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di Umberto Minopoli

 

Intervento all’Assemblea di Libertà Eguale – Orvieto, 29 settembre 2019

 

C’è un equivoco.

Molti credono al mantra di Greta: la transizione energetica verso un mondo ad emissioni zero non si fa perché i ricchi si oppongono. No. Si oppongono i poveri. Per un motivo, purtroppo, irriducibile: il costo della mitigazione climatica. Nessuno adulto, siamo ipocriti e disinformati, se lo chiede nel moralistico commento compiaciuto alle manifestazioni dei ragazzi. Di essi possiamo apprezzare la sensibilità all’ambiente ma avremmo il dovere di indicare loro le verità sul clima.

Anzitutto una domanda: perché le politiche antiemissive di CO2 non progrediscono? Colpa dei ricchi, come dice Greta? E’ il contrario. Stiamo finendo in una trappola e in un vortice di ipocrisia: i ragazzi credono, davvero, che ci sia una data (2050) per decarbonizzare il mondo. Gli si fa credere che questo obiettivo sarebbe sostenuto dalla scienza- listen to science, grida Greta. E che sarebbe alla nostra portata se non fosse ostacolato, per vanità e cupidigia, dalla resistenza dei potenti, dei paesi ricchi, delle multinazionali ecc. Di qui le invettive di Greta.

La responsabilità degli adulti (politici, giornalisti, intellettuali) è che, per conformismo, vanità e ignoranza, vezzeggiano i ragazzi e non dicono loro due verità. Che sono amare e deludenti ma, nondimeno, sono verità.

 

A che ora è la fine del mondo?

La prima: non esiste (nessuno scienziato potrebbe dirlo) una deadline della fine del mondo. Ciò che, nel mondo degli esperti si ipotizza è questo: a politiche emissive invariate le temperature medie del pianeta potrebbero, al 2050, aumentare + 2 gradi (rispetto al +0,9 gradi registrato dal 1850 ad oggi). Ci si auspica di contenerle invece in un +1,5 gradi. Questo è il nudo dato tecnico. Su cui si è costruita, invece, una narrazione millenaristica di catastrofe annunciata: se stessimo entro l’1,5 non si morirebbe e ci adatteremmo al clima più caldo. Se sgarrassimo e dovessimo arrivare a mezzo grado in più il pianeta imploderebbe e la specie si estinguerebbe. Si deve essere scienziati per capire l’inconsistenza e la follia di questo “ragionamento”? Ci adatteremmo a 1,5 gradi in più e non a mezzo grado in più? Questa è la prima verità. Che non si dice ai ragazzi.

 

Il costo economico delle emissioni zero

E veniamo alla seconda. Che è molto più grave. E che, da adulti irresponsabili (e disinformati) taciamo ai ragazzi. E che è questa: la transizione al 2050 ad emissioni zero di Co2 ha un tale costo economico che risulta insostenibile.

Innanzitutto: vale davvero la pena? Vale la pena spendere tanto per ottenere pochissimo, quasi niente? Prendiamo la Germania. Si propone di spendere 44 miliardi di dollari in 4 anni per tagliare la sua CO2. Sapete a cosa ammonta in termini di aumento della temperatura (se poi davvero, e non è provato, la correlazione taglio CO2/temperatura funzionasse)? Leggete bene: 0,00018 gradi di aumento in 100 anni. Forse la Germania, se accetta di decrescere, può accettarlo. Ma, mettiamo, il Messico, il Brasile, l’India o paesi africani possono sostenere questa spesa? E ricordiamo: questa spesa (quasi inutile) per il clima viene sottratta ad altri progetti più urgenti (welfare, sanità, istruzione ecc ).

Si calcoli il costo della strategia della Conferenza di Parigi sul clima in 4500 miliardi. E’ il più costoso piano di spesa mondiale della storia. E non è un new deal, un piano di investimenti che crea ricchezza. E’ spesa: senza moltiplicatori di sviluppo. Che porterebbe ad un risultato peggiore dell’obiettivo che si vorrebbe raggiungere: una recessione mondiale senza precedenti. Che penalizza, anzitutto, i paesi emergenti o che stanno fuoriuscendo (grazie alle energie fossili) da secoli di sottosviluppo. Per ottenere, e non è detto, percentuali infinitesime di gradi di temperatura? Chi copre il conto? Non possono essere i paesi poveri, è ovvio. Ma pensate possono farlo quelli ricchi? Senza entrare in una recessione che, oltre ai costi interni, bloccherebbe la domanda mondiale e quindi aumenterebbe la povertà nel mondo?

 

Per finire

Insomma non c’è soluzione, abbiamo il dovere di dire a Greta la verità: non esiste la via rapida e accelerata alla decarbonizzazione. Porta alla crisi per inedia, decrescita e sottosviluppo. Un mondo peggiore di quello che Greta lamenta gli abbiamo lasciato. Bisognerebbe far capire ai ragazzi che ci accusano che loro, se gli adulti di oggi cedessero all’ansia della fine del mondo e si incamminassero sulla strada della spesa per il clima e della decrescita, lascerebbero ai loro figli un mondo assai più brutto di questo che noi abbiamo consegnato loro.

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