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Pro-Vax contro No-Vax. La contrapposizione inutile

Ranieri Bizzarri lunedì 6 Settembre 2021
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di Ranieri Bizzarri

 

Un giornalista bravo e che leggo avidamente, Francesco Cundari, ha una volta affermato che molti ragionamenti pubblici “scivolosi” iniziano sempre con un elenco di premesse riguardanti chi parla e scrive, ed eventualmente chi rappresenta. Cundari si riferiva a Landini, i cui recenti sofismi su vaccini e green pass sono sempre preceduti da dichiarazioni sulla netta posizione favorevole di Landini stesso alla vaccinazione. “Però..” e inizia il sofismo; un argomentare che il Conte Mascetti, in quel capolavoro che è Amici Miei, avrebbe definito più prosaicamente supercazzola.

Condivido Cundari, anche su Landini, ma oggi mi prendo la briga di portare un’eccezione alla sua considerazione. E pertanto comincio con una serie di premesse in formato flash: 1) da ricercatore universitario (che lavora anche sul COVID-19) sono entusiasta dei vaccini, li ritengo un successo scientifico senza precedenti (dell’occidente liberaldemocratico); 2) sono estremamente favorevole al green pass; 3) ho vera ammirazione per Draghi, e per come -silenziosamente e pragmaticamente- ha gestito questi mesi di emergenza sanitaria. Inoltre, detesto le argomentazioni circolari, e talvolta in malafede, dei no-vax. In particolare, mi pare insensata la pretesa di creare strettamente connessioni causa-effetto su tempi lunghi in ambito biomedico. Mi spiego: ho fatto la seconda dose del vaccino l’11 Maggio scorso. Se (spero di no) nei prossimi anni dovessi ammalarmi seriamente non penserò certo ad un effetto diretto dovuto alla causa “vaccino COVID-19”. Un essere vivente è un sistema dotato di forme straordinarie di resilienza e “riparazione” in seguito ad interazione con l’ambiente esterno, altrimenti l’evoluzione biologica non sarebbe potuta avvenire. Biologia e medicina, a livello cellulare e sistemico, non rispondono ad un determinismo semplice; e i motivi delle patologie sono quasi sempre molteplici. Su tempi lunghi, sono rari i rapporti di causa e effetto dimostrabili, e in genere sono associati a interazioni peculiari con l’ambiente, come esposizione a forti dosi di radiazioni (meglio non andare a Chernobyl, per fare un esempio). A breve termine, le connessioni causa-effetto sono più frequenti: è noto che Socrate bevve la cicuta e, a causa di questa, morì. In questi 9 mesi di vaccini gli effetti avversi a breve termine sono stati pochissimi, e solo di questi si dovrebbe parlare sensatamente. In compenso le sofferenze dovute al COVID19 sono quanto mai diffuse e percepibili.

La premessa è stata lunga e (spero) chiara, tocca adesso al mio “però”. Il mio “però” è che lo scontro binario che si sta esasperando in questi giorni, pro-vax contro no-vax, una riedizione del bene contro il male, è sbagliato da diverse prospettive, incluse quelle che dovrebbero attenere a moderne policies riformiste. E non importa che, alla prova dei fatti, i no-vax siano alla fine quattro gatti quando si vanno a manifestare di persona. Nel corpaccione dell’occidente democratico l’approccio no-vax è frastagliato, certamente minoritario, ma non appare necessariamente irrilevante.

Non mi interessano qui le ragioni no-vax, una delle quali ho affrontato sopra. Mi limito a sottolineare il loro modus operandi: a) diffusione via social di notizie e commenti para o antiscientifici, b) ricorso a procedure legali per combattere le normative pro-vax come il green pass, c) connessione sentimentale e/o lobbying verso partiti politici, specie di destra. Per noi cittadini “razionali”, magari col cuore a sinistra, sono tutte ubbie molto fastidiose. Non più tardi di ieri dicevo ad un collega che non è pensabile che l’ufficio giuridico della mia Università passi la giornata a controbattere le argomentazioni legali di per entrare negli edifici dell’Ateneo anche in assenza del green pass. L’idea di un “bene sociale” e magari anche il ricordo delle bare di Bergamo ci rende poco disposti alla tolleranza.

