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Zingaretti, l’Emilia Romagna e Il ritorno del bipolarismo

Umberto Minopoli lunedì 27 Gennaio 2020
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di Umberto Minopoli

 

Intanto, ha vinto Zingaretti. Mai voto fu di più facile interpretazione. Il centrosinistra vince di misura in Emilia. Ma avendo Salvini “nazionalizzato” il voto emiliano, la vittoria è netta oltre i numeri. Dopo Bonaccini, ha vinto il Pd. E’ innegabile. Il crollo dei 5 Stelle in Emilia ha beneficiato il centrosinistra. E, personalmente, ha vinto Zingaretti. il Pd ha fermato l’emorragia del marzo 2018. Ha assorbito, senza conseguenze, la scissione di Renzi. E’ il primo partito della maggioranza che contende alla Lega il primato.

Non esiste, tra Pd e Lega, una terza forza. E’ un fatto. Zingaretti ha fatto, a freddo, i commenti più intelligenti: ispirati a sobrietà e consapevoli della responsabilità nuova che ricade oggi sul Pd. Che è questa: il Pd (dall’elettorato) riceve l’investitura di responsabile del governo. Una svolta nell’azione di governo (che è minoritario nel paese) è urgente e necessaria. Zingaretti ha ragione a porla.

Il Mezzogiorno (dopo la Calabria si voterà in Campania e Puglia) sarà, da domani, la vera frontiera elettorale per il centrosinistra: in Calabria il crollo dei 5 Stelle ha beneficiato la destra. E lo stesso può accadere in Puglia e Campania. La Calabria ci dice che nel Sud un profilo competitivo del centrosinistra non è quello che insegue i 5 Stelle, le loro bandiere (la decrescita e l’assistenzialismo). Ed è un profilo che è attento a tematiche (in primis la sicurezza) su cui fa leva la destra. A me sembra, per esempio, che il profilo competitivo nel Mezzogiorno sia, da questo punto di vista, quello del governatore De Luca. Più di ogni altro.

Il voto, infine, mette fine al tripolarismo della scena politica italiana dell’ultimo decennio e ci consegna il bipolarismo di due grandi partiti, Lega e Pd. La differenza è: la Lega coalizza, il Pd invece è combattuto dai suoi potenziali alleati. E’ questa l’anomalia. Chi, nel centrosinistra, si attarda in strategie personalistiche, minoritarie, scissioniste e tese a indebolire il Pd fa una battaglia di retroguardia e allarga il gap tra centrodestra e centrosinistra. Su tutto, infine, una domanda amara: ma perché Renzi (e Speranza prima) hanno scisso il Pd? E senza ricavarne vantaggi, ma sostanzialmente fallendo? Mistero.

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