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Verso il discorso di Mattarella: serve una risposta alla sfiducia

Lorenzo Gaiani mercoledì 2 Febbraio 2022
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di Lorenzo Gaiani

Domani il Presidente Mattarella inaugurerà il suo secondo mandato giurando fedeltà alla Costituzione di fronte alle due Camere riunite. Caso vuole che questo nuovo inizio coincida con l’anniversario della chiamata al Quirinale di Mario Draghi per assumere la guida di un nuovo Governo dopo che erano falliti tutti gli interventi di , diciamo così, accanimento terapeutico verso il Governo precedente che aveva già da tempo esaurito ogni ragion d’essere ( e i comportamenti adottati la scorsa settimana da chi presiedeva quel Governo non contribuiscono ad accrescerne la statura politica e morale, tutt’altro).

Lo si voglia o no, in quest’ultimo anno i cittadini hanno riposto la loro fiducia essenzialmente in Mattarella e Draghi: non nel Presidente della Repubblica e nel Presidente del Consiglio, ma nelle loro due persone, o , meglio, in quelle due alte cariche in quanto occupate da quelle due persone.

E’ un segnale preoccupante a livello non solo politico ma istituzionale, e mi sembra che i settori più avveduti delle diverse forze politiche e sociali lo stiano cogliendo.

Solo che fra cogliere il segnale e dare una risposta concreta e convincente passa un abisso, e allo stato di cose non si capisce chi concretamente si muova per colmare questo abisso.

Intervistato ieri dal TG1 l’economista statunitense Larry Summers, già Segretario al Tesoro sotto Clinton e Direttore del Consiglio economico nazionale sotto Obama, amico di vecchia data di Mario Draghi, ha detto che il compito dei Governi nella fase post pandemica sarà quello di sanare le ferite sociali che precedono la pandemia e che essa ha acutizzato in modo spesso insopportabile, avendo come fine la ricostruzione di un saldo ceto medio che è la base naturale di tutte le democrazie.

Volendo fissare un compito per le forze progressiste e democratiche, in Italia in particolar modo per il PD, credo che sia essenzialmente quello di cui parla Summers: la democrazia non è credibile per se stessa, ma per le promesse di benessere diffuso di cui è implicitamente portatrice.

Altrimenti il popolo (e in particolar modo il ceto medio impoverito, spaventato ed arrabbiato) ascolterà altre sirene.

Un po’ come cent’anni fa, per intenderci.

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