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Il Recovery Fund non è un pasto gratis. Ma i populisti non vogliono capirlo

Umberto Minopoli sabato 6 Giugno 2020
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di Umberto Minopoli

 

I soldi europei, il Recovery Fund, non sono un pasto gratis. Nell’euforia giustificata – l’Italia ha vinto sulla linea di fondi (enormi) a debito comune – molti hanno pensato che si tratta di risorse regalate. Stupidaggini.

L’Europa non è un signore che possiede in cassaforte o stampa in tipografia 750 miliardi e, poi, li regala. Quei soldi l’Europa li dovrà ripagare (tranne una piccola parte di fondi propri) approvvigionandoli sul mercato: come fa un creditore qualunque.

L’Europa non è l’Argentina o il Venezuela che stampano i soldi in tipografia (per poi arrivare alla fame). Quindi, anche l’Europa, i soldi li prende a prestito, li garantisce col proprio bilancio e li restituisce.

E questo riguarda tutti i fondi. Anche quelli cosiddetti a “fondo perduto”. Chi li riceve (le imprese), certo, non dovrà restituirli, ma l’Europa dovrà lo stesso finanziarli sul mercato (cioè restituirli). La cosa nuova, storica e bella (per il nostro Stato indebitato) è che gli oneri del finanziamento del Recovery Fund non peseranno sul debito dei singoli stati ma sul bilancio europeo.

Che però, pochi lo capiscono, non è un ente estraneo: è il bilancio “comune”, di tutti noi europei. Quindi: non ci è estraneo come si utilizzano quei soldi.

Come l’Europa restituirà quei fondi? Occorrerà molta intelligenza a Bruxelles. Ma anche da parte di chi (i singoli Stati) utilizzerà quei fondi.

L’Europa, intanto, dovrà ricorrere a nuove entrate. Non potrà chiedere soldi ai singoli Stati. Dovrà far ricorso alla tassazione: si parla di tasse sul web, di tasse ecologiche ed altro.

Bisognerà essere attenti: ogni nuova tassa europea non dovrà riguardare cittadini o imprese europee. Dovrà riguardare chi esporta verso l’Europa beni o servizi tassabili. Ma questo ha sempre controindicazioni (se le imprese che ci vendono gas o servizi web si rifanno con i prezzi o se gli Stati, da cui vengono quei beni, si rifanno sulle nostre esportazioni). Per le imprese europee, insomma, la tassazione aggiuntiva dovrà essere neutra. Altrimenti perdiamo i vantaggi del Recovery Fund.

Ma gli Stati europei che ricevono i fondi dovranno essere rigorosi e coraggiosi: i soldi del Recovery Fund dovranno andare, solo ed esclusivamente, ad investimenti. Cioè ad impieghi che daranno un ritorno economico. Uno Stato che pensasse che quei soldi servano a rifarsi il guardaroba, il trucco o la credenza, si comporterebbe da stupido: prima o poi le tasse (europee) lo richiamerebbero all’ordine.

Pare che solo Salvini, Meloni e i 5 Stelle non l’abbiano capito. E pensino al pasto gratis: un’idiozia. Usare il Recovery Fund per abbassarci le tasse? Impossibile. Semmai è vero l’opposto: se utilizzeremo i soldi europei per fare investimenti pubblici e privati, per riattrezzare la sanità, per fare infrastrutture potremo “creare” risorse libere nel “nostro” bilancio nazionale per abbassare le tasse. Chi predica l’opposto si comporta da bugiardo, ciarlatano e malfattore. E ci fa del male.

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