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di Enrico Borghi

 

Chi mi conosce sa che sono un europeista. E lo sono ancora di più alla luce della vicenda del Coronavirus, la cui emergenza ovviamente non si cura di frontiere, stati nazionali, divisioni.

Il virus non si ferma ad un check-point, non ha i timbri sul passaporto, non valuta le condizioni geopolitiche. Semplicemente si espande, secondo la logica della natura che è diversa da quella degli uomini.

Di fronte all’emergenza, continuiamo a marciare a ranghi sparsi, tra qualche dichiarazione farneticante tardo imperialista di Boris Johnson e i giochi degli specchi un pò sciovinisti di Macron costretto ad importare misure “à l’italienne” ma senza poterlo dire.

Ma l’imperizia più grande (voglio chiamarla così, voglio sperare che non sia altro) sul piano europeo sono state le parole incredibili di Christine Lagarde ieri. Così non può funzionare! Se di fronte ad una crisi potenzialmente epocale, che può creare macerie sociali ed economiche nelle nostre realtà, a Francoforte si mette in soffitta il “bazooka”e la linea Draghi, per acconciarsi su una burocratica gestione modello Fondo Monetario Internazionale, sperando sostanzialmente di scaricare la patata bollente su Commissione e Stati membri, si commette un errore esiziale per l’intera Unione Europea.

La Lagarde, con le sue improvvide dichiarazioni, non è solo responsabile del più pesante crollo di Borsa (ovvero del più grande impoverimento) mai registratosi sulla piazza di Milano (nella quale, se devo dirla tutta, non mi entusiasma certo una figura come Paolo Savona al volante della CONSOB).

No, lei è responsabile di qualcosa di più profondo: della capacità della UE di far fronte ad una crisi sistemica dalla quale -che ci piaccia o meno- usciremo tutti diversi. Per questo ho scelto la fotografia di Dresda dopo il bombardamento, per commentare la situazione.

Perché fu per ricostruire ed evitare queste cose che nacque l’Europa comunitaria. Se l’Europa perde la sua anima, trasformandosi solo in una zona di libero scambio nella quale chi deve governare si affida al cinismo di una mano invisibile che non esiste (se non per generare ingiustizie), faremo la fine di Dresda.

C’è tempo per cambiare la rotta, a cominciare dall’Eurogruppo del 16 marzo. Ma bisogna essere consapevoli che da questa vicenda non ne usciremo se non come Europei. E quindi o seppelliti, se prevarranno i cinismi alla Lagarde, o risorti se si imporranno le culture politiche che hanno fondato l’Europa e che trovano oggi nel presidente Mattarella il suo epigono.

Tertium non datur.

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1 Commenti

  1. Gianpietro OLIVARI venerdì 13 Marzo 2020

    Ben detto!

    Rispondi

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