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di Ranieri Bizzarri

 

I lettori mi scuseranno se la prendo un po’ larga, ma penso che spesso la fenomenologia naturale e tecnica possa talvolta aiutare a comprendere elementi di dibattito politico.

 

Le ‘vibrazioni’ in guerra

Durante la seconda guerra mondiale alcuni aerei inglesi facevano uso di computer meccanici (pieni di ingranaggi e congegni a leva) per calcolare le rotte di navigazione e, talvolta, la traiettoria delle bombe da sganciare.

Tuttavia, uno strano fenomeno faceva impazzire ingegneri e piloti: i computer meccanici funzionavano bene durante il volo ma diventavano proni a errori molto grandi quando gli aeroplani erano a terra.

Finchè un giorno un gruppo di ingegneri realizzò che, in volo, le vibrazioni del velivolo permettevano ai congegni meccanici di muoversi in maniera più dolce e continua; viceversa, a terra, i congegni si muovevano a scatti e, in tal modo, portavano a distorsioni nei calcoli.

Con questo principio, gli ingegneri introdussero dei piccoli motorini ausiliari nei computer meccanici al solo scopo di produrre vibrazioni: i calcoli divennero consistenti sia in volo che a terra. La vibrazione dei motorini fu chiamata dither, dall’inglese arcaico didderen che si traduceva in tremare.

 

Le vibrazioni nella tecnologia

Oggigiorno il dithering è alla base di infinite applicazioni nel campo dell’audio e della fotografia digitale.

Per capire meglio il fenomeno non servono grandi conoscenze di fisica: stendete un braccio davanti a voi e aprite la mano. Adesso, guardando verso la mano, vedrete cose sullo sfondo (che so, una libreria) ma le dita della mano distorceranno il campo visivo impedendovi di vedere dei dettagli. Male, no?

Ora però cominciate a fare oscillare la mano a destra e sinistra, alternativamente. Quello che non vedevate, a causa delle dita, diviene adesso visibile. L’unica noia è un’oscillazione dell’intensità luminosa che raggiunge il vostro occhio, ma alla quale vi abituate rapidamente.

In termini tecnici: l’immagine della libreria veniva campionata in forma discreta e distorta quando la mano era ferma; il movimento della mano rimuove la distorsione al prezzo di introdurre una oscillazione dolce che il vostro cervello rapidamente pone in secondo piano.

Se non si facesse dither quando un pezzo musicale viene convertito nei “buchetti” di cui è riempito un compact disc, sentiremmo distorsioni inaccettabili al nostro orecchio.

 

Le ‘vibrazioni’ della segreteria Zingaretti

Ecco, mi si perdoni l’analogia, ma ho l’impressione che i primi atti della segreteria Zingaretti siano un più o meno cosciente dithering di alcune questioni fondamentali. Solo che in politica il dithering non penso abbia funzione positiva. Lenire le distorsioni, inevitabili, legate all’azione politica serve solo a perdere tempo e perdere in credibilità.

Cerco di essere più chiaro. Gli elettori, specie a sinistra, rappresentano un continuum di idealità, identità, conformismo, cultura, interessi, e così via. Sono paragonabili ai dettagli dell’immagine della libreria. La politica, da sempre, ha il dovere di parlare agli elettori, ma di rendere questo spettro continuo un novero discreto di policies che siano in grado di produrre risposte le più ampie e efficaci possibili. Scelte, ecco cosa fa la politica. E la storia insegna che l’azione politica è tanto più efficace quanto più le scelte sono chiare, verificabili, giudicabili e generali. Prima delle scelte, ci sono le proposte, che debbono raccogliere il consenso; ma poi, inevitabilmente, si fa una scelta.

 

In attesa di chiarezza

Dopo la sconfitta del 4 marzo e un anno di modesto dibattito, i cittadini con le primarie hanno fatto una scelta netta, Zingaretti come segretario del PD. E’ lecito attendersi una linea politica chiara, un riportare a scelte nitide lo spettro di molti dei sentimenti che albergano a sinistra. Alcuni non saranno pienamente rappresentati, altri non lo saranno per nulla, in attesa di sviluppi politici che spostino nuovamente l’equilibrio. Il gioco è questo: onesto, chiaro, dinamico.

Chi scrive dubita molto della possibilità che Zingaretti faccia scelte in senso pienamente riformista. Intendiamoci: penso che Zingaretti sia probabilmente un sincero riformista su alcuni temi; quello che manca è un quadro generale dell’azione politica riformista. Già, perché il quadro generale è l’unico che fornisce sostanza all’azione e alle scelte politiche. Mescolare gli 80 euro, il REI, ed altre politiche portate avanti nel quinquennio scorso ha rappresentato un quadro di scelte coerenti, e solo chi non coglie il quadro d’insieme rimane così impressionato dalle distorsioni inevitabili quando si traducono istanze in policies; e arriva persino a parlare di “partito dei ricchi”.

 

L’opera distorsiva nel Partito Democratico

I miei dubbi aumentano quando vedo Zingaretti impegnato in una sottile opera di dithering. Ogni giorno, con oscillazioni dolci da una parte e dall’altra, vuole ridurre la portata distorsiva di scelte inevitabili quali la politica delle alleanze, il ruolo e la visibilità di PD stesso in una alleanza larga, il principio base del PD stesso, ovvero essere un motore del riformismo in Italia, piuttosto che un corpaccione eterogeneo di (forse) idealità tenute insieme (senz’altro) da interessi politici.

In questo, riconosco che Zingaretti propone un modello diverso dalla mitica “Unione” e dal consueto doroteismo di sinistra, laddove si producevano documenti e politiche onnicomprensive al fine di soddisfare tutta la gamma delle esigenze. No, per ora si “annebbia” lo sfondo, anche se questo non impedisce di portare avanti un preciso piano politico. Ma la necessità di estendere alleanze a sinistra e/o al centro, di promuovere una dialettica locale con i movimenti civismo, di recuperare (forse) elettori al blocco populista con scelte di cauto recupero di alcune ovvie prerogative nazionali, andrebbe spiegata più che annebbiata.

Il dithering è eccellente per i compact disc, molto meno per la politica.

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