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Riforme, un testo condiviso per garantire la stabilità del governo

Elisabetta Catelani martedì 5 Marzo 2024
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di Elisabetta Catelani

La ragione della mia adesione a questa maratona ed all’appello proposto dalle associazioni o gruppi, ma anche da “liberi” studiosi che come me analizzano il tema delle riforme da tempo, si fonda nel pieno convincimento della necessità di giungere finalmente all’approvazione di un testo condiviso fra le varie forze politiche e quindi frutto di una valutazione unitaria delle proposte di riforma costituzionale attualmente in discussione.

Dal 1983 ad oggi (e non a caso faccio riferimento al 1983, inizio della nota commissione bicamerale Bozzi, che può essere considerata la Madre di tutte le Commissioni bicamerali e la sede dell’ampio dibattito sull’opportunità di alcune modifiche costituzionali), varie sono state le Commissioni bicamerali in cui la discussione ha visto una collaborazione ampia di tutte le forze politiche, Commissioni bicamerali istituite, con grandi critiche da parte degli stessi costituzionalisti, ma le discussioni e le proposte in quelle emerse vengono richiamate da molti anche oggi, dinanzi alla proposta di riforma delle modalità di scelta del Presidente del Consigli dei ministri.

In particolare, faccio riferimento ai risultati della Commissione d’Alema ed in particolare alla c.d. bozza Salvi che spesso viene menzionata in questo periodo, indice che un contesto di dibattito condiviso può portare a risultati che anche nel tempo si dimostrano ragionevoli.

Non voglio dire, con questo che la Bozza Salvi debba essere utilizzata in toto nella fase attuale, né che necessariamente la strada della Commissione bicamerale debba essere nuovamente seguita, anzi, ma auspico che si possa trovare una sede in cui il dibattito fra maggioranza e minoranza possa portare ad un risultato condiviso, frutto inevitabilmente di un compromesso, così come lo è stato il risultato nell’Assemblea costituente.

Un risultato che tuttavia porti a quella stabilità governativa che è auspicata da sempre, si può dire dagli inizi del secolo scorso e che ora si fa ancor più impellente nel contesto europeo in cui viviamo in cui è necessario garantire credibilità e fiducia del nostro stato anche attraverso la stabilità. La permanenza in carica di un presidente del consiglio per 5 anni e del suo indirizzo politico, pur nel dibattito imprescindibile ed essenziale in uno stato democratico, può consentire al nostro governo di poter incidere in maniera significativa sulla elaborazione e formazione delle politiche europee. Una stabilità quindi che non riguarda soltanto la figura del presidente del consiglio, ma della gran parte della compagine governativa, delle dirigenze generali dei rispettivi ministeri e dipartimenti con la conseguente coerenza e continuità nel tempo degli indirizzi da questi elaborati.

Nonostante vi siano situazioni nelle quali il sistema elettorale attuale possa di fatto risolvere i problemi della stabilità, in molti altri casi abbiano visto una difficoltà quasi insuperabile nella formazione del governo con maggioranze contrapposte nella stessa legislatura e con il medesimo risultato elettorale. Tutto ciò non fornisce sicuramente un’immagine di solidità e di garanzia anche agli operatori economici ed è alle agenzie di rating che influiscono in maniera così determinante sulla politica nazionale sull’indirizzo politico nazionale.

Pertanto la semplice modifica della legge elettorale non pare sufficiente a garantire quella stabilità di governo che stiamo cercando da più di 70 anni.

Se quindi un rafforzamento nel ruolo del Presidente del Consiglio dei ministri costituisce una strada che deve necessariamente essere percorsa, è anche necessario che questo obiettivo venga raggiunto con la più ampia maggioranza e quindi inevitabilmente frutto di un compromesso, ma che raggiunga finalmente l’obiettivo da sempre cercato.

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