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Aprire e allargare il Pd. Ma come?

Alberto Colombelli giovedì 17 Gennaio 2019
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di Alberto Colombelli

 

Il percorso di ciascuno di noi è sempre guidato dalla nostra specifica storia. Dopo molte sfide vissute in questi anni in prima fila, da nativo democratico mi ritrovo per la prima volta ora ad affrontare il Congresso in corso all’interno del Partito Democratico in modo “laico”. Con l’interesse che mi appare sempre più rivolto a cercare di ricordare i motivi per cui proprio questo Partito seppe generare in me ispirazione politica.

 

Tra idealismo e cinismo…

Così mi ritrovo quasi nostalgicamente anche a recuperare le originarie pubblicazioni di Michele Salvati, forse oggi un po’ dimenticate, sull’origine e sull’identità del Partito Democratico, partendo dal suo appello su “Il Foglio” del 10 aprile 2003, con cui fu il primo a teorizzarne la nascita quale unico soggetto di centrosinistra di tutti i riformisti, per arrivare fino ai due libri che egli gli dedicò, “Il Partito Democratico. Alle origini di un’idea politica”, del 2003, e soprattutto proprio alla vigilia della sua costituzione “Il Partito Democratico per la rivoluzione liberale”, del 2007.

Un recupero rivolto a cercare di collocare quella esatta illuminante visione nell’ambito dell’attuale contesto, che ancor più di allora e più che mai richiede il pronto rilancio di una politica di speranza perché possa essere di nuovo preferita ad una ormai diffusa politica di scetticismo. Che significa riuscire a ricostruire condivisione e consenso su un progetto che possa riportare a preferire il coraggio alla paura, l’apertura alla chiusura, le soluzioni ai problemi, gli ideali al cinismo.

E proprio su questo ultimo aspetto si dirigono le mie principali riflessioni, di fronte alle scelte che siamo tenuti, che sono tenuto, a fare. Perché il senso di ogni scelta non voglio che sia in alcun modo dettato nemmeno da questioni tattiche che in qualche modo lo possano guidare, lo vivrei come una personale sconfitta. Da qui, esattamente da qui, il mio naturale approdo ad una partecipazione “laica” e lo svilupparsi di conseguenti riflessioni.

 

“Dentro ogni persona cinica, c’è un idealista deluso” (George Carlin)

Non è una novità. Mi capita spesso, da sempre, di sentirmi dire che sono un idealista. O meglio, di sentirmi dare dell’idealista. Perché la particolarità è che quando mi viene detto non è mai inteso come un complimento, o perlomeno come una caratteristica positiva. Anzi, come una mancanza, di sufficiente cinismo, rispetto quanto richiede il nostro tempo. Mi accade in vari distinti ambiti. Mi accade da sempre, ieri come oggi. In alcuni momenti più di altri, e questo è uno di quelli. Penso mi accadrà anche domani. O perlomeno cercherò che accada, ancora e sempre, con tutte le mie forze.

 

…una partecipazione “laica” e impegnata

“E’ diffusa l’opinione che in questo mondo non vi siano più figure eroiche. Il cinismo e la disperazione ci fanno credere che il coraggio morale si sia spento. Non è così. Ci sono persone tra noi che ancora possiedono quel valore” (Kerry Kennedy)

“Con il suo idealismo, un idealismo sobrio ed insieme pugnace, ci ricorda che il potere di cambiare questo Paese è nostro” (Barack Obama, Ricordo del Presidente John F. Kennedy, Smithsonian’s National Museum of American History, Washington, 21 novembre 2013)

Una partecipazione “laica” che non significa disimpegno. Anzi, che accresce il desiderio di offrire contributo a quella che considero e vivo da sempre come una vera missione collettiva. Da apportare oggi sostenendo con ancora maggiore impegno e determinazione quei progetti con proiezione europea ai quali sin dallo scorso 5 marzo ho avuto la fortuna e l’onore di poter partecipare, e di cui proprio in queste pagine ho avuto occasione di illustrare in miei precedenti articoli. In particolare la costruzione, con il Partito Democratico protagonista, di una nuova alleanza per il progresso e per l’Europa tra tutti i riformisti, progressisti, europeisti in Italia e in Ue promossa con visione e perseveranza da Sandro Gozi sin dal giorno successivo alle ultime elezioni politiche, mettendo a disposizione il suo importante patrimonio di consolidate relazioni ai massimi livelli su cui può contare a livello europeo.

 

Le dichiarazioni di Zingaretti

Una questione chiave del nostro tempo da risolvere ormai quanto prima nella sopraggiunta imminenza delle prossime elezioni europee del 26 maggio 2019, le prime davvero a grande valenza politica, in cui si confronteranno, a viso aperto, questa volta davvero profonde differenti visioni sul futuro dell’Unione europea e conseguentemente sul nostro futuro.

In questo quadro, nell’ambito del dibattito congressuale in corso ovviamente tra gli altri ha attirato la mia attenzione la dichiarazione di Nicola Zingaretti con cui, nell’ambito della sua intervista pubblicata da Il Messaggero l’11 gennaio scorso, ha avanzato la possibilità di una lista aperta alle elezioni europee, anche con la disponibilità a rinunciare al simbolo Pd, per promuovere un progetto forte e unitario capace di opporsi alle forze populiste e sovraniste che minacciano come non mai la  democrazia liberale, lo stato di diritto e la tenuta dell’intero progetto politico europeo.

