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di Umberto Minopoli

 

Abruzzo. Il voto è mobile. Specie al Sud.

Crollano i 5 Stelle. E questo è un bene. Vince il centrodestra. È il trend politico nazionale? Pare di si.

Il Pd non può consolarsi. Guidava la Regione. Perde anche rispetto al 4 marzo. Legnini è però l’indirizzo da seguire: candidati radicati, non populisti, che attirino il voto civico, cattolico, liberale, laico. Non è bastato. E per cause nazionali. Non locali.

Ancora colpa di Renzi? La verità: è tutta da rivedere la linea del Pd dopo il 4 marzo. Hanno scommesso (e ancora scommettono) sui 5 Stelle come alleato e polo alternativo alla destra unita. Hanno inseguito le posizioni del populismo grillino, in primo luogo l’assistenzialismo, interpretandole come “principio giusto”. Illusione sciagurata. E franata: l’Abruzzo ha smesso l’incanto per il pasticcio del reddito di cittadinanza e il programma recessivo, di decrescita e assistenzialistico dei 5 Stelle.

Il Pd, inoltre, non riguadagna voti di “sinistra” dai 5 Stelle (la litania di 8 mesi di Zingaretti e dei dirigenti Pd). Semmai chi lascia i 5 Stelle vota Salvini.

Invece l’Abruzzo fa emergere i veri fattori del voto, specie meridionale: il tema della sicurezza, percepito come fondamentale e l’astensione. In Abruzzo si è astenuta la metà esatta degli elettori. I dirigenti del Pd cambino l’agenda: stanno lì, sicurezza ed astensione (e non nelle ragioni dei 5 Stelle), i problemi del consenso al partito. Ad esempio: avessero candidato Minniti (come Renzi auspicava) sul tema sicurezza sarebbero apparsi competitivi.

E poi l’astensione. È l’area che si astiene che dovrebbe diventare il vero target elettorale per il Pd. L’astensione non si spiega con fattori locali. La gente non vota se non percepisce la novità nell’offerta politica dei partiti. E il Pd, dopo la sconfitta del 4 marzo, ha fatto il contrario: ha preteso di buttare a mare la novità avviata solo nel 2013 e col riformismo di governo ed è precipitato in un dibattito introverso, cupo, suicida. Invece che una nuova offerta politica, ha fatto intravedere il ritorno a quella “prima di Renzi”, quella del trapassato remoto (la vecchia sinistra) e della Ditta di 30 anni fa.

Il nuovo Pd è nel futuro (di programmi, identità e persone) non nel passato remoto della vecchia sinistra. Questo dice l’Abruzzo.

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