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La narrazione dei riformisti? È il progresso

Umberto Minopoli venerdì 22 Febbraio 2019
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di Umberto Minopoli

 

 

Quanti andranno a votare? Chi conosce l’oggetto delle primarie? A quanti è stato possibile cogliere le differenze tra i competitori? Così la gente non si affascina.

 

Le primarie del Pd

Nelle ultime primarie del Pd votarono in 2 milioni. Primarie di popolo. Lì c’era da difendere un progetto di governo e una leadership (Renzi) di governo. Oggi il Pd è all’opposizione. E non appare nemmeno determinante. Ma non fa neppure nulla per essere attrattivo. Anzi.

Il congresso è stato indirizzato su un crinale di introversione, autoflagellazione e autopunizione:

– la sconfitta del 4 marzo descritta come catastrofe;

– le colpe attribuite al solo leader del tempo;

– l’eredità del Pd di ieri (il riformismo e l’azione dei governi Pd) descritti come male di cui chiedere scusa;

– l’assenza di scommessa e sfida sul futuro (il Pd è riuscito a far capire, soltanto, che spera, anzi sperava, in un ripensamento dei 5 Stelle per allearsi.

La discussione diventa l’occasione per una domanda: qual è la narrazione, oggi, del Pd? Può un partito vivere senza una narrazione? Conveniamo tutti che no. Ma quale narrazione può avere un partito riformista, che vuole cambiare (in meglio) la realtà? E nelle condizioni di una società complessa, con vincoli e compatibilità da rispettare, in epoca di globalizzazione e senza strumenti autarchici su cui far leva?

Per i populisti è facile la narrazione: sovranismo, autarchia; ogni rivendicazione è un diritto; si a tutte le richieste ecc.

 

La narrazione per i riformisti

Ma per i progressisti, i riformisti, i realisti quale può essere la narrazione? Ho una mia tesi: la narrazione dei riformisti deve essere insieme carica di realismo e debordante di ottimismo.

E partire da una convinzione, di principio, di visione del mondo (un tempo si chiamava ideologia): il mondo, se non lo si ingabbia e lo si incasina con le velleità e gli strafalcioni dei populisti, va sempre verso il meglio. E’ il progresso. Che è mosso da molle fortissime: la tecnologia, la cultura, il progresso scientifico.

Questa idea del mondo distingue le narrazioni da società aperta, riformiste e ottimiste, dalla narrazione populista, pessimista e catastrofica. Per loro la tecnologia distruggerà il lavoro, la crescita è una cosa insostenibile, la cittadinanza dovrà essere pagata da sussidi, il futuro sarà l’ozio. E io ci aggiungo pure il pessimismo ambientale: ogni opera (scavo, costruzione, infrastruttura, intervento ecc) distrugge l’ambiente, il clima, avvicina la catastrofe.

 

Il progetto riformista

Ma torniamo al congresso del Pd. E’ proprio vero che una narrazione va trovata? E’ falso. Per 5 anni il Pd una narrazione l’ha avuta: il progetto riformista di Renzi. Che è stata una piattaforma coerente di propositi, idee, progetti, riforme (economiche, civili, sociali, istituzionali) mossa da alcuni drivers:

– fiducia (nella scienza, nella cultura, nella competenza, nel progresso);

– sfida della crescita, della produttività, dell’efficienza;

– ottimismo.

E metodo riformista: i vincoli dell’economia non si violentano. Altrimenti l’economia si vendica. E arriva l’austerità. Basta la sconfitta del 4 marzo per dichiarare (come fa una parte del PD) la disfatta di questa narrazione riformista? E sopratutto: ce n’è una migliore a disposizione? A me non sembra.

 

Aggiornare non cancellare

Mi sembra, invece, che per cancellare la narrazione del 2013/2018 si stiano prendendo a prestito molti cascami, miti, idee sballate della narrazione populista. Che prova il disarmo culturale, l’assenza di rigore, la mancanza di autonomia progettuale e ideale di un vecchio, logoro, superato, arretrato Pd. Noi non siamo nostalgici. Siamo assetati di futuro. E per il futuro l’unica narrazione plausibile, efficace, realizzabile è quella riformista. Che il Pd ha avuto negli anni di Renzi. 

Quella narrazione va forse (come tutte le cose) aggiornata, affinata, attualizzata. Ma “fare piazza pulita” di essa (come ciancia una parte del PD) è un intento distruttivo per l’Italia.

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