LibertàEguale

Digita parola chiave

L’invasione dell’Ucraina? È colpa dell’Occidente! Che noia i putiniani de noantri

Vittorio Ferla mercoledì 2 Marzo 2022
Condividi

di Vittorio Ferla

Non c’è niente da fare. Neanche l’invasione dell’Ucraina con i carri armati è sufficiente per far desistere gli avversari dei valori delle democrazie liberali in servizio permanente effettivo dall’idea che ogni crisi che avvenga sul pianeta è colpa del mondo occidentale.

Reporter di Mamma Rai inviati a Mosca. Intellettuali progressisti dal sopracciglio alzato. Giornalisti delle testate populiste di destra e di sinistra. Pacifisti antiamericani allevati nel mito del Vietnam. Politici di antica fede putiniana. Spaccatori del solito capello “né con Mosca né con Washington”. Analisti del “ma in fondo Putin ha le sue ragioni”. E via elencando.

È lunga la lista delle persone che, in questi giorni, esordiscono con la condanna dell’invasione dell’Ucraina, ma nel giro di pochi secondi inanellano una serie di motivi per cui, in fondo, l’Ucraina se l’è andata a cercare e, tutto sommato, la povera Russia offesa e vilipesa non poteva non reagire all’attacco dell’Occidente. Ma cosa ha cercato l’Ucraina? E quand’è che l’Occidente ha attaccato?

Il primo argomento usato da questa lista di personaggi è che la responsabilità dell’escalation sia dovuta agli occidentali, principalmente agli Stati Uniti. Si tratta di un evergreen della cultura antisistema occidentale che, sulla base dell’armamentario classico dell’anticapitalismo e dell’antiliberalismo, campa da decenni sulle ‘colpe dell’occidente’. In questo caso, l’argomento utilizzato è quello dell’allargamento a est della Nato: una iniziativa sconsiderata che avrebbe di fatto minacciato la sicurezza e l’esistenza stessa della Russia. Un argomento che si può anche comprendere nella manipolazione sistematica tipica della propaganda di un regime autoritario, ma che appare grottesca se pronunciata da questa parte del mondo.

L’argomento è del tutto infondato. Subito dopo il crollo dell’Urss la Nato propose alla Russia un partenariato per la pace. Nel 1991 il segretario della Nato assunse con Gorbaciov un impegno a non attaccare la Russia. Il tanto vituperato Occidente ha accolto molto rapidamente la Russia nel Consiglio d’Europa e nel G7. Dell’ingresso dell’Ucraina nella Nato si parla fin dal 2008 ma, non a caso, nessun paese ha forzato in quella direzione, proprio per evitare di irritare Mosca. Se un errore ha commesso l’Occidente è stato semmai quello di sottovalutare in questi anni il pericolo del revanscismo russo. Nel sostanziale silenzio dell’Occidente, Putin ha praticato una strategia di conquista sulle regioni vicine: Cecenia, Georgia, Crimea, Bielorussia, Donbass. L’etno-nazionalismo russo si è rafforzato approfittando della indifferenza dell’Occidente che oggi si è finalmente svegliato grazie all’allarme lanciato da Biden prima e alla protervia dell’attacco di Putin adesso.

Il secondo argomento utilizzato dai simpatizzanti di Putin è che, in fondo, Mosca ha ragioni storiche, culturali e strategiche per chiedere l’annessione dell’Ucraina. In realtà, le basi di questo argomento sono assai scarse. Certo, ucraini e russi hanno molte cose in comune. Ma è altrettanto certo storicamente che Mosca ha sempre visto l’Ucraina come una colonia sulla quale esercitare la propria volontà di potenza e gli ucraini come un popolo minore asservito al progetto della Grande Madre Russia.

La verità che emerge dalla storia recente va nella direzione completamente opposta. Dopo la fine dell’Unione sovietica, il 90 per cento degli ucraini ha scelto chiaramente l’autonomia da Mosca. Ma questa scelta porta con sé una tacita conseguenza: la scelta per la democrazia, per la libertà, per il benessere. Ovvero per l’Occidente. Il desiderio di democrazia è talmente forte e contagioso che ogni giorno gli ucraini ricordano a tutto il mondo di essere Europa e che la Russia, attaccandoli, attacca l’Europa. È il motivo che ha scatenato una solidarietà vastissima e che ha portato milioni di europei nelle strade al nuovo grido di Putin go home.

Qualcosa che sconvolge completamente i cliché consolidati tra intellettuali antisistema e militanti ideologici abituati a urlare le stesse cose contro l’America. Questi personaggi – che un giorno sì e l’altro pure si stracciano le vesti nel nome dell’antifascismo – hanno osservato senza battere ciglio l’invasione russa della Crimea o del Donbass, dimenticando che la giustificazione di base è la stessa che usò la Germania per invadere i Sudeti nel 1939. Si tratta di eventi che avrebbero dovuto ricordare la tragedia della Seconda Guerra mondiale e scatenare una reazione risoluta. E che, viceversa, sono stati letti come una rivincita sull’arroganza dell’Occidente e come l’occasione della Russia per uscire da un presunto accerchiamento.

La verità è tutt’altra. Da una parte, c’è Putin che, ormai da diversi anni, ha sposato una visione ideologica nazionalista e imperialista basata sul mito di una Russia cristiana e arcaica che vede nella modernità occidentale un nemico giurato. Nel nome di questa ossessione autoritaria di impronta ‘asiatica’, il leader russo tiene in vita un regime burocratico-mafioso che pretende di violare il principio di sovranità degli stati contigui e i diritti umani riconosciuti nelle carte internazionali. Dall’altra, ci sono gli ucraini che cercano disperatamente di fuggire da questo incubo e che hanno tutto il diritto di scegliere il loro destino. Che altro non è se non quello di abbracciare i valori dell’Occidente. Una scelta che fa storcere la bocca ai putiniani “de noantri”.

Tags:

Lascia un commento

L'indirizzo mail non verrà reso pubblico. I campi richiesti sono segnati con *