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Altro che sovranismo: al Sud serve più mercato

Natale Forlani sabato 16 Febbraio 2019
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di Natale Forlani

 

Da qualche mese, e in presenza di una costante crescita del consenso verso il governo gialloverde, mi sono permesso in più occasioni di esprimere alcune convinzioni a riguardo delle prospettive della governabilità del nostro Paese.

 

Il governo dei sovranisti

Il tentativo di ricostruire tramite una nuova iniezione di spesa pubblica in deficit, un compromesso nazionale tra aree territoriali che sviluppano opposte concezioni sul rapporto tra la politica, l’economia e il sociale;
– tale tentativo si sarebbe esaurito con l’adozione dei provvedimenti sui pensionamenti a quota 100 e sul reddito di cittadinanza;
– il sovranismo all’italiana era una sorta di foglia di fico del compromesso richiamato, rivolto a mobilitare l’opinione pubblica verso il “nemico esterno”, le istituzioni UE, ma destinato ad esaurire rapidamente i sui effetti per la mani festa inconsistenza degli obiettivi, ridotti a una generica evocazione di cambiamenti delle politiche e delle istituzioni europee, e delle alleanze per perseguirli;
¬ all’opposto, in uscita da questa esperienza di governo, si sarebbe riproposta in modo ancora più radicale la questione territoriale, in un contesto di stagnazione economica e di sostanziale esaurimento dei margini di intervento della spesa pubblica.

 

Nord e sud

Quello che sta avvenendo, l’ossessione pentastellata di erogare i sussidi del reddito di cittadinanza, e l’accelerazione imposta dalle regioni del nord sul tema delle autonomie, non sono altro che la “fase di riscaldamento” di quello che è destinato a diventare il tema centrale del confronto politico e le condizioni per governare il nostro Paese.
E sarà un problema specifico della nostra Italia, unico tra i grandi paesi aderenti alla UE, che fa convivere al suo interno regioni e aree territoriali economicamente allineate con le migliori performance europee, e quelle del mezzogiorno che competono per evitare la maglia nera per le aree depresse.
Non è solo una questione di ripartizione di risorse, tema comprensibilmente al centro dell’attenzione, ma sul quale un compromesso è possibile. Ad essere radicalmente diverse sono le dinamiche dello sviluppo. Riallineare le condizioni di partenza non basterà ad evitare che nel medio periodo si riproduce il divario di crescita. Questa è la vera questione che si evita accuratamente di affrontare.

 

Lo sviluppo del reddito nazionale

Semplificando all’estremo, possiamo affermare che lo sviluppo del reddito nazionale, avviene in tre segmenti: nel mercato privato ufficiale, nelle economie collegabili alla spesa pubblica, nel lavoro sommerso.

In buona parte del nord e del centro Italia è la prima componente ad essere dominante, a condizionare il comportamento e la qualità della seconda, la pubblica amministrazione, e con il sommerso che genera una ulteriore quota di reddito, sottratta alla imposizione fiscale, ma essenzialmente aggiuntiva a quella ufficiale.
In buona parte del Mezzogiorno, alle evidenti difficoltà di affermare una solida economia di mercato, si contrappone una crescente domanda di intervento pubblico, che nel tempo si è tradotta in apparati inefficienti e sussidi assistenziali che convivono con la lavoro di un lavoro sommerso che sottrae quote di produzione e servizi a quello ufficiale. Come noto gli equilibri tra i tre segmenti vengono influenzati dalle organizzazioni malavitose.

 

Il problema del Mezzogiorno? Allargare l’area del mercato privato

Quindi, il problema centrale delle politiche economiche nel mezzogiorno è come allargare l’area della economia di mercato ufficiale privata.
Ebbene, ieri sera ho sentito il “liberale” Berlusconi, riaffermare che con gli introiti della flat tax, oltre ad aumentare le minime di pensione a mille euro e sgravare fiscalmente li imprese, le famiglie e il lavoro, si potrà conciliare l’autonomia delle regioni del nord con nuovi trasferimenti di risorse a quelle del mezzogiorno.
Guardo a sinistra… oltre la generica evocazione di piani straordinari per le infrastrutture, che dovrebbero fare leva su governatori tipo Emiliano (sic) il problema principale è diventato quello di marcare le distanze da Renzi.
I 5 stelle riproporranno, per rilanciarsi, il taglio degli stipendi ai parlamentari, dopo che hanno accuratamente evitato di farlo quando nell’occasione della riduzione dei vitalizi alle vedove degli ex parlamentari. E ovviamente, amplieranno il reddito di cittadinanza e I lavori socialmente utili.

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