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Democrazie sotto stress. Europa, Italia, America secondo Fabbrini

Stefano Ceccanti domenica 20 Marzo 2022
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di Stefano Ceccanti

 

Sergio Fabbrini ha raccolto in un volume i suoi illuminanti editoriali domenicali sul Sole 24 Ore dal settembre 2020 al gennaio di quest’anno, arricchendoli con un’Introduzione altrettanto efficace dal titolo “Democrazie sotto stress”. Il senso del volume, e più in generale dei suoi scritti, lo spiega in un post scriptum alla sua Introduzione.

Per Fabbrini ci sono tre tipi di intellettuali che hanno contributo ad abbassare in modo rilevante il livello del nostro dibattito pubblico:

– i “partigiani” che intendono testimoniare solo un punto di vista, disinteressandosi della qualità del sistema democratico in cui si inseriscono, che una volta stavano soprattutto a sinistra e che oggi invece si incontrano più frequentemente a destra;

– i “dilettanti” che si improvvisano esperti di tutto non essendo in realtà conoscitori di niente e

– i “cialtroni” che sono così prigionieri del loro ego al punto da poter sostenere qualsiasi tesi pur di essere al centro del dibattito, magari cambiandola repentinamente (pp. XXIV-XXVI).

Di fronte a questi limiti della cultura pubblica è invece necessario che gli “intellettuali pubblici” (secondo la definizione di Cassese) sulla base delle proprie conoscenze riescano a offrire anche a un vasto pubblico delle considerazioni che siano espressive, oltre che delle proprie tesi di parte, di una “cultura democratica di sistema” che sia quindi così promossa in modo efficace (p. XXV).

La prefazione del Commissario europeo Paolo Gentiloni ci ricorda che la Ue è riuscita a rispondere bene alla pandemia, con un insieme di iniziative che ha sorpreso molti. Per quanto Next Generation Ue sia uno strumento temporaneo, spiega Gentiloni, esso dovrà fare scuola. In particolare, pur avendo scritto prima dell’aggressione russa in Ucraina, Gentiloni era già molto chiaro rispetto al dovere di rilanciare sulla politica estera e di sicurezza, da svincolare dall’immobilismo dell’unanimità (p. XI).

Da qui parte in sostanza Fabbrini per chiedersi se al di là dell’emergenza pandemica l’Ue sarà in grado di rispondere alle sfide che la attendono (P. XVIII) e con essa gli Stati membri, visto che ormai la frontiera su quello che è interno ed esterno, nazionale ed europeo, è pressoché incomprensibile da tracciare e così pure i rapporti di causa ed effetto tra scelte nazionali e definizione della cornice europea.

In questo volume Fabbrini propone anche una lettura del Governo Conte 2, come ponte tra l’esecutivo precedente legato a derive populiste da cui riesce comunque ad emanciparsi e quello successivo di Draghi, capace finalmente di riscrivere in modo convincente il Pnrr, cosa che ancora non era riuscita a Conte (p. XIX). Fabbrini però invita a guardare dentro le debolezze permanenti del nostro sistema, non risolte dall’affermazione provvisoria di Draghi: il nostro bicameralismo paritario è un’anomalia pesante, il procedimento legislativo non funziona tanto che siamo costretti ad aggirarlo con un monocameralismo di fatto persino sulla legge di bilancio, il Governo non è protetto rispetto alle crisi ed anche il ricorso permanente a governi di unità nazionale non può essere visto come una fisiologia.

Questa unità, necessaria in questa fase, è anche una premessa sicura di un’alternanza non traumatica, che tiene i fondamentali, i rapporti euro-atlantici, al riparo della competizione? Fabbrini qui è preoccupato perché vede ancora i residui, sia a destra sia a sinistra, di culture politiche con elementi di antiamericanismo, di antieuropeismo che ancora incidono nel sistema (p. XXI).

Se ci spostiamo sull’altro lato dell’Atlantico anche lì il quadro non è esente da contraddizioni: Trump è stato per il momento accantonato dal voto degli elettori, ma il trumpismo, ossia quella particolare forma di nazionalismo bianco ostile al multiculturalismo esterno e al multipolarismo nel mondo, è vivo e vegeto, domina ancora i Repubblicani, in un clima di polarizzazione estrema che rende difficilmente governabile un Paese con un’architettura istituzionale fondata su poteri di veto reciproci tra le istituzioni (pp. XXII-XXIII) e le elezioni di mid term del novembre prossimo non promettono di migliorare la situazione.

Gli editoriali sono quindi suddivisi in tre parti tematiche i cui titoli esprimono in modo sintetico ed efficace le tesi prima chiarite: “La democrazie europea: Von der Leyen non basta”; “La democrazia italiana: Draghi non basta“; “la democrazia americana: Biden non basta”. Negli editoriali, che nel frattempo Fabbrini continua a scrivere, sono contenuti gli indirizzi capaci di colmare i limiti individuati all’Autore. Forse la crisi ucraina ha aiutato nel frattempo a capire bene come alcune proposte non fossero affatto utopistiche o astratte. Conclude il Volume, come postfazione, la ripubblicazione delle parti fondamentali dell’intervento del presidente Mattarella alla Sorbona del 5 luglio 2021 sul futuro comune nell’Unione europea (pp. 309/314).

S.Fabbrini “Democrazie sotto stress. Europa, Italia, America”, Il Sole 24 Ore, Milano 2022

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