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Ironie del calendario. Il governo che dà il via alla XVIII legislatura nasce proprio il giorno prima della Festa della Repubblica. Il discorso agli ambasciatori ci consegna un Presidente della Repubblica finalmente rilassato e sorridente.

Mattarella ha fatto ciò che doveva, affidandosi alla bussola della Costituzione.

 

Il rispetto della volontà popolare

Nel corso della crisi, in primo luogo, ha cercato di ‘interpretare’ il voto degli italiani, alla ricerca di un governo politico espressione della volontà popolare. In mancanza di un vincitore certo, non era facile. Infatti, con un sistema che rimane parlamentare e che torna ad essere proporzionale, la formazione della maggioranza non è più una diretta emanazione del voto dei cittadini, come è accaduto dall’inizio degli anni ’90 con l’introduzione del maggioritario. Nel sistema parlamentare-proporzionale il governo si poggia su processi consensuali e consociativi tra i partiti sulla base della consistenza dei gruppi parlamentari e delle assonanze di programma.

In cerca di questo consenso postelettorale, Mattarella ha costruito un paziente percorso di consultazioni che ha permesso alle forze più omogenee di parlarsi, di riconoscersi e di negoziare. Al di là delle retoriche mediatiche, da questo lungo processo condotto dal Presidente è scaturita – piaccia o no – l’unica maggioranza parlamentare oggi possibile: quella dell’alleanza naturale tra forze populiste e sovraniste. Non esistevano condizioni sufficienti per una soluzione diversa.

Qualcuno era arrivato a ipotizzare l’“addomesticamento” dei Cinquestelle da parte del Partito Democratico, ma questa via era palesemente impraticabile per diverse ragioni. Senza contare che, ammesso che sia possibile ‘addomesticare’ un soggetto politico, il compito spetta semmai al Presidente della Repubblica nell’applicazione del dettato costituzionale.

Così, Mattarella ha accompagnato con fermezza e discrezione il dialogo tra i partiti, lasciando un tempo significativo per la costruzione della base consensuale contenuta nel contratto. Un impegno che ha prodotto un esito positivo.

 

I limiti (internazionali) della Costituzione

Raggiunto il primo obiettivo costituzionale – una maggioranza espressione del voto popolare sulla base di un programma condiviso – Mattarella doveva poi garantire la tenuta del quadro costituzionale e la tutela dell’interesse nazionale.

Il che significava, intanto, rispettare la collocazione europea e atlantica del nostro paese. La Costituzione materiale è qualcosa di complesso, infatti, che non si esaurisce in un elenco di regole ma vive nell’interdipendenza del contesto internazionale. Ai tempi della cosiddetta Prima Repubblica, nel quadro del bipolarismo globale tra i paesi della Nato e quelli del Patto di Varsavia, sarebbe stato impensabile immaginare governi che non ruotassero intorno al perno europeo e atlantico della Democrazia cristiana.

Dopo il 1989, anno della caduta del muro di Berlino, il contesto è radicalmente mutato e l’Italia ha potuto godere di una sana democrazia dell’alternanza. Anche oggi, tuttavia, restano dei vincoli importanti per chi governa l’Italia: il paese è inserito infatti in un sistema di norme e alleanze internazionali disattese le quali salterebbe – insieme con le relazioni esterne – il quadro costituzionale interno. I rapporti con Putin e l’uscita dall’Euro fanno parte di questa area di allarme costituzionale che il Presidente della Repubblica è tenuto a presidiare. E, di conseguenza, Mattarella ha esercitato questo ruolo di presidio anche con riguardo alla scelta dei ministri. Quest’ultima spetta sì al Presidente del Consiglio, il quale è espressione dei partiti di maggioranza. Ma ciò non toglie che il Presidente possa formulare rilievi e suggerimenti ai partiti e al presidente del Consiglio incaricato. La proposta dei ministri formulata dal Presidente del Consiglio è vincolante, a condizione però che non metta in discussione l’ordine costituzionale e il suo sistema interdipendente di relazioni internazionali.

 

Vigilando sull’interesse nazionale

Ma non finisce qui. La tutela dell’interesse nazionale è qualcosa che va oltre la disponibilità da parte della maggioranza politica che si viene a formare in Parlamento. In questo caso, l’interesse nazionale era legato, in modo molto concreto, alla tutela del risparmio degli italiani. L’annuncio della nomina all’Economia di un Ministro anti-Euro, ancor prima di una politica effettivamente realizzata, stava già provocando effetti devastanti con l’impennata dello spread e i rischi conseguenti. Il Presidente della Repubblica doveva garantire che un governo di maggioranza partisse senza nuocere agli interessi diretti dei risparmiatori italiani.

Accanto a questo resta ancora aperto il tema del pareggio di bilancio e di compatibilità tra programmi di spesa e conti pubblici, anch’essi valori costituzionali, sui quali ovviamente sarebbe stato più controverso intervenire. Se Mattarella l’avesse fatto sarebbe apparso come una intromissione indebita nel programma politico della coalizione. Il tema, ovviamente, è soltanto rimandato: il Presidente della Repubblica avrà sempre la possibilità di vigilare sui testi di legge per verificare il rispetto dell’articolo 81 della Costituzione (“Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico”).

La fase che si apre è molto complessa: il programma di governo della maggioranza sovranista giallo-verde crea allarme. Allo stesso tempo, bisogna riconoscere che la sapiente regia di Sergio Mattarella ha garantito finora la tutela dei limiti costituzionali e, certamente, l’attenzione vigile del Presidente non mancherà nemmeno in futuro nel corso di una legislatura davvero imprevedibile. Intanto, dopo settimane di altissima tensione, nel giorno della Festa della Repubblica Sergio Mattarella può tornare a sorridere. È il sorriso della Costituzione.

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