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Il senso del funerale reale nella culla della democrazia moderna

Danilo Di Matteo lunedì 19 Settembre 2022
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di Danilo Di Matteo

 

La distinzione tra vinti e vincitori, nel corso dei secoli, è sempre controversa e mutevole. L’inglese Giovanni Senzaterra (1167-1216), ad esempio, fu un re debole e sconfitto; eppure il suo nome è legato alla concessione della celeberrima Magna charta libertatum ecclesiae et regni Angliae.

Il compianto Salvatore Veca, poi, in occasione della nostra ultima conversazione, esponendomi il senso di quello che sarebbe stato il suo ultimo libro – Il mosaico della libertà. Perché la democrazia vale –, sottolineò come le varie istituzioni, dai tribunali alle chiese, dalla scuola alle forze armate, fino allo Stato nel suo insieme, non nacquero come democratiche; piuttosto, alcune più altre meno, si democratizzarono gradualmente. E sottolineò l’importanza della rivoluzione puritana di Oliver Cromwell (1599-1658) in tale percorso. Come dire: un Regno, come quello britannico, considerato generalmente la culla della democrazia moderna (e dell’anglicanesimo), deve ciò, tra l’altro, a un movimento repubblicano e calvinista, assai articolato al suo interno. Restano memorabili a tal proposito i sermoni pronunciati dai predicatori puritani dinanzi al Parlamento inglese, pur nella consapevolezza della diversità dei compiti della predicazione rispetto a quelli del potere politico.

Insomma: è la dialettica storica, come si sarebbe detto in altri tempi. O meglio: un groviglio lungo e complicato di vicende, spinte, scontri, sollecitazioni, contraddizioni vere o apparenti.

Ecco, forse Elisabetta II – quella donna minuta di cui ora resta solo un corpo senza vita – ancora incarna, agli occhi di mezzo mondo, in Occidente e anche altrove, tutto ciò. La storiografia si alimenta di documenti, archivi, testimonianze, contributi di varie discipline. E la storia è popolata per lo più da donne e uomini senza volto e senza nome, della loro carne, del loro sangue, delle loro ossa; di infiniti drammi privati o pubblici e di interminabili tragedie. Poi, però, vi sono persone che paiono condensare una parte significativa, benché sempre piccola, di tali vicende. Nomi, volti, gesti che riescono a loro modo a esprimere un’epoca o un secolo.

Il funerale della regina, così, pur essendo, in fondo, un rito come tanti altri, finisce per coinvolgere una, anzi più nazioni – quelle del Regno Unito – e, appunto, più di mezzo mondo. Potenza dei mass-media, nuovi e tradizionali, sostengono alcuni. E, mi sento di aggiungere, potenza della forza di evocare e suggestionare, in senso etimologico: suggerire, alludere. Evocazione di ciò che l’Occidente è o vorrebbe essere e delle sue relazioni con il resto dell’umanità.

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