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Il debito, il pd e la critica di Fraccaro

Giorgio Tonini mercoledì 23 Maggio 2018
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di Giorgio Tonini

 

Riccardo Fraccaro, autorevole esponente del Movimento Cinquestelle, è un deputato che stimo e al quale auguro sinceramente, nell’interesse del Trentino, di essere chiamato alla guida di un importante ministero. Proprio per questo, ritengo che non possa essere lasciata passare senza una risposta la critica che l’on. Fraccaro ha espresso, nel suo intervento sull’Adige di martedì scorso, nei riguardi della politica economica dei governi a guida Pd della passata legislatura. Non si tratta di difendere retrospettivamente un governo, una maggioranza parlamentare e un partito che sono stati (siamo stati) sonoramente sconfitti alle elezioni del 4 marzo scorso: il popolo ha parlato e il suo giudizio è inappellabile, naturalmente fino alle prossime elezioni. Si tratta piuttosto di capire e di discutere, in modo rispettoso e costruttivo, avendo riguardo solo all’interesse del paese, che cosa intenda fare il governo M5S-Lega che si va formando e in particolare su quali punti intenda correggere la rotta seguita nella passata legislatura.

 

Il debito è aumentato a causa dei governi a guida Pd?

L’on. Fraccaro scrive che “il debito pubblico ha subito una insostenibile moltiplicazione a causa dei governi a guida Pd, essendo aumentato di 200 miliardi in cinque anni”. Nel giudizio sul passato, l’on. Fraccaro sembra dunque considerare decisiva la cifra assoluta del debito e non il suo rapporto col pil. In effetti, in cifra assoluta, il debito in questi anni è
aumentato, anche perché non siamo ancora arrivati al pareggio di bilancio, benché anno dopo anno ci siamo avvicinati a questo obiettivo: il deficit pubblico annuo era schizzato sopra al 5 per cento del pil nel 2009 (nel pieno della crisi) ed è gradualmente sceso fino al 2,3 nel 2017 e al previsto 1,6 nel 2018. Non eravamo mai stati così vicini al pareggio. Ma finché il deficit annuo è sopra lo zero, è ovvio che lo stock del debito, che altro non è che la somma di tutti i deficit, anno dopo anno, continui a crescere, in cifra assoluta.

 

La sostenibilità del debito
E tuttavia, questa cifra assoluta non ha nulla a che vedere con la “sostenibilità” del debito, di cui parla l’on. Fraccaro, altrimenti dovremmo dire che il debito tedesco è meno sostenibile del nostro perché, in cifra assoluta, è più grande. Dal punto di vista della sostenibilità, il dato che conta è il rapporto tra debito e pil, proprio come la sostenibilità di un mutuo, per una famiglia, dipende dal reddito familiare, non dalla cifra assoluta del mutuo. Ebbene, questo dato ha visto nella scorsa legislatura, prima un rallentamento della crescita (del debito sul pil), poi uno stop, nel 2016, al 132 per cento del
pil, e infine, l’ultimo anno (2017) una prima, per quanto timida, inversione di tendenza (131,8). Dunque, pur riducendo il deficit annuale e quindi frenando la crescita del debito, siamo riusciti a far crescere l’economia (il pil) ad un ritmo superiore a quello del debito, rafforzando in misura significativa la sostenibilità del debito stesso. I dati positivi sullo spread stanno lì a dimostrare che questo è stato il giudizio dei mercati.

 

Cosa prevede il “Contratto”?
Naturalmente in democrazia non decidono i mercati, ma il popolo sovrano. E il popolo sovrano ha giudicato negativamente il nostro operato ed ha passato lo scettro del governo ad altri. La domanda che interessa tutti noi è allora la seguente: cosa intendono fare questi altri, premiati dal popolo, di più e di meglio di quanto siamo stati in grado di fare noi? Leggiamo la risposta dell’on. Fraccaro: “il Contratto di governo prevede un appropriato ricorso al deficit ed è basato su investimenti e politiche espansive in grado di avere effetti positivi su crescita, gettito fiscale e sostenibilità dei conti”.

Descritta così, la nuova politica del nuovo governo appare in totale continuità con i governi a guida Pd. Anche noi abbiamo fatto un “appropriato ricorso al deficit”, col quale abbiamo sostenuto “politiche espansive”, che in effetti hanno prodotto una sia pur ancora insufficiente ripresa della crescita economica. Forse l’on. Fraccaro intendeva dire (e questo in effetti sembra di capire leggendo il Contratto) che il nuovo governo farà un più ampio ricorso al deficit annuo, interrompendo e anzi invertendo la rotta verso il pareggio di bilancio. Solo in questo modo è del resto possibile finanziare misure di riduzione della pressione fiscale (flat-tax), insieme a misure di aumento della spesa (reddito di cittadinanza, revisione della legge Fornero, incremento degli organici delle forze dell’ordine), come quelle previste dal Contratto. Può darsi che l’insieme di queste misure dia una spinta alla crescita, ma la cifra assoluta del debito aumenterà e ad un ritmo
assai più rapido di quello fatto registrare negli anni scorsi e tanto deprecato dall’on. Fraccaro. Riuscirà il pil a crescere ad un ritmo più elevato del debito? Nessuno può dirlo e con un debito delle dimensioni del nostro, quello del Contratto di governo tra Lega e M5S appare un azzardo al limite dell’incoscienza.

 

Il rapporto con l’Europa

Ciò che potrà risultare decisivo, nello stabilire se si tratterà di un azzardo calcolato o di un raptus di incoscienza, sarà il rapporto del nuovo governo con l’Europa. L’on. Fraccaro scrive saggiamente che le politiche di bilancio del nuovo governo individueranno in modo “scrupoloso” le necessarie coperture finanziarie e i costi saranno diluiti nel tempo. Se così sarà, non sarà impossibile trovare un’intesa in Europa. Ma bisognerà spiegare agli italiani che dovranno armarsi
della stessa santa pazienza montanara (un passo dietro l’altro lungo un sentiero stretto) alla quale li esortava il ministro Padoan. In caso contrario, finiremo in rotta di collisione con l’Europa e coi mercati. E allora saranno guai seri. All’on. Fraccaro che, come me, è un trentino acquisito, vorrei suggerire la meditazione su un testo di un trentino prestato all’Italia, forse il più grande dopo Degasperi. “Il nostro debito — disse Beniamino Andreatta intervenendo in Senato nel giugno del 1990 — costituisce, per le sue dimensioni, un problema per il funzionamento dei mercati finanziari europei…

Per l’Italia questo problema si trasformerà in un costo ed in qualche difficoltà di collocamento, se verrà realizzata l’unione economica e monetaria. Se invece non verrà realizzata, questo debito costituirà un problema molto serio per la bilancia dei pagamenti (sarà necessario tenere la struttura italiana dei tassi fortemente differenziata da quella degli altri paesi) e per la credibilità delle autorità monetarie italiane”.

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