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Francia, la svolta sul nucleare

Umberto Minopoli sabato 20 Novembre 2021
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di Umberto Minopoli

La Francia annuncia il suo megapiano per la transizione: più rinnovabili, ma soprattutto, decisa e ambiziosa svolta sul nucleare.

L’Edf, il gestore francese, annuncia: 14 nuove grandi centrali EPR (1600 MW) entro il 2050 (ben sei, promette Macron, saranno annunciate entro il 2022); massiccio investimento nei piccoli reattori avanzati (smr); forte ricorso all’idrogeno gia’ nel prossimo decennio.

Prodotto per via nucleare, l’idrogeno risulta meno costoso e più a portata di mano di quello generato da rinnovabili. Che noi vagheggiamo per il 2030.

La Francia, insomma, in pochi anni, oltre che di elettricità abbondante sarà dotata dei carburanti verdi in quantità. Ma Macron afferma, giustamente, che il nucleare sarà, per la Francia, l’occasione di una “grande reindustrializzazione”, oltre che renderla l’unica grande economia che può, realisticamente, centrare gli obiettivi della Net zero.

In vista della Presidenza francese dell’Unione, Macron propone la via nucleare come occasione per l’intera Europa. E sarà così.

Noi abbiamo solo da recriminare: con il referendum antinucleare del 2011 abbiamo perso l’occasione. Dieci anni fa l’Enel aveva, con l’Edf francese, un patto strategico sul nucleare. Che avrebbe consentito oggi, all’industria italiana di guidare, insieme ai francesi, la ripresa del nucleare. Che significa anche lavoro, tecnologia, crescita.

Quello francese (insieme ad altri nazionali) è il più ambizioso programma nucleare dagli anni 70 ad oggi. Per molto meno, un decennio fa, si parlò di rinascimento nucleare. Unici al mondo, col referendum, cancellammo anche gli accordi industriali (e non solo quelli sull’Epr francese). Ci autoeliminammo dalla possibile ripresa dell’industria nucleare. E oggi dobbiamo mangiarci le mani.

Miopia e assenza di visione. E ora? Stiamo a guardare?

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