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Taglio dei parlamentari: consigli al Pd per evitare i soliti pasticci

Carlo Fusaro sabato 8 Agosto 2020
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di Carlo Fusaro

 

Dio toglie la ragione a coloro che vuol rovinare

 

Ci sono molti argomenti per motivare il “sì” al referendum costituzionale del 20 settembre sulla riduzione dei parlamentari, ma soprattutto, a me pare, non ve ne sono per giustificare l’ennesimo “no”.

E tuttavia, anche se da 35 anni se ne parla, anche se ogni progetto di riforma ha sempre previsto una più o meno drastica riduzione dei componenti delle due Camere, anche se la riduzione è stata votata dal Parlamento in tre diverse legislature, dunque per almeno 12 volte, i riformisti istituzionali (costituzionali ed elettorali) hanno il dovere di ripetere pazientemente e pacatamente le ragioni che han portato, in ultimo, tutte le forze politiche, in pratica, a votare per la riduzione (qualcuno fra l’altro sembra dimenticare che in Costituzione i parlamentari erano meno e che quando fu fissato il pletorico numero di 630+315, nel 1963, non esistevano le regioni ordinarie con i loro consiglieri-legislatori: oggi altri 600, regioni speciali a parte: altri 284).

Ma non è questo l’oggetto di questo articolo. Avremo occasione di tornarci sopra, con calma, nelle prossime settimane.

L’oggetto di questo articolo, invece, è cercare di fermare prima che sia troppo tardi la deriva suicida che sembra aver colto parte dei dirigenti Pd, all’insegna del «o ci date la proporzionale e subito, o votiamo “no” al referendum», che oltretutto è un classico non sequitur, tipo «dove vai? porto cipolle!». Per fortuna, Dario Parrini, neo-presidente della Commissione affari costituzionali del Senato e Stefano Bonaccini, presidente ben rieletto dell’Emilia-Romagna hanno temporaneamente fermato la corsa verso il baratro d’un partito che non riesce a tenere la barra dritta nemmeno per sbaglio.

Intanto i fatti.

 

7 fatti per riflettere

Primo. Non c’è nessun collegamento, scientificamente parlando, fra riduzione del numero dei parlamentari delle due Camere e legge elettorale, proporzionale o maggioritaria che sia.

Secondo. Il Parlamento ha varato pochi mesi fa una legge con lo scopo preciso di adeguare “in automatico” (o quasi) la legge elettorale alla composizione eventualmente mutata di Camera e Senato.

Terzo. Per conseguenza il nesso legge elettorale proporzionale / referendum è solo ed esclusivamente di strategia e tattica politico-istituzionale.

Quarto. E’ ben vero che il Pd si orientò verso il “sì” solo nella votazione finale (si badi bene, però, quella decisiva) collegando la scelta ad alcune riforme anche costituzionali ritenute opportune (introduzione per il Senato di circoscrizioni interregionali, rimodulazione dei delegati regionali in vista dell’elezione del presidente della Repubblica, e – soprattutto – voto a tutti i maggiorenni, per evitare lo scandalo di una camera, decisiva quanto l’altra, ma mai eletta a suffragio universale! ed anche per agevolare una composizione politicamente analoga o uguale dei due rami del Parlamento), ma obiettività impone di ricordare che al momento delle intese di governo con il M5S mancava una sola votazione per la riduzione, ne era stata fatta una sola per il voto ai 18enni, non era neppure avviato l’iter delle altre modifiche meno cruciali. Si era a fine 2019, e poi è arrivata quella bagatella che si chiama Covid-19: pensare che si sarebbe potuto fare molto in materia è assurdo.

Quinto. Quanto alla legge elettorale poi, non era neppure stata presentata! L’atto Camera 2329 a prima firma Brescia è del 13 gennaio 2020: da quel giorno son passati solo sette mesi di cui cinque di Covid-19, e le audizioni si sono protratte fino a tutto giugno.

Sesto. Hanno votato per la riduzione 553 deputati su 569 presenti e 630 componenti (rispettivamente oltre il 97% e circa l’88% della Camera!).

Settimo. Se si va a votare è solo perché un manipolo di senatori, checché dicano, per ragioni che non avevano a che vedere col merito della riduzione, ma se mai (rinfreschiamoci la memoria) per perseguire opposte strategie legate a un altro referendum (quello elettorale chiesto dalla Lega) e alla durata della legislatura, ha impedito che la riforma fosse in Gazzetta.

 

Qualche domanda per il Pd

Ora la domanda che faccio non agli oppositori passati e recenti della riduzione (pochi, e degni di rispetto, nella gran parte dei casi: anche se non manca chi pensa alle possibilità di elezione), ma ad alcuni dirigenti Pd, segretario in testa, è la seguente: come è mai possibile che un Partito che è nato «a vocazione maggioritaria», un Partito il quale fino a ieri – incluse le forze di cui è erede (Pds, DS), da Achille Occhetto in poi, ha proposto con coerenza il maggioritario a doppio turno (per decenni uninominale, più recentemente anche di lista) in vista di una democrazia governante, un Partito che ha proposto e votato in Parlamento (con la sola eccezione dei drammatici 12 mesi di governo iperpopulista Di Maio-Salvini) tutte le riduzioni di parlamentari che c’erano da proporre e votare, parimenti per decenni, e che comunque ha votato “sì” anche a questa volta… come può non solo ipotizzare di votare “no”, ma per giunta anche solo sognarsi di farlo perché gli alleati non gli votano qui e subito una legge elettorale che potrà forse servire a ridurre (non impedire se il voto confermasse i sondaggi attuali) il successo delle destre, ma è l’esatto contrario di quanto esso Pd, appunto, ha sempre proposto?

Quale forza incontenibile che lo induce al pasticcio, quale istinto irrefrenabile alla ricerca della bella morte suicida potrebbe indurre un gruppo dirigente a una scelta (1) che contraddice la sua storia, (2) che contraddice il suo voto più recente, (3) che non può che confermare nell’opinione pubblica la percezione di una propensione inesorabile al tatticismo, (4) che non può non far pensare al disperato tentativo di salvare seggi, ancorché minoritari e che infine, per colmo dei colmi, (5) è pure pressoché certamente perdente?

Quos Deus perdere vult, dementat prius dice don Matteo al fratello maresciallo Carotenuto in «Pane, amore e…» di Dino Risi. Ma forse Zingaretti e soci sono ancora in tempo a rinsavire… O no?

 

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