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La rinascita dei 5 Stelle e gli errori di Renzi

Umberto Minopoli lunedì 14 Ottobre 2019
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di Umberto Minopoli

 

Aver fatto il governo ed evitato il voto ha bloccato Salvini. Ma il prezzo è stato, era prevedibile, pesante per il centrosinistra.

Primo: ha sancito la leadership di Conte, che è di prospettiva e non di breve periodo. Ed è competitiva sull’elettorato che il centrosinistra dovrebbe targhettare: quello centrale, astensionista o di destra moderata.

Secondo: ha sancito la rinascita dei 5 Stelle che erano, a luglio, elettoralmente dimezzati e divisi.

Terzo: il Pd, che a luglio era saldamente il secondo partito e la guida di un’alternativa ai gialloverdi, oggi ha riperso il primato. I sondaggi sono spietati.

Quarto: ha sancito che l’agenda del governo Conte 2 è condizionata dalle bandiere dei 5 Stelle (Rdc e quota 100, giustizia ecc) e marcherà più continuità che svolta rispetto al Conte 1.

Quinto: l’ego di Renzi ha fatto il resto. Si è intestato, in una ubriacatura di protagonismo, l’intera svolta di agosto. Avesse avuto più distacco e meno ansia da prestazione oggi avrebbe potuto essere un utile argine verso la dominanza politica di Conte, la rinascita dei 5 Stelle e il continuismo del governo. Il tutto è stato aggravato dalla scissione. Aver indebolito il Pd, dopo averlo portato in un governo a ipoteca Conte e 5 Stelle, è stato un errore incomprensibile. Il cui risultato è: spaventare il Pd e spingerlo sulla linea del patto con i 5 Stelle. Che diventa oggi, grazie agli errori di agosto e alla scissione, l’unica linea di sopravvivenza per il Pd.

Il tutto è condito da una triste considerazione: da tutto ciò Renzi non ha guadagnato granché. Ha guadagnato, certo, in visibilità e protagonismo manovriero. Non in consenso (se non nelle persone e nei voti che porta via al Pd). E, purtroppo per lui, aggravando i pesanti limiti che, a torto o a ragione, gli vengono attribuiti: il personalismo esasperato, la propensione al tatticismo eccessivo, la spregiudicatezza politica. Cose che segnano, purtroppo oggi, l’handicap maggiore di Renzi. E proprio sul versante di quell’elettorato moderato, centrista o che si astiene che lui, nel 2014, era riuscito a mobilitare.

Oggi Renzi, doveva immaginarlo, è in un cul de sac: vorrebbe distinguersi da Conte (che oggi ha soffiato la leadership, in prospettiva, a lui e a tutti gli aspiranti premier del centrosinistra) ma non può far cadere il governo. Né oggi e né domani. Ma sarà, comunque, guardato sempre con sospetto. E dovrà, ogni giorno, difendersi dall’accusa di guastatore. Terribile condizione. Che dimezza il suo potere contrattuale.

E sulla prospettiva a medio termine (le prossime elezioni) incombe un esito chiaro: il centrosinistra, dopo la scissione di Renzi, si trasformerà in un patto con i 5 Stelle a guida Conte. E’ scritto. E, col Rosatellum, Pd e 5 Stelle non dovranno neppure fondersi (come in Umbria).

Renzi è contento? Credo non debba esserlo. Dirà: ve lo avevo detto? E a che serve? E non può nemmeno dirlo perché il governo se l’è intestato lui (che errore), quel patto lo ha sdoganato lui col suo protagonismo agostano e con la sua scissione. E lo sta avallando col suo comportamento di oggi: ammiccamenti a Di Maio e punzecchiature solo al Pd (e a Conte che gli aspiranti leader del centrosinistra cominciano a soffrire).

Qual è, a questo punto, la prospettiva alternativa che indica Renzi? Chi la vede? Solo suggestioni (“un giorno saremo grandi”) o puntate di qua e di là: il partito di centro ma senza i centristi (che non lo amano) oppure, sotto sotto, l’idea (gli innamoramenti con Grillo sul “futuro” del mondo) che con i 5 Stelle (pieni di millennials e “nuova politica”) ci debba parlare lui. Suggestioni, appunto. Ma, allo stato, inefficaci.

Renzi immagina che l’antisalvinismo (servito ad avere i titoli ad agosto) possa bastare anche oggi e nel futuro? Non serve più. La politica è già andata da un’altra parte.

Infine la ciliegina sulla torta: forse la legge elettorale non cambierà. La scissione impedisce che il Pd possa accettare il proporzionale puro. Ma col Rosatellum un piccolo partito personale (e con un leader che è maestro nell’attirare solo antipatie) ha un futuro nullo.

Renzi, o qualcuno dei suoi, dovrebbe spiegare se tutto questo ha avuto un senso logico.

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1 Commenti

  1. Silvano Lombardo lunedì 14 Ottobre 2019

    Condivido pienamente.

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