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di Carlo Fusaro

 

Chi sperava in un fallimento o anche solo in un rinvio delle decisioni del Consiglio europeo è stato deluso. Il Consiglio monstre di quasi cinque giorni è stato un buon passo in avanti per l’UE e apre eccellenti opportunità all’Italia: ora sta a noi (ahimè). Vediamo brevemente, allora, com’è andata e che pagelle si possono dare. Senza trionfalismi, cercando d’esser seri.

 

Partiamo dalle… conclusioni

Questo articolo è lungo, lo so. Occorrerebbe aver la pazienza di leggere tutto e, DOPO, le conclusioni. Ma le metto prima per i superfrettolosi. Eccole, poi l’analisi.

Unione europea: prova superata. Nessuna rivoluzione (è sempre un’unione di stati e di popoli: gli stati cercano di farsi valere, eccome), ma il passo in avanti verso più integrazione è indiscutibile. Si fa debito comune, e i soldi vanno a chi ne ha più bisogno. Non è ancora il “momento Hamilton” degli USA di primo Ottocento: allora fu messo in comune il debito passato delle ex colonie. Ora solo debito futuro e solo una tantum. Ma mi par chiaro che la strada è segnata. Non è poi vero che la condizionalità “stato di diritto” sia stata soppressa. C’è e la Commissione ha il duro compito di inventarsi come e quando farla valere. Voto: fra 8 e 9.

Italia/Conte: torna a casa con un mucchio di soldi (potenziali), cioè di opportunità. Non ha sfigurato, comincia a sapersi muovere, ha ottenuto la prevalenza del metodo comunitario, ma il momento intergovernativo resta rilevante, ora comincia il difficile perché più opportunità più responsabilità. E le esperienze passate dimostrano che a farci assegnare risorse siamo sempre stati bravini, a spenderle molto meno, per quantità e qualità. Cambierà qualcosa? Io non sono ottimista: con questo sistema politico e con questo sistema istituzionale non vedo il sistema Italia in grado di tornare a correre. Sperare non nuoce, ma non basta. Però questi sviluppi europei ingabbiano un po’ i sovranisti di casa nostra. E forse l’opinione pubblica comincia a capire dove stanno gli amici (ancorché ruvidi con il volto del premier Rutte, per non dire di Macron e Merkel che hanno dato il là al tutto). Voto potenziale Italia: 8. Voto realistico: 6 meno e solo se lo stellone aiuta e se gli italiani votano col cervello. Se no, 4 era e 4 resta.

Opposizione in Italia: le reazioni di marca salviniana sono davvero prive di senso, un sovranismo d’accatto che difficilmente potrà reggere e che mi illudo gli italiani non continuino a sostenere. C’è qualcuno che sa come farsi dare soldi a babbo morto senza renderne conto? O che preferisce a fondi da non restituire (ma con qualche condizione), fare debito proprio insostenibile se lo spread non resta basso (il che solo dalla BCE e dai fondi NGEU dipende)? E per di più per dissiparli in doni pensionistici o altro? Voto zero. Ci porterebbe alla rovina. Del resto: lo Stato non finanzia le regioni con un mucchio di condizionalità?

Quanto a Berlusconi: coerente con la posizione europeista. Ma come fa a continuare a intrupparsi con Meloni e Salvini? Voto 6 meno.

Merkel: beh, la classe non è acqua. Certo: è più agevole guidare la Germania che l’Italia. Ma la grande statista si è vista proprio nel momento più difficile, quando si è trattato di far fare all’UE, pungolata da Macron e da altri, il salto di qualità. Certo lo fa anche per interesse proprio, ma è idiota pensare che sia solo quello, o che sia un interesse gretto da bilancino della spesa. L’Unione europea è una grande cosa per tutti, anche per la Germania. Voto fra 9 e 10.

