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Regionali francesi e sistema elettorale: lezioni per l’Italia

Dario Parrini mercoledì 30 Giugno 2021
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di Dario Parrini

 

I dati politicamente più significativi delle elezioni regionali francesi del 20 e 27 giugno sono noti: astensione record (si è recato alle urne un terzo degli aventi diritto, circa il 33% al primo turno e circa il 35% al secondo turno); conferma con ampio margine di tutti i presidenti di regione uscenti, nello specifico 5 rappresentanti del Partito Socialista e 7 rappresentanti della destra, questi ultimi appartenenti alla formazione neogollista I Repubblicani o a movimenti ad essa affiliati come Siamo Liberi di Valérie Pécresse e Les Centristes di Hervé Morin; risultati molto positivi per il polo di destra a trazione neogollista e positivi per il polo di sinistra; risultati scarsi sia per il centro macronista (che ha dimostrato di avere un radicamento territoriale assai modesto) e di netto arretramento per l’estrema destra lepenista.

Le valutazioni ricavabili in vista delle presidenziali del 2022 sono sostanzialmente due: la prima è che l’abnormità dell’astensionismo, di circa 40 punti superiore a quello delle ultime presidenziali, rende azzardata qualsiasi ipotesi sulla prossima corsa all’Eliseo costruita a partire dagli esiti delle regionali (alle legislative dell’11 e 18 giugno 2017 l’affluenza fu del 48,7% al primo turno e del 42,6% al secondo turno; alle presidenziali del 23 aprile e 7 maggio 2017 l’affluenza fu del 77,8& al primo turno e del 74,6% al secondo). Va sottolineato che i risultati delle regionali, abbondantemente condizionati da fattori territoriali, appaiono difficilmente replicabili nella competizione presidenziale, anche perché alcune intese realizzatesi nel voto locale, ad esempio l’unità a sinistra tra riformisti e estreme, si riveleranno assai poco praticabili nel voto per l’Eliseo.

La seconda valutazione è che lo scenario presidenziale ritenuto più probabile prima di questa tornata elettorale – un bis del 2017 quando i due contendenti più votati al primo turno furono Macron e Marine Le Pen – resta il più gettonato anche oggi, sebbene siano aumentate le probabilità che qualcosa cambi da qui all’aprile del prossimo anno. Perché vi sia un mutamento rilevante occorre che nel campo dei Repubblicani e/o in quello della sinistra emerga nei mesi a venire una candidatura presidenziale magnetica e potentemente aggregante. Candidatura che al momento non si intravede ma che, specialmente nei ranghi della destra neogollista, potrebbe anche materializzarsi (a scaldare i motori sono in particolare tre presidenti di regione riconsacrati dal voto dei giorni scorsi: in ordine di popolarità, Xavier Bertrand, Valérie Pécresse e Laurent Wauquiez). In dieci mesi molto può succedere. Staremo a vedere.

Altre considerazioni sui dati delle regionali: poiché in nessun caso la lista più votata al primo turno ha raggiunto la maggioranza assoluta dei consensi, come nel 2015 si è andati al ballottaggio in tutte e dodici le regioni principali (trascuriamo, per semplicità di analisi, la Corsica e le quattro regioni d’oltremare Guadalupa, Guyana, Martinica e Riunione).

Colpisce l’entità rilevante del distacco che la lista vincitrice del ballottaggio ha inflitto alla seconda classificata: 14 punti nel Grande Est (vittoria della destra di Jean Rottner), 20 in Nuova Aquitania (vittoria della sinistra di Alain Rousset), 22 in Alvernia-Rodano Alpi (vittoria della destra di Laurent Wauquiez), 18 in Borgogna-Franca Contea (vittoria della sinistra di Marie-Guite Dufay), 17 nel Centro-Valle della Loira (vittoria della sinistra di François Bonneau), 12 nell’Île-de-France (vittoria della destra di Valérie Pécresse), 33 in Occitania (vittoria della sinistra di Carole Delga), 27 in Alta Francia (vittoria della destra di Xavier Bertrand), 18 in Normandia (vittoria della destra di Hervé Morin), 12 nei Paesi della Loira (vittoria della destra di Christelle Morançais), 15 nella PACA (Provenza-Alpi-Costa Azzurra, dove ha vinto il repubblicano Renaud Muselier). Solo in Bretagna, dove la lista capeggiata dal presidente uscente, il socialista Loïg Chesnais-Girard, ha sopravanzato I Repubblicani di 8 punti (29,8 a 22%), il divario tra prima e seconda lista nel ballottaggio è stato inferiore a 10 punti percentuali. Tuttavia ciò è avvenuto solo perché socialisti e verdi hanno affrontato divisi il secondo turno, nel quale la lista ecologista guidata da Claire Desmares-Poirrier ha ottenuto il 20%. Scartata la PACA, dove la sinistra si è ritirata dopo il primo turno per sbarrare la strada al candidato lepenista in uno spirito di fronte repubblicano, soltanto in altre due regioni, Nuova Aquitania e Occitania, verdi e socialisti non hanno affrontato in lista comune il ballottaggio. In nove regioni sono andati insieme (e in tre di queste – Grande Est, Alta Francia e Paca, tutte regioni andate nettamente a destra – hanno gareggiato uniti fin dal primo turno).

