LibertàEguale

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Caro Carlo,

ho letto il testo della tua audizione alla Camera sulla legge elettorale e vorrei proporti un paio di osservazioni.

Mi sembra che qualche chiarimento sia utile circa i termini che usiamo (legge elettorale, rappresentatività, stabilità) e sulle ragioni che presiedono alla proposta della maggioranza.

 

1- In Italia, come in molti altri paesi, le leggi elettorali sono leggi ordinarie, non norme costituzionali protette dalla rigidità di una costituzione quasi rigida (mi posso spiegare su questa espressione) come la nostra. Questo ha due implicazioni: esse possono essere modificate dalla maggioranza parlamentare e sottoposte, dunque, allo scrutinio della Corte Costituzionale.

Tale stato delle cose, cioè del diritto positivo, può essere criticato, ma allora si devono presentare argomenti. E mi pare che nessuno sia sceso su questo terreno. Le mie osservazioni si mantengono sul terreno della costituzione condita, non della eventuale costituzione condenda. Ne consegue che si potrà sostenere (con argomenti) che le maggioranze non possono/dovrebbero (dürfen), non che non possono (können) cambiare le leggi elettorali.

 

2- Stabilità degli esecutivi nei governi parlamentari – poiché è di questo che si parla. A che serve?  A governare il paese, e a fare le riforme che la maggioranza ritiene necessarie (ma che possono peraltro sempre essere bloccate da opposizioni popolari, finanche dove l’esecutivo è costituzionalmente stabile e il governo ha una solida maggioranza – chiedere conferma ad Emmanuel Macron).

Se si esclude una maggioranza coesa come in sistemi politici con due soli partiti o a bipolarismo stabile, nessuna maggioranza riesce a governare. È semplicemente stabile. Come una Ferrari che sta ferma e chiusa in garage e che con corre mai. L’efficacia dei governi stabili è un valore, non la stabilità in se stessa. Questa è un mezzo non un fine, uno strumento non un valore di per sé.

La formula elettorale può aiutare, ma in se stessa non garantisce stabilità-governabilità.

 

3- Rappresentatività. Questo termine è più vago. E richiederebbe una dissertazione. Mi limito a qualche nota. Si sostiene che i sistemi maggioritari limitano la rappresentatività dei diversi orientamenti politici presenti nell’elettorato. Questo è vero, ma è vero anche che non basta che il parlamento includa tutte le possibili opinioni politiche presenti nel corpo elettorale; esso deve agire in base a maggioranze governanti. Ora queste per essere tali devono essere in qualche modo coese. Un governo con 13 partiti, più che un governo è un organo di spartizione di poteri e posti. Di qui l’uso in genere di soglie di sbarramento per ridurre la frammentazione partitica. Ma non basta ridurre il numero di partiti, bisogna inoltre che i partners di una coalizione siano capaci di compromessi e dunque relativamente simili. Coalizioni di governo – dovunque queste fossero necessarie in assenza di un sistema a due partiti, quale che sia la legge elettorale – non possono essere, con una metafora, coalizioni fra il diavolo e l’acqua santa.

Aggiungo (non per te ma per quelli che non lo sanno) che nei sistemi multipartito i piccoli partiti possono avere un potere coalizionale fortemente disproporzionale (chiedere ai membri della Knesset, per rendersi conto che non è un problema italiano).

Che cosa vuol dire dunque la difesa della “rappresentatività”? Credo vagamente: difesa del pluralismo politico. Questo può essere garantito o da una agevole alternanza in sistemi politici bipolari, con leggi elettorali maggioritarie e solida tradizione di stato di diritto (come in Gran Bretagna) oppure, grazie alla stessa tradizione, da governi di coalizione fra pochi partiti, basati su seri e stabili compromessi (Germania federale).

Nessuna persona sana di mente può negare che vi sia pluralismo nel Regno Unito come in Germania.

In sostanza, se viene garantito il pluralismo che non è solo partitico, ma nello stato di diritto costituzionale anche quello del potere diviso (Parlamento, Corte Costituzionale, Unione Europea, organi indipendenti, a cominciare dalla magistratura), il discorso sulla rappresentatività resta vago e sostanzialmente retorico.

Sulla base di questi rapidissimi accenni di analisi concettuale, vengo alle ragioni della riforma elettorale proposta dalla maggioranza e condivisa da FI.

Con una osservazione che riguarda quello detto finora. La breve durata dei governi, in quella che va sotto il nome giornalistico di Prima Repubblica, non indica instabilità del sistema politico, ma rotazione alle cariche di governo della oligarchia democristiana, ossessionata dalla preoccupazione di un capo in grado di controllare gli oligarchi. Il sistema politico italiano fino alla crisi degli anni 90 è stato non instabile, ma troppo stabile e ingessato.

 

4- Perché, dunque, questo ritorno al proporzionale dopo la stagione dei sistemi misti? Roberto D’Alimonte lo ha detto nel corso della sua audizione alla Camera: per impedire la vittoria della destra. Ma che vuol dire la destra nell’Italia di oggi? Questo è un punto centrale che non può essere eluso. La destra italiana, da poco dopo la fine della cosiddetta Seconda Repubblica, è per lo più la somma di due partiti ostili all’UE e allo stato costituzionale di diritto.

La ragione per la quale la sinistra liberal-riformista è favorevole ad un sistema proporzionale è che questo verosimilmente impedisce una maggioranza delle forze sovraniste e antieuropee, che rischiano di condurre rapidamente il paese verso un destino argentino. A questa motivazione, condivisibile a mio avviso, si aggiunge, purtroppo, quella del movimento 5S che grazie ad un sistema proporzionale si può garantire una permanenza stabile (!) al governo, che è ormai la sua essenziale ragione sociale. Queste due forze, più FI (per ragioni fino ad un certo punto simili a quelle del M5S, ma anche per il suo europeismo) sono favorevoli al sistema proporzionale (la questione della soglia riguarda i “cespugli” ma non inficia gli argomenti qui proposti). La maggioranza può fare passare una tale legge. Poi vedremo cosa dirà la Corte Costituzionale (la vicenda delle liste bloccate oltre quella dei seggi del Molise e dalla Valle d’Aosta potrebbero creare problemi).

 

Si può essere ostili a questa legge, ma non possiamo ragionare da carburatoristi.

Voglio dire che l’analisi politica non si può fare a pezzi separati, come fosse la riparazione dei motori a scoppio. Alcuni difendono la stagione del maggioritario. Ma il sistema politico non è più lo stesso. Il quadro politico è diviso ormai in partes tres: i pro-europei (PD e FI + cespugli), gli anti-europei (Lega e FdI) e i proci che si sono asserragliati nel Palazzo (M5S).

Di questa trasformazione non si può non tener conto, la nostalgia per un passato che non c’è più non fa parte in quanto tale dell’analisi politica.

 

La mia opinione complessiva, per ragioni legate alla situazione economica, alla qualità della classe politica ed a quella del corpo elettorale è di forte preoccupazione. L’Italia rischia di non farcela a restare nella UE. Non sono favorevole ad accelerare questo esito (che sarebbe facilitato da un sistema elettorale misto).

 

 

 

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