Rutte: altro grande protagonista, il più vituperato. Ha fatto la parte dell’avvocato del diavolo, si assunto la responsabilità di fare la figura dell’egoista (che all’Aja paga). Però guardiamoci negli occhi: ognuno ha i suoi populisti e i suoi sovranisti, e il passato non deponeva a vantaggio di chi voleva soldi senza condizioni. (Io per esempio le condizionalità le voglio e come: precise, chiare, intelligenti ma rigorose. Conosco i miei polli: e so che ne abbiamo, noi italiani, un gran bisogno.) In ultimo occorre decidersi, perché mettersi in società presuppone da parte di ciascun socio la disponibilità di rendere conto agli altri… E non si fanno i sovranisti a spese altrui: è un ossimoro. Perciò a Rutte, voto 8.

 

L’analisi. Premessa

Intanto una premessa d’obbligo: questa povera UE secondo alcuni colpevole di tutto in quanto onnipotente, è tuttora poca cosa in termini di risorse di cui dispone e che amministra. Nei sette anni dal 2014 al 2020 (i suoi bilanci sono annuali ma su base di sette anni) si è trattato di un modestissimo 1.02% del c.d. reddito nazionale lordo (RNL: non è tecnicamente il PIL, ma non si va troppo lontani) cumulato degli allora 28 paesi (ora 27 senza UK: cioè senza uno dei grandi, già un problema di suo). Per un totale di spesa di 1.084 mld. Si noti bene che il solo debito dell’Italia è più del doppio (e il nostro PIL era 1.800 mld preCovid-19).

 

Cosa si è deciso

Nei prossimi sette anni (2021-2027) la spesa UE (senza UK) sale a circa 1824 mld: per la precisione 1.074 (e rotti) di bilancio ordinario (il c.d. “quadro finanziario pluriennale”, QFP) + 750 del “Next Generation EU” (NGEU) dedicato principalmente (ma non solo) al rilancio post-Covid-19. Quindi un aumento (rispetto al settennio precedente) di circa il 75%. Infatti le risorse UE rispetto al RNL salgono a circa 1.46%. Attenzione, però: i 750 mld extra per combattere gli effetti sull’economia e la società del Covid-19 sono una misura transitoria.

 

Debito comune

Come si capisce anche ad occhio i conti non tornerebbero: e infatti, una gran parte dei soldi in più verranno dall’emissione di titoli EU sui mercati dal 2021 al 2026, da ripagarsi entro il 2058 al massimo, fino al totale di 750 mld extra, quelli appunto per il NGEU.

 

Come si pagano gli interessi sul debito comune?

Al 100% col bilancio UE: in parte coi contributi degli stati membri, in parti con risorse proprie. Alle tradizionali (dogane, quota IVA) sono previste in più: dal 1.1.2021 la tassa sulla plastica non riciclabile; dal 1.1.2023 una tassa sul carbone e quella sul commercio digitale; allo studio, poi, un Emission trading system per ridurre l’inquinamento penalizzando le industrie che ne fanno di più, avvantaggiando quelle che ne fanno poco.

 

Gli sconti

Alcuni c.d. rebates (in pratica sconti sui contributi) sono previsti per i paesi che sono i più forti contributori netti dell’UE (cioè che danno più di quel che prendono): Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Austria e Svezia (in pratica i c.d. frugali più la Germania). Dovrebbero un giorno sparire, ma occorre pazientare ed è inutile fare i fondamentalisti.

 

Spesa shock post Covid-19

Questi 750 mld sono destinati ad essere spesi per il 70% nel 2021 e 2022 e per il resto nel 2023. Sono anche previsti anticipi. Dunque sono risorse che arriveranno presto anche se non subito. Arriveranno sulla base di programmi nazionali di rilancio, che dovranno essere presentati al più presto e che verranno valutati entro due mesi con i finanziamenti decisi entro tre. Ovviamente si aggiungono al resto: acquisto titoli della BCE, fondi BEI, fondi MES.

