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La proprietà intellettuale nei farmaci salvaguarda la ricerca, non i profitti

Umberto Minopoli giovedì 13 Maggio 2021
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di Umberto Minopoli

Sulla liberalizzazione dei brevetti dei vaccini Covid serve il pragmatismo di Fauci e della Merkel. Non l’ideologia e il solito attacco alla Big Pharma. Che, comunque, ha un merito storico: ha prodotto vaccini contro il Covid in meno di un anno. Fauci dice una cosa sensata: attenti, aprendo oggi dispute e liti sulla proprietà dei brevetti, a non allungare invece che accorciare la campagna di vaccinazioni nei paesi poveri.

La Merkel, sempre monumento di saggezza, ricorda che per i vaccini non serve la facilità di accesso alla formula, ma la qualità industriale per produrli: accesso ai componenti, impianti adeguati e competenza scientifica e tecnologica. Non prendiamo in giro, con la demagogia, i paesi poveri.

Piuttosto i grandi della Terra (Europa, Usa, Cina, Russia) si accordino su un piano straordinario per assicurare quantità adeguate di vaccini ai paesi e ai continenti (Africa, India) in sofferenza: non solo l’accesso ai brevetti, ma la loro fabbricazione con la garanzia di qualità necessaria. E Biden sia chiaro: oggi la priorità sarebbe esportare i propri vaccini.

L’Europa lo fa, gli Usa no. America first, sui vaccini, è uno slogan passato da Trump a Biden senza differenze. Per il Covid, se davvero servisse, si potrebbero anche trovare forme per accedere più facilmente ai brevetti. Ma senza buttare il bambino con l’acqua sporca. La proprietà intellettuale nei farmaci salvaguardia la ricerca, non i profitti. Il Covid è l’emergenza, ma abbiamo altre drammatiche tragedie sanitarie (pensiamo ai tumori) in cui la ricerca deve continuare e, anzi, essere potenziata. Senza proprietà brevettuale, l’intera governance della ricerca medica vacillerebbe. Stiamo attenti alla facile demagogia.

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