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La manovra legastellata? Senza capo né coda

Umberto Minopoli giovedì 1 Novembre 2018
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di Umberto Minopoli

 

Il castello di carte è crollato: il Pil italiano, dopo tre anni di crescita positiva e continua si e’ fermato.

Discutiamo pure le cause della stasi. E’ internazionale dice il governo. Non è vero. L’Europa rallenta. L’Italia, unico paese, si ferma.

In economia contano le aspettative. Dal dicembre 2016, due anni ormai, quelle italiane sono al ribasso: il risultato del referendum del 2016 ha aperto una fase di instabilità e incertezza fino al governo gialloverde che ha sancito l’ingresso nella stagnazione e nella recessione dell’economia. E così tre anni di ripresa, di crescita e di dinamismo con i governi Renzi e Gentiloni, sono andati in fumo.

Gli investimenti reali ed effettivi – quelli messi in moto dal precedente governo con industria 4.0, gli ordinativi della aziende per macchinari e innovazioni, la spinta ad opere e infrastrutture – si sono fermati. L’industria, il motore dello sviluppo, per la prima volta dopo tre anni, si è bloccata.

 

Basterebbe questo per sancire la condanna del cambio politico dai governi del Pd a quello populista.

La sfiducia nel futuro dell’economia è il regalo di questo governo. Il fermo della crescita rende carta straccia la manovra del governo. Anzi, la manovra è benzina sul fuoco della recessione. Non è vero, come si difendono gli sfascia carrozze del governo che, proprio perché c’è la fermata recessiva dell’economia serve la loro manovra espansiva. Balle.

La loro manovra non è espansiva. Al contrario. Contribuirà a deprimere, ancora di più, l’economia fino a portarci nel tunnel della depressione. Su 20 e più miliardi di spesa in deficit, in questa manovra, solo 3, 4 miliardi sono di investimenti. Che tra l’altro sono solo promesse. Gli investimenti reali e in atto, ripetiamo, si sono fermati.

 

I miseri 3 miliardi della manovra sono solo ipotizzati, ancora irreali e non si sa quando si attiveranno.

Il resto della spesa della manovra non è espansiva ma solo spesa in deficit. Consiste, infatti, di due provvedimenti- reddito di cittadinanza e quota 100- che non spingono domanda e investimenti ma solo più deficit, più spesa per interessi e più depressione. Quota 100, infatti, non da’ nuova domanda di consumo dei pensionandi. Anzi, i loro redditi diminuiranno.

Il reddito di cittadinanza, aumentando solo il reddito (di poco) di fasce povere, farà spendere, semmai, per beni elementari. Non avrà’ effetti sulla domanda che muove l’economia (auto, edilizia, beni strumentali, ecc). Il reddito di cittadinanza è pro-recessivo.

 

Questa manovra non ha né capo né coda. Andrebbe stracciata.

Dovrebbero avere l’umiltà di riconoscere il fallimento e ricorrere all’unica via d’uscita dignitosa che hanno: buttare la loro bislacca manovra assistenziale e improduttiva e ritornare alla saggia manovra per il 2019 che gli aveva lasciato sul tavolo il ministro Padoan prima di essere sostituito da inetti (Tria) e pagliacci (il trio Conte, Di Maio, Salvini).

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