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Crisi: le pagelle dei leader

Carlo Fusaro domenica 18 Agosto 2019
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di Carlo Fusaro

 

Crisi, non crisi e altre amenità. Alcuni punti fermi:

 

1) Io non credo che la crisi diventi “non più crisi”, “viva il governo Conte”; mi pare che le cose siano state spinte troppo in là; a questo punto perfino Di Maio ha preso un brodo e quindi concessioni eccessive a Salvini – che dopo tutto ha metà dei parlamentari – non le può fare; mentre il detto Salvini che figura fa se dice “ho scherzato” o giù di lì; per l’opposizione – certo – sarebbe un affarone! Per il paese non so. Quanto a Di Maio Presidente del Consiglio dei Ministri mi par fantascienza (chiaro che questa offerta come quella contestuale di Conte in Commissione UE sia un altro specchietto per allodole: per un “importante portafoglio economico”, poi. Siamo seri).

 

2) Resto – in caso di crisi – dell’idea che il c.d. governo istituzionale sia la cosa meno dannosa; a me l’idea di un accordo di coalizione Pd-M5S non convince; è vero che politicamente i rapporti non son quelli del 4 marzo 2018, ma i seggi sempre quelli sono e anche se i parlamentari Pd sono oggettivamente molto più competenti e bravi al dunque i voti son voti; e poi la distanza culturale è troppa, non lo giudico sostenibile nel medio termine: già è tanto se Pd e M5S in nome dell’interesse nazionale sostengono un governo istituzionale che faccia il possibile ed utile; e magari qualche scelta impopolare di quelle di cui abbiamo tanto bisogno.

 

3) Leaders, giochino dei voti. In ordine alfabetico:

Conte, 5. Prova ad accreditarsi come uomo di punta del M5S o – in alternativa – uomo semi super partes, alternativo a Salvini: ma gli continua a mancare la statura minima, e soprattutto, al dunque, non morde: vedi vicenda delle navi con i rifugiati salvati dal mare.

Di Maio, 5. In difesa, fa quel che può, non molto; è però aiutato dagli errori di Salvini e riesce a restare interlocutore essenziale; anche lui denuncia da tempo limiti strutturali ma tant’è, ha sempre un terzo dei parlamentari o pocomeno.

Renzi, 8. Rilancio spettacolare, spariglia con abilità, affonda Salvini che gli fa il piacere di eleggerlo a naturale alternativa; chapeau; gli pesa ancora l’impopolarità e il fatto che il suo partito lo controllano altri che non sono disposti a farsi guidare da lui, anche se gli converrebbe; e poi non riesce a togliersi il sorrisetto da fiorentino troppo furbo.

Salvini, 4. Mosse sbagliate, azzardi inutili, ferocia ingiustificata coi deboli, da padrone dell’agenda diventa in tre giorni quello in difesa, chiaramente ha sbagliato a prendere le misure e un leader che non sa valutare i rapporti di forza non è un buon leader; in confusione riapre a Conte e al M5S o dà l’impressione di farlo: nessuno sa come va a finire ma se si rimettono insieme chi ci perde è lui con la sua credibilità; vedremo i sondaggi.

Zingaretti, 6 di simpatia. Tentazione di dire: “non pervenuto”; sarebbe ingiusto e troppo cattivo; manovra con qualche abilità ma è tutto tranne un leader: può ben darsi che al Paese servano oggi persone di forza tranquilla che non sgomitano – tipo Gentiloni anche – ma a tutto c’è un limite; e la linea se l’è fatta dettare da Renzi: questo è poco ma sicuro.

Per le cose serie (fo per dire), aspettiamo la settimana prossima!

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