Una dichiarazione di cui non posso che essere contento quale passo avanti proprio nella direzione verso la quale sto dedicando la parte decisamente prevalente del mio impegno politico e civico sin dal 5 marzo scorso.

Evidente l’apprezzamento in senso generale considerato che apparivano immediatamente in linea con l’appello solo pochi giorni fa lanciato da Sandro Gozi il 2 gennaio 2019 su “Huffington Post” per un risveglio civico in Italia e in Europa, sostenuto e promosso da “Libertà Eguale” nella sua pubblicazione del 6 gennaio 2019.

 

Allargare le alleanze. Ma come? Questioni aperte

Così come altrettanto evidente che, proprio perché a conoscenza della complessità che lo sviluppo di un tale progetto comporta, prima di potermi davvero esprimere favorevolmente nel merito tuttavia ci sia la necessità di alcuni fondamentali approfondimenti. Due in particolare.

Primo, l’annuncio riguarda una lista aperta da creare in Italia senza al momento offrire più precise indicazioni su quali risultino gli effettivi destinatari dell’appello. Nell’intervista viene offerta una traccia di percorso (“Dobbiamo aprirci e allargarci, aggregare forze culturali, economiche e sociali per dare un’idea che c’è un’Europa da rifondare. […] Dobbiamo ripartire dal Pd come promotore di una lista ampia, con il protagonismo degli intellettuali del mondo della ricerca e della scuola, del mondo del lavoro, dei giovani e dell’associazionismo.”), che pare orientarsi se non proprio al civismo comunque a interlocutori non puramente politici e quindi in ogni caso non riconducibile alla proposta sempre per una lista allargata a lui pervenuta da esponenti di altre forze di sinistra circa un mese fa all’apertura della campagna congressuale.

Secondo, in merito all’ancora più importante punto dell’alleanza da costruire in Unione europea qui nulla si è finora detto, quindi si può presupporre che venga confermato che il PSE (o meglio il poco più ampio raggruppamento S&D) debba continuare a viaggiare da solo. In caso contrario sarebbe necessario sapere se sono già in corso avanzati contatti con altri gruppi, partiti e movimenti europei e anche in questo caso con quali.

Sono entrambe questioni centrali, per le quali non ci resta che contare di poter ovviamente presto disporre di maggiori riferimenti sia sulle effettive intenzioni sia sulle concrete relazioni avviate, visto che anche in passato annunci sul secondo dei due punti sopra indicati ne sono stati fatti anche da chi addirittura già era Segretario del Partito Democratico (che nel settembre scorso a Salisburgo all’incontro tra i segretari dei partiti del PSE si espresse favorevolmente all’alleanza transnazionale nella formula da Macron a Tsipras) senza che poi si sia avuto alcun seguito, anzi avallando subito dopo la nomina dì Timmermans quale spitzenkandidaten per la carica di Presidente della Commissione europea per il solo PSE.

Sono questioni da chiarire che richiedono conferme per non apparire annunci un poco accelerati prima del loro approfondimento dall’accendersi del clima elettoralmente “caldo” che inevitabilmente ogni volta si determina nella nostra condivisa esperienza all’apertura delle Convenzioni di circolo, nelle quali i voti cominciano concretamente a pesare nella scelta del Segretario Nazionale.

Sicuramente saranno chiarimenti che arriveranno. Di cui restiamo in fiduciosa attesa. La serietà della questione è talmente importante, le attese di un parte del Paese che non trova al momento una propria rappresentanza talmente alte, che il senso di responsabilità di tutti in un momento storicamente così difficile ci condurrà nella giusta direzione. La buona notizia è che da qui alle elezioni europee abbiamo poco più di quattro mesi. Un tempo che la Storia mette a nostra disposizione per poter fare la differenza. Viviamolo così, facendoci ispirare una volta di più dalle preziose parole con cui Barack Obama si rivolse alle giovani generazioni durante la campagna elettorale per le ultime elezioni americane di Midterms.

 

Serve una rinascita culturale

“Questi tempi sono straordinari. E sono tempi pericolosi. Ma ecco le buone notizie. In pochi mesi abbiamo la possibilità, non la certezza, ma la possibilità, di restituire qualche parvenza di sanità alla nostra politica. Perché in realtà c’è solo un controllo reale su cattive politiche e abusi di potere, e questo siete voi. Voi e la vostra partecipazione. Voi e il vostro voto” (Barack Obama, Illinois University, 7 settembre 2018)

Cerchiamo di essere promotori di questo messaggio, non chiudendoci in noi stessi ma contribuendo ad una missione collettiva che ormai non è più solo politica ma di rinascita culturale, in Italia e in Europa. Non abdichiamo rinunciando alla nostra ambizione di parlare a tutti. Ma anzi rilanciamola con ancor più determinazione e convinzione.

Contribuendo e facendoci diretti promotori di ogni progetto davvero capace di ispirare e di riaccendere la partecipazione, rafforzando la nostra missione, collettiva più che mai.

Ne va del nostro futuro di libertà, di democrazia e di pace.

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