultura, i nostri valori e la nostra identità, perché affinché una vera democrazia funzioni, tutte le persone hanno bisogno di un posto a tavola. Piuttosto che rifuggire da queste questioni culturali, dobbiamo affrontarle a testa alta e trovare un modo per affermare il meglio dei valori tradizionali e creare uno spazio per le nostre differenze, insistendo anche sul fatto che la nostra politica e le nostre istituzioni governative sostengano i principi generali di uguaglianza per tutte le persone. Dobbiamo ricostruire sane istituzioni di mediazione – organizzazioni di lavoratori, associazioni civiche, associazioni religiose, gruppi di categoria – sia nel mondo reale che nel mondo virtuale. Dobbiamo espandere l’educazione civica che forniamo ai nostri figli, renderla pratica e pertinente, in modo che possano esercitare le competenze della cittadinanza. E dobbiamo trovare modi per sfruttare il potere delle tecnologie dell’informazione – attraverso migliori pratiche di settore, regolamentazione governativa e nuovi modelli di business innovativi – per promuovere più fiducia e cooperazione e meno rabbia e paura. Fare progressi su questi temi è un progetto che richiederà decenni, non anni. Ma sarà guidato dalle idee e dalle intuizioni di una nuova generazione di leader che sono più in sintonia con i cambiamenti che stanno avvenendo in tutto il mondo. (…) Credo che quelli di noi che credono nella democrazia debbano riconoscere le ansie e le frustrazioni che i rapidi cambiamenti economici, culturali e demografici hanno portato. Dobbiamo trovare un linguaggio, una storia, di come possiamo affermare il meglio dei valori tradizionali, creare uno spazio per le nostre differenze, insistendo sul fatto che la nostra politica e le nostre istituzioni governative sostengano i principi generali di uguaglianza per tutte le persone.” (Presidente Barack Obama, Obama Foundation, Democracy Forum, 17 novembre 2022)

Ora tocca a ciascuno di noi.

C’è una strada percorriamola, insieme.

Basta riuscire a riaccendere anche una piccola luce.

“E’ diffusa l’opinione che in questo mondo non vi siano più figure eroiche. Il cinismo e la disperazione ci fanno credere che il coraggio morale si sia spento. Non è così. Ci sono persone tra noi che ancora possiedono quel valore.” (Kerry Kennedy)

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