LibertàEguale

Digita parola chiave

Sud, la riforma del Titolo V fu un errore

Massimo Veltri giovedì 15 Settembre 2022
Condividi

di Massimo Veltri

C’è una diffusa vulgata che da tempo occupa spazio e tempo presso una opinione pubblica sempre attenta al vittimismo e all’attribuzione di responsabilità proprie in altre sedi: vorrebbe che il principale se non unico colpevole per le perenni condizioni in ‘ritardo di sviluppo’ del Sud si ravviserebbe nel mancato o insufficiente intervento dello Stato centrale. È bene, io ritengo, soffermare l’attenzione e spendere qualche osservazione all’interno di tale dibattito in prossimità dell’appuntamento elettorale, al riparo da facili schematismi e scontate semplificazioni.

I neoborbonici per un verso, per altro coloro che magnificano tempi dorati risalenti fino all’epopea della Magna Grecia infoltiscono la schiera di chi, per davvero, vagheggia un separatismo tipo una Lega del Sud, fatta di rivendicazionismo e protesta, in ciò favoriti e rinforzati da quanto accadde agli inizi del 2001 e, purtroppo, non derubricato: anzi sempre più insistente, si potrebbe dire persino immanente.

Accadde, per chiarire, quando il governo e il parlamento nazionali a guida centrosinistra sulla soglia dello spirare della legislatura, portarono a compimento un’operazione scellerata – non contingentata ne’ estemporanea o improvvisata, bensì studiata, preparata, voluta – di modifica del dettato costituzionale cui si può dare il nome di regionalismo differenziato.

Un regionalismo – come se non bastassero le critiche feroci con cui già venti anni orsono venivano da più parti commentate le ‘politiche’ delle Regioni d’Italia, un po’ da per tutto e segnatamente quelle da Roma verso  sud – tramite il quale in materie le più disparate e le più incidenti sulla vita dei cittadini: dalla sanità ai trasporti, dalla scuola all’ambiente, dell’energia al welfare, ogni singola Regione avrebbe avuto la facoltà di determinarsi autonomamente e al di fuori del contesto d’insieme nazionale, per di più con deliberazioni non soggette all’approvazione del parlamento nazionale.

Un’aberrazione, una abiura, una sconfessione… sono tante le espressioni via via succedutesi volte a etichettare icasticamente un preciso intento politico: espressioni il più delle volte poste a compendio di termini più tecnici quali LEP, spesa storica, LEA, sanciti dall’articolo 117 della Costituzione, con espliciti richiami alla solidarietà nazionale che si volle colpire con un vulnus fortemente lesivo: quello che colpì il Titolo V della Costituzione stessa.

Ancora ci si chiede come poté accadere tutto questo, e non pochi sono coloro i quali, dappertutto lungo tutti gli schieramenti politici, se per un verso affermano che il fai-da-te può essere benefico per il Mezzogiorno (non si sa se definire irresponsabile o assurda questa che sembrerebbe una fake), d’altro canto è come se dessero per chiusa e conchiusa la Questione Meridionale: la politica ha scelto e ha scelto, anche quella del centrosinistra, si’, il nord, il nord produttivo, che esprime capacità di spesa e di intervento, vivacità e proiezione nella modernità, versus il sud legato al passato, piagnone e parassitario, indolente e assistito: sia di esso quel che sarà.

Stando così le cose, è intellettualmente onesto e politicamente corretto rinchiudere il dibattito dentro un’area così rigidamente delimitata?

Non può essere questo lo spazio per sviscerare in tutte le sue accezioni una questione che oltre che meridionale è, in tutta evidenza, nazionale e trasversale: qui, e per il momento, solo puntare qualche bandierina sullo scacchiere, a mo’ di segnale posto come per p.m., per memoria, così che a urne aperte e scrutini ultimati capire come intenderanno muoversi i vincitori e gli sconfitti, a nord quanto a sud. Entrambi e in tutt’e due le parti, dato che la trasversalità politica e la dislocazione geografica troveranno, dovranno trovare, la sede perché si faccia chiarezza e si fuoriesca dall’equivoco, se di equivoco si tratta.

Dai classici fino ai giorni nostri un refrain, generico tanto da apparire consolatorio, ha tenuto banco: il Mezzogiorno sarà quel che il Paese sarà, alternato quasi a mo’ di movimento pendolare con l’altro, non meno veritiero, altrettanto tranchant secondo il quale per il Sud il problema alla radice è quello delle sue classi dirigenti, politiche e non politiche.

E se il Sud mostra ancora e in tutta evidenza condizioni che sempre più l’allontanano dall’Europa, per proprie responsabilità, certo, anche e soprattutto per queste, d’altro canto governare il paese non può confondersi con l’amministrare un’azienda per cui si procede al taglio di certi rami o se ne esternalizzano funzioni: no, dovrà essere la politica a introdurre nuove e magari inedite misure di compensazione, riequilibro, avvicinamento e sostegno.

Con classi dirigenti idonee, s’intende.

Tags:

Lascia un commento

L'indirizzo mail non verrà reso pubblico. I campi richiesti sono segnati con *

Privacy Preference Center

Preferenze

Questi cookie permettono ai nostri siti web di memorizzare informazioni che modificano il comportamento o l'aspetto dei siti stessi, come la lingua preferita o l'area geografica in cui ti trovi. Memorizzando l'area geografica, ad esempio, un sito web potrebbe essere in grado di offrirti previsioni meteo locali o notizie sul traffico locale. I cookie possono anche aiutarti a modificare le dimensioni del testo, il tipo di carattere e altre parti personalizzabili delle pagine web.

La perdita delle informazioni memorizzate in un cookie delle preferenze potrebbe rendere meno funzionale l'esperienza sul sito web ma non dovrebbe comprometterne il funzionamento.

NID

ad

Statistiche

Google Analytics è lo strumento di analisi di Google che aiuta i proprietari di siti web e app a capire come i visitatori interagiscono con i contenuti di loro proprietà. Questo servizio potrebbe utilizzare un insieme di cookie per raccogliere informazioni e generare statistiche sull'utilizzo dei siti web senza fornire informazioni personali sui singoli visitatori a Google.

__ga
__ga

other