Ma è un approccio sbagliato. Il “bene sociale”, anche sanitario, è un concetto per certi versi scivoloso. Pur nella consapevolezza che l’Italia sia il paradiso degli azzeccagarbugli, molti aspetti di un moderno paese democratico servono proprio a difendere le ragioni delle minoranze anche se sono insensate come i no-vax, i figli di Satana eccetera. Il paragone tra lo Stato “vaccinatore” ed uno totalitario è esagerato e anche vagamente offensivo; ma è innegabile che la democrazia liberale debba anche consentire agli allocchi di rimanere tali, e -in assenza di un dovere sociale codificato (ad esempio il personale medico)- lasciar loro perseguire le loro follie se non sono anticostituzionali. E dunque si deve accettare che un ufficio legale perda tempo a stabilire se i custodi possano o non possano respingere il personale all’entrata di un Ateneo. Senza scomodare il vecchio adagio di Niemöller sul fatto che “un giorno vennero a prendere me, e non c’era nessuno a protestare”, la tutela della minoranza è precisamente quello che distingue la democrazia liberale dallo Stato etico. Ed il richiamarsi alla prevalenza della “ragion di Stato sanitaria” non mi entusiasma per nulla. Allo stesso modo non mi entusiasmava ai tempi del lockdown, quando la gestione normativa della pandemia era prevalentemente diretta a preservare il singolo dalla responsabilità oggettiva in nome di una supposta responsabilità sociale (ricordate i mitici caffè da asporto da consumare a due metri dal bar o la distinzione tra attività motoria e sportiva in termini di metri dalla propria abitazione?).

E quindi? Beh, come ho detto ritengo sensatissimo l’approccio per incentivi/disincentivi del governo Draghi basato sul green pass. Ma spero che la faziosità politica e l’intolleranza del “cittadino razionale medio”, fomentato dal narcisismo social di alcuni commentatori, non porti a decisioni aggressive come forme estese di licenziamento in settori non strettamente legati alla risposta sanitaria., o altre forme di contrapposizione dura.

E qui vengo al punto finale del mio ragionamento. La battaglia contro l’insensatezza scientifica dei no-vax, così come molte altre, parte dal riconoscimento che solo un’assunzione di responsabilità dei singoli può evitare effetti che colpiscono tutti. In altre parole, la libertà democratica è pienamente fruibile solo nella responsabilità. E la responsabilità si impone male per legge; la responsabilità si respira, si vive con l’esempio. Il green pass, nella sua forma base, suscita responsabilità: ti mette di fronte alla scelta tra l’egoismo del non vaccinarsi, campando da furbo senza inesistenti conseguenze in mezzo ai vaccinati, e il desiderio di vivere una vita piena fatta anche di una visita al museo o di una cena al ristorante. E’ equivalente a favorire il prelievo fiscale attraverso metodi di detrazione, evitando la demonizzazione morale dell’evasore. E’ l’idea liberale che ognuno è un cittadino adulto: la tua felicità è piena solo se condivisa, ma lo Stato non deve importela, deve aiutarti a sceglierla lasciandoti spazio per fare anche ricorso.

La sinistra italiana è in gran parte figlia di Gramsci e della sua teoria di una egemonia culturale. In quel sistema l’etica è sganciata dalla scelta individuale, e i risultati si sono visti e si vedono tuttora. Ma un approccio riformista a sinistra non può disconoscere che una vigile tolleranza del folklore no-vax, bruciandogli intanto il terreno intorno col sorriso come fa Mario Draghi, è il servizio migliore all’unica forma di autogoverno possibile, la democrazia liberale. Trattare no-vax e affini da stupidi e pericolosi nemici del popolo non serve a nulla.

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