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Referendum Atac: libero bus in libera Roma

Vittorio Ferla sabato 27 Ottobre 2018
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di Vittorio Ferla

 

L’esperienza è condivisa: a Roma il trasporto pubblico non funziona.

 

Il confronto con L’Europa è umiliante

Quella che dovrebbe essere una delle più importanti e visitate capitali europee soffre di un sistema di mobilità simile ad una città del Terzo Mondo. A ciò si aggiunga una frammentazione corporativa e sindacale che impone una sequenza di scioperi e blocchi che moltiplicano la situazione di disagio. Una vera e propria emergenza che incide sulle condizioni di vita quotidiane dei cittadini, sull’accoglienza dei tanti turisti che visitano la città, sull’economia che inevitabilmente rallenta. Nulla di simile esiste a Parigi, Londra, Madrid, Barcellona e Berlino. Chiunque abbia fatto esperienza di quelle città può testimoniare il gap profondo che esiste sul piano della facilità degli spostamenti urbani. Non basta. In una città di tre milioni di abitanti come Roma, il trasporto pubblico è cruciale anche per altri motivi.

In primo luogo, per l’aria inquinata che si respira in una città in cui la gran parte dei cittadini preferisce prendere la macchina invece del tram per la totale inutilità del trasporto pubblico.

In secondo luogo, per il tempo quotidianamente sottratto al lavoro e al tempo libero dei cittadini e, pertanto, alla produttività, alla crescita e al successo delle imprese che agiscono nel tessuto urbano.

 

I numeri del disastro

I dati disponibili ci dicono che dal 2006 al 2015 l’offerta complessiva di trasporto pubblico locale è diminuita di 13 milioni di vetture-km, l’offerta di bus elettrici è stata ridotta dell’80% e l’offerta tranviaria è calata del 30%. La programmazione del trasporto di superficie non è stata mai rispettata, e quella del trasporto metropolitano quasi mai. C’è carenza di mezzi, l’età media del parco bus è ormai pari a 10 anni e quella dei tram è pari a 32 anni, mentre la mancata manutenzione delle metropolitane provoca continui ritardi e guasti. La percezione della qualità del servizio da parte dei romani va costantemente e vertiginosamente peggiorando.

 

L’invadenza della politica

Il vizio di fondo è noto. L’ATAC è stata usata da tutte le amministrazioni – di destra e di sinistra – come bacino clientelare per ottenere voti, da un lato, e per creare posti di lavoro improduttivi, dall’altro. Ancora oggi, in modo trasversale, l’interesse principale di molti eletti è quello di tutelare le posizioni di rendita acquisite negli anni e lo scambio di favori con le corporazioni.

Il nuovo governo grillino aveva annunciato il cambiamento, ma, alla prova dei fatti, la scelta della sindaca Raggi è stata in perfetta continuità con i governi del passato, anzi perfino peggio: un’alleanza sempre più stretta con i gruppi di interesse, nessun intervento in termini di produzione.

 

Un servizio inefficiente e in perdita

Il risultato è un’azienda fallita che non offre al cittadino un servizio efficiente, che perde centinaia di milioni di euro l’anno, che ha accumulato un deficit di 1,1 miliardi di euro, totalizzando più della metà delle perdite del settore a livello nazionale, e che quindi non riesce a investire in mezzi nuovi.

Il vero problema non è l’evasione sui biglietti, che – anche se eliminata – consentirebbe un recupero di appena 80 milioni, ma il conflitto di interessi tra il controllore (Roma Capitale) ed il controllato (Atac, di proprietà esclusiva di Roma Capitale).

 

Aprire alla concorrenza, con una logica europea e riformista

Per invertire la rotta occorre mettere a gara il servizio affidandolo a più soggetti, rompendo il monopolio e aprendo alla concorrenza. L’obiettivo del referendum dei Radicali va esattamente in questa direzione. Le gare stimolano le imprese, pubbliche o private che siano, a comportarsi in modo virtuoso, e l’apertura alla concorrenza introdurrebbe anche forme più moderne e innovative di trasporto.

Liberalizzare non vuol dire privatizzare. L’ATM, l’Azienda Trasporti Milanese, è pubblica al 100%. Con un partner privato ha vinto anni fa la gara per la gestione della metro di Copenaghen e la gestisce da quasi 8 anni. Mettere a gara il trasporto pubblico romano significa, dunque, tra le altre possibili soluzioni, aprirlo a provider come ATM. Solo per fare un esempio. La parola gara non è sinonimo di privatizzazione. Tutt’altro.

 

Facciamo ripartire la Capitale

Roma Capitale è ferma, così come il Paese, e ha bisogno di attrarre nuove realtà imprenditoriali che possano investire: contro i monopoli (sia pubblici che privati), ma anche contro le privatizzazioni interessate. Il referendum dei Radicali può essere lo strumento che avvia il percorso. Adesso tocca ai cittadini, da una parte, alle classi dirigenti, dall’altra. Bisogna andare a votare sì per garantire che il referendum raggiunga il quorum e per dare un volto nuovo alla città. Tutti sono responsabili.

 

 

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