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“Liberi e eguali”: se la sinistra antagonista scimmiotta i riformisti

Vittorio Ferla mercoledì 29 Novembre 2017
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di Vittorio Ferla

 

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La sinistra antagonista e antirenziana (Mdp, Sinistra italiana e Possibile) si prepara all’Assemblea ‘popolare’ del 3 dicembre. L’idea per il simbolo è quella di disegnare una rosa, come nell’emblema del Labour Party. Fin qui nulla di sconvolgente, salvo riciclare un po’ di botanica dell’unico socialismo europeo (un po’ marxista, un po’ keynesiano) discretamente premiato dall’elettorato.

Nel simbolo dovrebbe apparire anche il nome di Piero Grasso, il Presidente del Senato adottato come bandiera per la premiership. E anche qui, nulla di sconvolgente. Siamo ormai abituati ad una sinistra che, a corto di classe dirigente e di nomi spendibili per la leadership, si consegna ai magistrati che fanno politica. Semmai è nuovo il ricorso alla lista personalizzata: che se avesse osato farla il ragazzaccio di Rignano scattava subito la ‘deriva autoritaria’.
E vabbè.

 

Libertà Eguale: quel nome conteso ai riformisti

Ma la notizia più divertente riguarda il nome. “Liberi e uguali” è la prima ipotesi diffusa stamane da Giovanna Casadio su Repubblica. Prima ancora circolava il nome “Libertà e Uguaglianza”. Peccato che “Libertà Eguale” sia, da ben 18 anni, il nome di una associazione politica guidata da Enrico Morando, viceministro dell’Economia con Renzi e Gentiloni. Tra gli altri membri dell’associazione spiccano tanti altri nomi altrettanto significativi. Qualche esempio?

Stefano Ceccanti, vicepresidente dell’associazione, costituzionalista in prima linea per il referendum istituzionale del dicembre 2016. Giorgio Tonini, attuale presidente della Commissione Bilancio del Senato. Claudio Petruccioli, già direttore de L’Unità e presidente del Consiglio di amministrazione della Rai. Claudia Mancina, filosofa che ha recentemente scritto un libro assai critico verso la stagione berlingueriana del Pci. Pietro Ichino, giuslavorista che ha una paternità quasi diretta sul Jobs Act di Renzi. Tommaso Nannicini, economista bocconiano ascoltato consigliere dell’ex premier e oggi componente della segreteria del Pd. Luigi Covatta direttore della Rivista Mondoperaio ed ex parlamentare del Psi di Craxi. Antonio Funiciello capo della Segreteria del Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni.

L’elenco potrebbe continuare, ma ci pare già abbastanza ‘ingombrante’.

 

Una storia del riformismo italiano

Quando si parla di Libertà Eguale, infatti, si parla di una realtà che, nel suo piccolo, ha fatto la storia dell’Ulivo prima e del Pd poi. Ma l’ha fatta da un punto di vista molto preciso: quello del riformismo liberale e dell’allargamento della sinistra storica alla società civile italiana più avanzata e avvertita.

Negli anni dell’Ulivo, quelli di Libertà Eguale stavano con Veltroni sul fronte del rinnovamento, proprio mentre D’Alema menava fendenti – ricordate il seminario di Gargonza? – contro l’Ulivo come soggetto politico, rivendicando il ruolo dei partiti tradizionali.

Nel passaggio da Margherita e Ds al Partito Democratico, Libertà Eguale svolse un ruolo cruciale con la storica relazione del costituzionalista Salvatore Vassallo (di area veltroniana) sul nuovo partito, la sua vocazione maggioritaria e il metodo delle primarie.

La linea era quella di un incontro tra le culture politiche del riformismo italiano (sinistra storica, socialisti, cattolici democratici, liberali di sinistra, ecc.) al fine di costruire un partito nuovo che avrebbe dovuto rappresentare l’intero centrosinistra unito, alternativo al centrodestra di Berlusconi. Una formazione di ispirazione progressista e democratica, ma squisitamente liberale, che metteva al centro due obiettivi.

Il primo: la riforma delle istituzioni al fine di conquistare una democrazia compiuta, capace di alternanza tra gli schieramenti e di esprimere esecutivi stabili in grado di decidere e governare. Il secondo: la riforma dello stato al fine di limitarne la sovrabbondante presenza per liberare le energie del paese e tutelare i diritti con strumenti più moderni ed efficaci, superando le nostalgie stataliste della vecchia sinistra.

 

Libertà Eguale nel segno di Macron

Per una fatale e spassosa coincidenza, proprio il 2 e 3 dicembre prossimi, in contemporanea con l’evento della sinistra antirenziana, Libertà Eguale si ritroverà ad Orvieto per la sua assemblea annuale. L’assemblea cade proprio nel diciottesimo anno di età dell’associazione. Sarà dunque un’occasione per parlare dell’età adulta del riformismo italiano dopo gli anni dei governi Renzi e Gentiloni. La bussola dell’iniziativa sarà la relazione europeista che Macron ha pronunciato nel settembre scorso alla Sorbona. Macron, non Corbyn. Macron, quel liberale che è emerso dal crollo del partito socialista francese e che l’antica sinistra di casa nostra – in preda al morbo del sovranismo nazionale e del populismo sociale – vede come il principale avversario piuttosto che come una risorsa per il futuro dell’Europa.

 

L’ironia della storia

Per tutti questi motivi, è abbastanza ironica la fine della vecchia sinistra nostalgica: copiare proprio il nome intorno al quale si è riunito quel riformismo liberale che ha orientato il cambiamento e che essa percepisce come fumo negli occhi. Marxista sì, questa sinistra antica, ma nel senso della storia che, dopo essersi presentata in forma di tragedia, si ripropone come farsa. Ci sarebbe davvero da ridere nel ritrovare D’Alema e Bersani che si fregiano del nome degli ex veltroniani. Ci sarebbe da ridere, se non ci fosse da piangere.

 

 

Articolo apparso su Linkiesta

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