 

Prestiti vs finanziamenti a fondo perduto

Di questi 750 mld si è sentito parlare fino alla nausea negli ultimi mesi. Alla fine sono 390 che NON vanno restituiti e 360 di prestiti. Avrebbero dovuto essere 450 e 300. La battaglia dei paesi contrari ai fondi da non restituire ha spostato, alla fine, 60 mld. Non mi sembra, francamente, gran cosa. E poi alla fine le risorse spettanti – potenzialmente – all’Italia sono perfino salite (i prestiti soprattutto, i soldi a fondo perduti son più o meno quelli lievemente limati).

 

Chi distribuirà i 750 mld?

Importante la questione di chi gestisce e decide questi fondi. Qui davvero c’è stata battaglia fra sostenitori del metodo “comunitario” e sostenitori del metodo “intergovernativo”: risoltasi con un compromesso (ovviamente) che però privilegia il ruolo della Commissione e il metodo comunitario. I 750 mld del NGEU fanno parte a pieno titolo del bilancio UE, quindi saranno amministrati dalla Commissione. Si tratta per la gran parte (672 mld) di un nuovo “Recovery and Resilience Facility” e in parte (il resto 78 mld) di altri programmi che già sono o saranno nel bilancio UE.

 

Come funzionerà?

I singoli paesi fanno il loro bravo Programma di rilancio nazionale; lo mandano alla Commissione; questa valuta entro due mesi (su che base? Coerenza con le raccomandazioni date a suo tempo al paese richiedente, capacità potenziale di creare sviluppo, capacità potenziale di creare lavoro, capacità potenziale di produrre coesione sociale, coerenza con gli obiettivi verdi, coerenza con l’obiettivo digitalizzazione); dopo di che il Consiglio delibera entro 4 settimane, a maggioranza qualificata (sconfitta la tesi “sovranista” dell’unanimità). Naturalmente i soldi sono dati per tranches (a pezzi) via via in base al raggiungimento degli obiettivi e il passaggio da una fase all’altra. E rivisti periodicamente. [Tutti coloro – e son tanti – da accademici a imprese a PP.AA. che han avuto soldi UE in passato sanno cosa vuol dire: i controlli sono seri, non si accontentano di chiacchiere e ti fanno le pulci. Occorre trottare.]

 

Meccanismo di freno

L’erogazione dei soldi dipende da un parere di un organo consultivo della Commissione il “Comitato economico e finanziario” presieduto dal presidente dell’Eurogruppo: in quella sede “eccezionalmente” (c’è scritto così, testualmente), uno stato può chiedere di richiedere al presidente del Consiglio europeo (attualmente: Michel) che riporti la decisione al Consiglio (in quanto considera il paese richiedente non in linea con gli obiettivi); il primo Consiglio europeo se ne occupa e deve decidere entro tre mesi dalla iniziale richiesta di parere al Comitato. In questo caso le erogazioni sono, temporaneamente, sospese.

 

Vincolo Green

C’è, trasversale: dei 750 mld almeno il 30% dev’essere coerente con gli obiettivi green della lotta al cambiamento climatico. Quindi il rilancio va declinato pro ambiente in larga parte.

 

E lo stato di diritto?

Si legge da tutte le parti che sarebbe stato tradito e che “non se ne parla”. E’ meno di una mezza verità: non se ne parla nelle conclusioni ma se ne parla nella corposa e analitica appendice che ne fa parte integrale. Dove, a pag. 15-16, si legge testualmente: «il Consiglio europeo sottolinea l’importanza della tutela degli interessi finanziari dell’Unione. Il Consiglio europeo sottolinea l’importanza del rispetto dello stato di diritto» (si noti l’identica e paritaria formulazione). E continua: «su queste basi, un regime di condizionalità verrà introdotto per tutelare sia il bilancio sia il NGEU. La Commissione proporrà misure in caso di violazioni che saranno adottate dal Consiglio a maggioranza qualificata».

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1 Commenti

  1. Stella Borghi venerdì 24 Luglio 2020

    GRAZIE per la chiarezza

    Rispondi

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