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di Umberto Minopoli

 

L’illusione, che ha guidato i populisti e ha, anche, disorientato la sinistra, è che il centro non ci sia. E che le elezioni politiche, ormai, non si vincono più al centro.

Si è parlato di radicalizzazione degli elettorati: sovranismo, chiusura dei confini, protezionismo, odio della globalizzazione, impoverimento del ceto medio e, conseguentemente, protesta populista sono viste come, insieme, cause ed effetti di questa “sparizione del centro”.

L’Italia è stata il laboratorio, il modello di questa “politica senza centro” e di radicalizzazione degli elettorati.

La dialettica politica italiana sembra trasformarsi nell’incubo: un regime “estremista” in cui due populismi (di destra e di sinistra) occupano l’intera scena politica, alternativamente, alleati o competitori.

Sembra non esistere una alternativa. Le opposizioni non solo sono deboli e divise. Ma soprattutto non sembrano “alternative” alla radicalizzazione: inseguono, spesso, i populisti sul loro terreno. Non oppongono all’estremismo dei populisti un vero modello alternativo.

Il radicalismo populista, però, ci ha portato in un vicolo cieco. Il populismo, che vive di protesta (anche quando governa), egoismo, massimalismo, è impossibilitato a governare. Pretende di essere governo ed opposizione insieme. E così produce la paralisi.

L’Italia ha bisogno di un salutare bagno di moderazione, di disintossicazione dall’estremismo. Governare si può soltanto al “centro”. Nessuna questione urgente del paese – debito, deficit, mancata crescita, disoccupazione, immigrazione –
si può affrontare se non con politiche di governo di equilibrio, apertura internazionale, dialogo con i partner europei, responsabilità, disponibilità al compromesso, pace sociale.

Non è vero che queste esigenze di moderazione e opposizione alla radicalizzazione e all’estremismo non sono “elettoralmente” paganti. E perché il “centro non esisterebbe”. E’ falso.

La stanchezza, la paura, la diffidenza verso i populismi e l’estremismo al governo è fortissima. Solo che è dispersa: sta nelle forze sociali (imprenditori, lavoratori, professionisti, ceto medio, ecc.) ma non è politicamente rappresentata; si rifugia nell’astensionismo o vota, per disperazione, “tutti” i partiti con le motivazioni più varie; è potenzialmente la maggioranza degli elettori (normale in una società complessa, in un’economia, comunque, aperta ed avanzata come la nostra) coartata, intimidita, catturata dalla “narrazione” estremista, populista e radicale (nel senso politologico di “massimalismo”) che domina nei media e nei partiti (di governo e di opposizione).

Il Pd e Forza Italia, da versanti opposti, dovrebbero avere il coraggio di rompere lo schema e la narrazione populista, radicale ed estremista: fare appello al centrismo, alla moderazione, ad una svolta di equilibrio, pacificazione, responsabilità nazionale. Questa politica – il centro – cambierebbe le stesse fortune elettorali del partito che avesse la forza e il coraggio di proclamarla. Credetemi: questo vuoto di “centro” prima o poi sarà riempito da qualcosa o da qualcuno. E’ fisiologico.

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