La struttura dei ballottaggi è stata assai diversa rispetto al 2015, a causa dell’esistenza di un’offerta politica non più tripolare (estrema destra, destra, sinistra) bensì divenuta quadripolare (estrema destra, destra, centro, sinistra) dopo l’elezione di Macron e la comparsa sulla scena del suo partito La Repubblica in Marcia (Lrem). Sei anni fa vi furono ballottaggi triangolari (estrema destra, destra, sinistra) in 11 regioni su 12 (vi sarebbe peraltro stato un triangolare anche in PACA se non fosse intervenuto il ritiro della sinistra dopo il primo turno). Nel 2021 si sono avuti 6 ballottaggi quadrangolari, 3 ballottaggi triangolari (Alvernia-Rodano Alpi, Alta Francia e Occitania, regioni in cui il polo di centro non ha superato lo sbarramento del 10% al primo turno), 2 ballottaggi pentangolari (Bretagna e Nuova Aquitania, dove socialisti e verdi non si sono accordati dopo il primo turno) e 1 ballottaggio duale (in PACA, dove la sinistra si è ritirata al primo turno e il centro ha corso dal primo turno in lista comune con la destra).

La legge elettorale contempla la possibilità di apparentamenti per il ballottaggio (sotto forma di fusione di liste in una lista unica coalizionale) tra almeno una lista che nel primo turno abbia conseguito il 10% ed altre che abbiano superato il 5%. Come nel 2015, questo strumento non è stato in nessun caso attivato dalla destra e dall’estrema destra, che non hanno fatto alcun apparentamento, né tra loro, ovviamente, né con altre forze politiche. Ne ha invece fatto ampio uso, per riunificarsi nel secondo turno, la sinistra, che lo ha utilizzato in 6 regioni. Il centro non ha fatto apparentamenti, né nelle tre regioni in cui ha superato il 5% ma non lo sbarramento del 10%, né nelle otto regioni dove si è guadagnato l’accesso al ballottaggio andando oltre il 10% nel primo turno. In queste otto regioni ha fatto corsa in solitaria nel secondo turno.

Il sistema elettorale usato in Francia per le regionali è un sistema proporzionale con robusto premio di maggioranza. Salvo rarissime eccezioni esso garantisce, anche in presenza di un assetto partitico quadripolare, la maggioranza assoluta dei seggi alla formazione più votata, e di conseguenza il ruolo arbitrale e decidente degli elettori, cioè il loro potere di legittimare col voto una maggioranza di governo: tale sistema prevede che quando la competizione si conclude al secondo turno i seggi siano attribuiti esclusivamente tra le liste presenti nel ballottaggio, purché abbiano raggiunto almeno il 5% dei voti, a prescindere che tali liste siano o no frutto di apparentamenti (fusioni) tra i due turni.

La prima operazione distributiva consiste nel ripartire proporzionalmente tre quarti dei seggi complessivamente in palio tra tutte le liste presenti nel ballottaggio. Il restante quarto è aggiunto come premio di maggioranza alla lista maggiormente votata. Le liste sono bloccate, non c’è voto di preferenza. Questo meccanismo premiale assicura la maggioranza assoluta dei seggi alla lista più votata a condizione che essa superi il 33% dei voti nel ballottaggio, il che avviene quasi sempre. Non è perfettamente majority-assuring, ma lo è di fatto. Nel 2015 in 12 regioni su 12 il vincitore del ballottaggio superò il 33% dei voti. Nel 2021 ciò è avvenuto in 11 regioni su 12. Solo in Bretagna la lista più votata, quella socialista, si è fermata al 29% dei voti, conseguendo il 48% dei seggi (40 su 83, due in meno della maggioranza assoluta). Ciò a causa di un’anomalia già citata: il mancato accordo coi verdi, con cui i socialisti avranno comunque buon gioco a stringere un accordo in consiglio regionale, dove gli ecologisti sono entrati con 12 seggi.

