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Putin e il sovranismo della stirpe

Antonio Preiti domenica 27 Febbraio 2022
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di Antonio Preiti 

 

Cosa c’è, al di là della volontà di potenza, al di là del sopruso di invadere una nazione che vuole scegliere in libertà il proprio futuro, al di là del culto della forza bruta, qual è il grumo culturale dell’aggressione di Putin all’Ucraina? Nella sua narrazione colpisce, insieme alle armi, la rivendicazione di una superiorità culturale, addirittura antropologica, del popolo russo rispetto al mondo occidentale. Questa è la novità della battaglia culturale che accompagna e alimenta quella delle armi.

Il cambio è emblematico: potrebbe essere che Putin voglia riportare in luce l’Unione Sovietica; mentre però l’impostazione del passato era ideologica (il comunismo contro il capitalismo), questa guerra vuole avere ragioni ancora più radicali, addirittura antropologiche contro l’Occidente e il suo universo di valori. Il suo riferimento non è più il comunismo, da cui egli stesso proviene, ma direttamente il popolo russo, opportunamente evocato e idealizzato, insomma le ragioni della stirpe. In questo non può essere più contrapposto a tutta la storia culturale e politica occidentale. Le sue idee sono un rovesciamento totale dei princìpi su cui è stato costruito l’Occidente moderno, a cominciare dall’Europa.

Lui non riconosce le nazioni come il frutto dell’autodeterminazione dei popoli, ma come la pura conseguenza della stirpe, dell’etnia. È un concetto primordiale, fondato sul sangue. Se dovessimo adottare questo criterio quasi tutte le nazioni che conosciamo non esisterebbero più: nessuna essendo fondata sulla stirpe. Solo la Cina, e di recente la Turchia, hanno fremiti simili, seppure senza l’evidenza di Putin. Lo spostamento della discussione dal piano politico-diplomatico a quello della rivendicazione delle identità non prevede negoziazioni.

D’altro canto, basta prendere il “suo ideologo”, Aleksandr Dugin (nella foto), per vedere com’è distillato questo pensiero: “La Nazione è un concetto borghese immaginato dalla Modernità per distruggere le società tradizionali (Imperi) e le religioni, e installare pseudo-comunità artificiali basate sull’identità individuale.” Ecco, il nemico finale è l’idea tutta occidentale, dalla predicazione di Cristo in avanti, ma già presente nella cultura greca, della centralità della persona e della sua irriducibilità a qualunque appartenenza, inclusa quella etnica.

Nel pensiero di Dugin, e nell’applicazione di Putin, liberalismo, comunismo e fascismo hanno la stessa natura di essere ideologie politiche, e in quanto tali accusate di cancellare la “vera realtà” del popolo, fatta di religione, dinastie, classi sociali immobili e proprietà immutabili. Anche nella tradizione letteraria russa è la proprietà della terra che definisce la persona. Per loro bisognerebbe tornare al patriarcalismo delle verità immutate, quello che Dugin chiama “perennialismo”, cioè la realtà immutabile nel tempo, che tiene legato ogni individuo alla sua comunità, formando appunto la stirpe, e legando indissolubilmente ogni stirpe a un territorio. Il disprezzo di Putin verso l’Ucraina, stato sovrano per volere dei suoi abitanti, che non avrebbe ha una stirpe, è il sigillo di questa concezione del mondo. Con la concezione della “superiorità morale” del popolo in quanto tale, e non del popolo come insieme delle individualità irriducibili di ciascuno, questa ideologia ha provato a intrecciarsi, con qualche successo, con il populismo occidentale. Mentre il comunismo, spesso strumentalmente, sosteneva tutte le ribellioni (di territorio, di generazione, di cultura), l’ideologia sovranista della stirpe sostiene dovunque nel mondo i conservatorismi più radicali.

Questa ideologia, che parte dall’identificazione della stirpe con la sua terra, Dugin la trae da una cattiva interpretazione di Heidegger e del suo “Dasein“, l’esserci-nel-mondo, in cui la persona esiste nel tempo solo attraverso la sua comunità (non indipendentemente da essa) e ne condivide lo spazio (il territorio). L’unica funzione dello stato (e della politica) è quella di assicurare alla stirpe continuità eterna. Dal momento che la comunità può esistere prima e dopo la singola persona, la libertà di ogni individuo si riduce solo all’accettazione (o alla coercizione) di quest’unica appartenenza. Il resto è irrisorio.

La conseguenza di questi ragionamenti è che non esiste nessun universalismo, e meno che mai quello occidentale, che si fondi sulla sua civiltà sul diritto, sulla responsabilità personale e perciò sulla primazia della persona. Al massimo, possono accettare che questa sia la realtà particolare, non universale, di una parte del mondo e solo per una parte della loro storia, essendo – a loro parere – destinata a declinare e scomparire. Vi contrappongono, in una chiave geopolitica ancestrale, l’“impero eurasiatico” che, secondo Dugin, “è una direttiva geografica della storia in opposizione alla Civiltà del Mare o Impero Atlantista.” Ritorna la contrapposizione antropologica. La guerra all’Ucraina fa parte di un disegno ancora più grande, e più profondo, di totale incomprensione, anzi di avversione e di lotta, verso tutto ciò da cui l’Occidente principia, in una maniera, se possibile, ancora più affilata degli stesi blindati sul campo.

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