L’entità del premio di maggioranza assegnato è misurabile in due modi: come differenza tra la percentuale dei seggi assegnata a una lista dopo il ballottaggio e la percentuale di voti da essa ottenuta nel secondo turno. Come differenza tra la percentuale dei seggi assegnata a una lista e la percentuale dei voti conseguita nel primo turno da quella stessa lista o da quelle che fondendosi dopo il primo turno ad essa hanno dato vita.

Relativamente al primo criterio, il premio è stato il seguente:

Grande Est: 15,3 punti %

Nuova Aquitania: 15,7

Alvernia-Rodano Alpi: 11,5

Borgogna-Franca Contea: 14,8

Bretagna: 18,4

Centro-Valle della Loira: 15,4

Île-de-France: 13,9

Occitania: 11,2

Alta Francia: 12,3

Normandia: 14,6

Paesi della Loira: 14,8

PACA: 11

Relativamente al secondo criterio, il premio è stato il seguente:

Grande Est: 24,5 punti %

Nuova Aquitania: 26,4

Alvernia-Rodano Alpi: 22,8

Borgogna-Franca Contea: 20,1

Bretagna: 20,7

Centro-Valle della Loira: 18,9

Île-de-France: 23,6

Occitania: 29,4

Alta Francia: 23,3

Normandia: 22

Paesi della Loira: 27

PACA: 36,4

In 5 regioni su 12 l’assegnazione del premio nelle modalità menzionate, cioè tramite l’attribuzione al vincitore di una quantità extra fissa di seggi, e non di tanti seggi quanti gliene occorrono per arrivare a una percentuale di seggi prefissata, ha provocato un supervincitore, cioè l’attribuzione di oltre il 60% dei seggi alla lista più votata nel ballottaggio:

Alvernia-Rodano Alpi: 66,7% dei seggi al vincitore del ballottaggio

Occitania: 69%

Alta Francia: 64,7%

Paesi della Loira: 61,3%

PACA: 68,3%

In Alvernia-Rodano Alpi, Occitania e Alta Francia si è disputato un ballottaggio triangolare. Nei Paesi della Loira un quadrangolare. Nella PACA un ballottaggio a due. Dati i meccanismi della legge elettorale, la probabilità di avere un supervincitore è generalmente più alta nelle regioni dove più basso è il numero di liste partecipanti al secondo turno.

Dall’esame di questi dati si possono trarre delle lezioni su come è più opportuno congegnare un sistema elettorale con base proporzionale, ballottaggio eventuale e premio di maggioranza attribuito alla lista più votata (sia essa monopartitica, o coalizionale in seguito alla stipulazione di apparentamenti tra i due turni di voto).

Il meccanismo di trasformazione dei voti in seggi adoperato in Francia per l’elezione dei consigli regionali appare in grado di realizzare un contemperamento efficace tra le esigenze di governabilità e le esigenze di rappresentatività.

Ma mostra anche dei limiti:

1- la soglia da superare per partecipare al riparto dei seggi (10% dei voti al primo turno, o 5% in caso di apparentamento con una lista collocatasi sopra il 10% nel primo turno) risulta troppo elevata;

2- la formula del ballottaggio aperto a più di due forze politiche, anziché riservato alle liste arrivate al primo e al secondo posto nel primo turno elettorale, determina nella maggior parte dei casi l’attribuzione del premio di maggioranza a formazioni che non hanno conseguito nel secondo turno la maggioranza assoluta dei voti, il che rende il premio di maggioranza stesso meno legittimato dal voto popolare rispetto a quanto avviene in sistemi elettorali a ballottaggio duale;

3- la mancanza di un tetto fissato per legge alla percentuale di seggi assegnati alla lista vincitrice del ballottaggio fa sì che siano frequenti le supervittorie, inevitabilmente foriere di squilibri rappresentativi troppo forti. Da questo punto di vista, appaiono preferibili, qualora si voglia percorrere la strada di sistemi elettorali basati sul premio di maggioranza, meccanismi “a tetto”, che cioè stabiliscono normativamente la quota massima di mandati spettante al vincitore delle elezioni. Sistemi di quest’ultima specie sono altrettanto capaci di produrre governabilità e allo stesso tempo più garantisti.

Il livello assai elevato dello sbarramento combinato con il conferimento al vincitore di un invariabile ammontare extra di seggi comporta infatti un rischio che è invece bene non correre: quello di un’eccessiva distorsività (o disproporzionalità) nella composizione dell’organismo assembleare che si deve eleggere.

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